di Clara Jourdan
Ho letto con interesse il resoconto di Nadia Lucchesi del convegno di Mestre del 20 giugno scorso Un passo avanti, d’autorità (www.libreriadelledonne.it, 2 luglio 2015). Convegno ricco di riflessioni sul tema della sovranità e dell’autorità; però, se il resoconto è fedele come credo, con una partecipazione limitata all’area geografica nord-orientale e con importanti assenze anche da quell’area. Un fatto che colpisce, perché voleva essere un convegno nazionale e una seconda tappa rispetto al convegno di Roma del 29-30 marzo 2014 Invito al passo avanti, d’autorità, che aveva visto significativi contributi da ogni parte d’Italia (gli atti in Autorità femminile nell’agire politico e nell’amministrare, numero speciale di “Autogestione Politica prima”, 2014). Non si tratta di un fatto principalmente geografico, per quanto la geografia conti: ci sono donne che per amore della politica spendono molto in viaggi, specialmente dal sud, ed è comprensibile che a volte debbano rinunciare, ma perché queste donne hanno rinunciato proprio a questo convegno? Dirò perché non ci sono andata io, che pure non abito tanto lontano. Non ci sono andata perché la lettera di convocazione (http://www.libreriadelledonne.it/un-passo-avanti-dautorita-2/) mi ha messa a disagio. Mi ha messa a disagio per il titolo, per il testo, per le firme, ma ho cercato di passarci sopra. Io sono una di quelle che evitano i conflitti, nemmeno li voglio vedere. Infatti, parlando con alcune amiche di Città vicine – che insieme alla Mag di Verona e all’associazione “Autorità femminile nella politica” erano tra le promotrici del precedente convegno di Roma – ho cercato di smorzare le loro critiche alla lettera di convocazione e ho incoraggiato chi poteva ad andare a Mestre. Forse dunque non ci sono andata perché non me la sentivo di affrontare una situazione difficile.
Se fossi andata, dopo essermi chiarita dentro, avrei cercato di dire questo: l’incontro è stato promosso da una ristretta cerchia di donne, donne che conosco (quasi tutte) e che stimo, ma il titolo di questo convegno è quasi identico a quello di Roma dell’anno scorso, dunque stiamo proseguendo un percorso che ha coinvolto un ampio giro di relazioni e riferimenti (come si può leggere negli atti menzionati); il legame con quel convegno non può essere solo nominato come un “precedente”, deve essere esplicito e presente nei fatti, mantenere il suo alto livello di coinvolgimenti e, se ci sono stati contrasti con alcune sue promotrici, bisogna superarli perché siamo in un’impresa grande. Anche il libro Sovrane di Annarosa Buttarelli (la cui pubblicazione nel 2013 è presentata nella lettera di convocazione come l’inizio del percorso che ha portato a questo convegno), libro senz’altro buono, si inserisce in un percorso di relazioni, pratiche, riflessioni già iniziato e sviluppato pubblicamente da molti anni in tanti incontri, penso in particolare a quelli promossi dalle Città vicine, dalla Mag, da Identità e differenza. Allora, per poter «rendere concreta e operante una rete nazionale di legami politici in cui far convogliare e interagire le invenzioni, le pratiche, la sapienza femminile di governo» (cito dalla lettera di convocazione) il libro può dare un contributo molto più efficace se non si pone come unico riferimento. Riconoscersi in un percorso dà forza: allarga l’orizzonte e approfondisce la capacità di mediazione. Gemma Beretta era presente al convegno e ha saputo dire una cosa importante che condivido: «Un passo avanti è già stato fatto», ha detto, «perché oggi l’autorità femminile è riconosciuta da tante e tanti».
In un percorso pieno di ostacoli maschili come quello dell’autorità femminile al governo, il problema che vedo io viene da noi stesse perché tendiamo – forse inconsapevolmente? – a dare più importanza a quello che facciamo personalmente, che ciascuna di noi fa, rispetto a quello che fanno o hanno fatto altre: questo è umano, ma impoverisce la qualità delle relazioni e la loro efficacia, cioè il nostro agire politico. L’autorità femminile si crea e si cancella sempre nelle relazioni.
Nadia Lucchesi ha scelto di raccontare gli aspetti più positivi, ed è bene, ma quelli negativi non sono spariti, ci restano dentro, rischiano di fare danno. C’è da fare il lavoro di sciogliere i nodi e io sto cominciando a farlo, a partire da me e con il desiderio di restare in questa impresa.
(www.libreriadelledonne.it, 12 luglio 2015)