23 Settembre 2014
Il manifesto

Il governo spagnolo ritira la proposta di legge contro l’aborto

Spagna, stop alla legge medievale sull’aborto

Diritti. Il premier Rajoy perde pezzi. Gallardón, il «grande inquisitore», titolare della Giustizia, è il primo ministro che si dimette volontariamente dal governo. Lascerà la politica

La con­tro­ri­forma della legge sull’aborto del governo Rajoy scom­pare per sem­pre dal pano­rama poli­tico spa­gnolo. E si porta con sé il suo prin­ci­pale spon­sor, il mini­stro della Giu­sti­zia Alberto Ruiz-Gallardón, che si è dimesso ieri in serata.

Si tratta del primo mini­stro del governo Rajoy che a poco più di un anno dalle ele­zioni poli­ti­che lascia il governo in maniera volon­ta­ria (l’altro è stato il capo­li­sta alle euro­pee, l’ex mini­stro dell’Agricoltura Miguel Arias Cañete, che per can­di­darsi ha dovuto abban­do­nare l’incarico per legge e oggi è com­mis­sa­rio in pec­tore della Com­mis­sione Junker).

Poco prima di lasciare il paese alla volta della Cina, ieri in tarda mat­ti­nata il pre­mier Mariano Rajoy aveva annun­ciato pub­bli­ca­mente che il governo riti­rava il pro­getto di legge per rifor­mare la legge sull’aborto varata dal governo socia­li­sta nel 2010 che pre­vede dei ter­mini entro i quali l’aborto è per­messo, esten­si­bili nel caso di malformazioni.

La pro­po­sta popo­lare, coe­ren­te­mente con il ricorso al tri­bu­nale costi­tu­zio­nale pre­sen­tato non appena il governo Zapa­tero aveva appro­vato la legge (e su cui il tri­bu­nale non si è ancora espresso), pre­ve­deva di restrin­gere signi­fi­ca­ti­va­mente la pos­si­bi­lità di aborto, fino a ren­derlo pra­ti­ca­mente impossibile.

Nel suo primo inter­vento pub­blico dopo aver assunto la guida del mini­stero della Giu­sti­zia a gen­naio del 2012, Gal­lar­dón si era impe­gnato pub­bli­ca­mente a can­cel­lare la legge socia­li­sta. Ma l’impresa — un impe­gno elet­to­rale del Par­tito popo­lare appog­giato entu­sia­sti­ca­mente dalla Chiesa cat­to­lica — si è rive­lata molto più com­pli­cata del pre­vi­sto. Il con­si­glio dei mini­stri aveva appro­vato, con fatica, solo a fine 2013 il primo testo. Nel pro­getto, l’aborto era ammesso nel caso di stu­pro (entro le prime 12 set­ti­mane) o in caso di grave rischio per la salute della madre (entro le prime 22), ma non per mal­for­ma­zione del feto. Secondo il pro­getto di legge, la minac­cia per la salute della madre sarebbe stata molto più com­pli­cata da dimo­strare. Inol­tre, al con­tra­rio che nella legge attuale, le minori avreb­bero dovuto otte­nere un per­messo dei geni­tori per poter abor­tire.
Attual­mente in Spa­gna ven­gono effet­tuati circa 120mila aborti l’anno, il 90% dei quali entro le prime 14 set­ti­mane. La legge in vigore pre­vede la «depe­na­liz­za­zione» entro le prime 14 set­ti­mane, esten­di­bili a 22 nel caso di rischi per la salute della donna o del feto.

Il cam­mino di que­sto pro­getto di legge è stato fin dal prin­ci­pio molto acci­den­tato. Di rin­vio in rin­vio, ci erano voluti cin­que con­si­gli dei mini­stri per poterlo appro­vare e dal dicem­bre scorso la legge è rima­sta chiusa in un cas­setto. Gal­lar­dón si era impe­gnato a pre­sen­tarla in par­la­mento prima della fine dell’estate, ma dopo il con­si­glio dei mini­stri di venerdì scorso era chiaro che non ci sarebbe riu­scito. Dome­nica varie cen­ti­naia di per­sone ave­vano mani­fe­stato nella V mar­cia per la vita a Madrid minac­ciando il Par­tido popu­lar di riti­rare il loro voto se aves­sero rinun­ciato alla legge.

Le dimis­sioni di Gal­lar­dón, chie­ste da tutti i par­titi di oppo­si­zione, a que­sto punto sem­bra­vano ine­vi­ta­bili. Il mini­stro, ex pre­si­dente della comu­nità di Madrid ed ex popo­lare sin­daco di Madrid — che al diven­tare mini­stro ha lasciato con un buco di bilan­cio enorme, il mag­giore di tutta la Spa­gna — ha annun­ciato che lascerà anche il suo seg­gio in par­la­mento. L’ex «pro­messa» del par­tito, che quando era sin­daco ammic­cava alla sini­stra, si riti­rerà a vita privata.

Durante il suo man­dato, Gal­lar­dón è riu­scito, fra le altre cose, a far appro­vare una legge che aumenta le tasse giu­di­zia­rie, impe­dendo alle per­sone senza mezzi di poter fare ricorso. Ma la sua con­te­sta­tis­sima riforma del codice penale (che fra l’altro intro­duce l’ergastolo e indu­ri­sce le pene per i mani­fe­stanti) è ancora par­cheg­giata in par­la­mento, così come altre norme di fun­zio­na­mento della giu­sti­zia molto cri­ti­cate anche da avvo­cati e giudici.

Gal­lar­dón ha dichia­rato nella con­fe­renza stampa in cui annun­ciava le sue dimis­sioni che la deci­sione era stata comu­ni­cata a Rajoy la set­ti­mana scorsa, ma che non voleva lasciare il mini­stero prima di aver redatto il (futuro) ricorso con­tro la legge cata­lana per l’indizione delle con­sulte popolari.

Il manifesto,

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