3 Agosto 2014
Il Sole 24 ore

A chi non piace Virginia Woolf?

di Valeria Viganò

 

La National Portrait Gallery dedica alla mostra «Virginia Woolf, Art, life and vision», poche stanze. Uno spazio ristretto, curato da Frances Spalding, tutto per lei. È la storia di una vita intensa e sensibile che si sfoglia tra molte fotografie, scritti autografi, dipinti, dando la sensazione, se mai vi fosse un dubbio, che la figura che ne esce è eccezionale. Chi è appassionato di Virginia Woolf conosce già molti dei materiali esposti ma vederli ricomposti in modo cronologico e coerente delinea un percorso chiaro e vivido tra gli elementi che hanno segnato la sua storia e la sua poetica.
Della scrittrice inglese abbiamo infinite biografie, lettere e diari ma in questa mostra ci pare di ritrovare l’essenza di una donna coerente e vibratile. È la chiave dicotomica che traspare, che interpreta i molti tratti di una bambina travolta dai lutti e dall’austerità, ma fornita di un bagaglio culturale insolito per quell’epoca, grazie alla figura paterna, Leslie Stephen, insigne letterato. I materiali dell’infanzia sono significativi. A casa Stephen si leggeva moltissimo, Virginia poteva incontrare Carlyle e Henry James, e inventarsi un giornalino, «L’Hyde Park Bulletin», indirizzo della casa dove viveva la numerosissima famiglia di fratelli e fratellastri, dove esprimere la sua necessità di raccontare. Una foto bellissima ritrae Virginia ragazzina che, a occhi spalancati e in disparte, osserva padre e madre seduti in poltrona, concentrati nella lettura. Virginia è ritratta mentre gioca a cricket con i fratelli, o composta e mai sorridente, nelle foto di gruppo di famiglia. È ritratta con George Duckworth, il fratellastro che sarà il primo a pubblicarla, ma che, nello scatto, lancia occhiate avide su una Virginia alquanto sparuta, orfana di madre vera, Julia Stephen, e di madre adottiva, Stella Duckworth.
I segni della sofferenza appaiono in tutte le immagini della mostra, in quelle scattate da Man Ray nel 1934 e da Gisèle Freund nel 1939. Vaghi abbozzi di sorriso appaiono solo nelle foto con Lytton Strachey e con Vita Sackville West. Eppure Woolf era ironica e divertente, come quando per comunicare il fidanzamento con Leonard, manda un foglio all’amico Lytton, esposto nella mostra, in cui sopra le firme dei due promessi sposi, scrive solo una risata: «Ha! Ha!».
Lettere agli amici, pagine manoscritte, copertine di romanzi e saggi si alternano alle foto, nonostante Virginia fosse restia e intimidita davanti alla macchina fotografica. Vi sono diversi quadri, per lo più dipinti dalla sorella Vanessa e da Duncan Grant, amante bisessuale di Vanessa, presenze insostituibili per Virginia e personalità disinibite ed eccentriche, come lo era l’intero gruppo di Bloomsbury. Curiosa è la differenza tra due dipinti che ritraggono la scrittrice nella medesima posizione, eseguiti uno da Vanessa e l’altro dall’amico Roger Fry. Il primo, più veritiero, coglie Virginia in un’espressione intensa ma altrove, mentre il secondo la dipinge più carnale e vitale.
Vi sono i manoscritti di Virginia, vergati con una calligrafia aguzza e senza fronzoli, righe tirate a cancellare piuttosto che aggiunte ulteriori al testo, la sottrazione, d’altra parte, era per lei un fondamento esistenziale. Si sottrae al sesso e ai figli attraverso la malattia, eppure, percorrendo la mostra, si sentono scorrere sentimenti profondi, riflessioni e progetti portati avanti con coerenza lucida e appassionata.
L’avventura della Hogarth Press, testimoniata da foglietti di resoconti e costi, il bisogno di ritrovare, nelle numerose case di campagna in mezzo alla natura e ai giardini, la perduta dimora estiva degli Stephen, Talland House. L’idea, espressa in tanti saggi, che le donne dovessero avere pari diritti. E i legami: se non la passione travolgente, certamente forme d’amore perduranti, fondate sulla stima, la vicinanza e la sintonia intellettuale. Sono presenti tutti in questa mostra, Vanessa e i suoi figli, Grant, Fry, Strachey, Leonard. E Vita Sackville West. Significative le foto che ritraggono Virginia in compagnia di Vita e dei figli Ben e Nigel Nicholson sotto la volta della torre di Sissinghrst, il castello di proprietà di Vita, e le celebri immagini delle due amiche e dei loro cani, sedute una accanto all’altra. Anche T.S. Eliot, di cui la Hogarth Press aveva pubblicato The waste land, compare accanto a Virginia, senza troppa intimità né con lei né con la triste moglie Vivienne.
Corrono gli anni del Novecento, e Virginia Woolf è lì, al centro di una rivoluzione culturale, modernismo, post-espressionismo, correnti di pensiero artistico dalle quali è attraversata, di cui, alla lunga, diventa protagonista. Lei che ama e prova invidia per Katherine Mansfield e non sopporta l’Ulisse di Joyce, inventa un romanzo straordinario, per scrittura e struttura, Le Onde, dove si spinge, con impavido coraggio e consapevolezza, nel territorio del conscio e dell’inconscio. Conosce Freud a Londra e lo pubblica, in cambio lui le offre un narciso.
La mostra svela anche la china discendente di Virginia. La tragica foto della sua casa in Tavistock Square sventrata dalle bombe tedesche è il segno di un crollo psicologico terribile e irreversibile. Virginia recupera disperatamente tra le macerie i suoi scritti, si rifugia a Monk’s house, nell’amata casa di campagna dove vivrà fino alla fine. C’è un reperto, tra i vari oggetti della mostra, che colpisce al cuore. È un semplice bastone da passeggio, quello che Virginia Woolf adoperava nelle sue instancabili camminate nel Sussex, ritrovato da Leonard sulla riva del fiume Ouse, l’unica traccia della presenza di Virginia. Il corpo della scrittrice era già stato inghiottito nelle acque vorticose. A casa lei ha lasciato tre lettere, una delle quali alla sorella Vanessa, che si può leggere come sigillo alla fine del viaggio nella sua arte, vita e visione: «I have fought against it, but i can’t any longer. Virginia», è l’epitaffio con cui si conclude la sua vita, e si chiudono per noi le sue stanze alla National Portrait Gallery.

La mostra «Virginia Woolf. Art, life and vision» è in corso fino al 26 ottobre alla National Portrait Gallery, St Martin’s Place, dalle 10 alle 18 (giovedì e venerdì fino alle 21) www.npg.org.uk
con-vivere festival
«Africa: il cuore del pianeta» è il titolo della IX edizione del festival Con-vivere, che si terrà a Carrara dal 5 al 7 settembre. La manifestazione della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara avrà ospiti quali Igiaba Scego, Francesco Cavalli Sforza, Efrem Tresoldi, Daniela Colombo, Walter Veltroni, Giobbe Covatta, Angelique Kidjo per parlare di un continente troppo spesso considerato «una realtà subalterna, condannata all’arretratezza e incline a conflitti endemici», come sottolinea il direttore scientifico del festival, Remo Bodei e che, in realtà, è un mosaico dinamico e «un continente per nulla “privo di storia”, dalla straordinaria vitalità e dal fascino di culture e tradizioni millenarie». Conferenze, spettacoli, cinema, mostre e laboratori per bambini sono ad ingresso gratuito. Programma integrale con gli oltre 70 eventi su www.con-vivere.it

 

Il Sole 24 Ore, 3 agosto 201

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