19 Aprile 2021
Corriere della Sera

Addio cara Giovanna, compagna di desk, innamorata della vita e dei diritti delle donne

di Maria Luisa Villa

Ci ha lasciato Giovanna Pezzuoli, per molti anni interlocutrice attiva e attenta della Libreria delle donne di Milano e presenza preziosa nel panorama mediatico italiano per dar voce alla politica delle donne. È morta la mattina di domenica 18 aprile 2021. Qui pubblichiamo il ricordo che fa di lei Maria Luisa Villa.

La redazione del sito



Giovanna era una persona sincera. Dici poco. Si può essere eccessivamente sinceri? Sul lavoro, a volte sì. Mediare non era il suo forte, lo diceva apertamente, per questo non ringrazierò mai abbastanza di avere avuto la fortuna di lavorare con lei. Sempre disposta a sostenere la sua visione delle cose lei, più incline a rinunciare a qualcosa per far quadrare tutto io. Eravamo un buon mix. Discutevamo e ridevamo, perché con Giovanna ci si divertiva molto.

Quando è arrivata al Corriere, anni Duemila, ho ritrovato subito la ragazza che avevo conosciuto al Giorno, dove ci eravamo incrociate per poco, e poi perse di vista per tanto tempo. In via Solferino abbiamo condiviso per alcuni anni il desk delle pagine di cronaca del Tempo libero e spettacoli, fino alla pensione. Di quel periodo ho dei ricordi nitidi, sono stati anni pieni di cose, di incontri, di novità. Tutt’e due facevamo un lavoro nuovo e ci occupavamo di temi che ci interessavano. La cultura e il sociale, i locali e i personaggi della città. Se un titolo in pagina non le piaceva non usava mezzi termini, nemmeno se l’aveva fatto lei. Le mezze misure non erano contemplate. Ma questo era il suo grande pregio. Ironia e autoironia. Giovanna era un ciclone.

La sua esuberanza era contagiosa, perfino faticoso starle dietro, la sua intelligenza dilagava. Perché era curiosa, e se una cosa le piaceva, afferrarla era il suo obiettivo, fosse un’intervista, una prima a teatro o una cena con le amiche. Una volta chiuse le pagine, le restava sempre l’energia per fare qualcosa. Giovanna era colta. E informata.

Il cinema per esempio non era per lei un interesse, ma una passione. Il suo piano ferie ogni anno prevedeva la mostra di Venezia a settembre, lo sapevo e ci alternavamo così. E quante volte la sera dopo il lavoro schizzava letteralmente al cinema: «Cosa dici vado? Ma sì…». Se il giorno dopo le chiedevi del film, aveva un’opinione precisa. Senza remore. Anche di un titolo osannato da tutti poteva dirti: «fa un po’ dormire». E se ti raccontava una storia intensa, fosse un film sui diritti umani o un amore infelice, si commuoveva. Era così, diretta, battagliera e dolce.

C’era anche la Giovanna che amava il mare e i tacchi alti, i vestiti e i viaggi. Le pause in mensa in cui non si parlava di lavoro o di politica erano preziose, per me e per lei. Anche quando era in ansia per la sua salute, non si sottraeva a quattro chiacchiere frivole, penso che le facesse piacere.

Poi c’era la Giovanna femminista di lungo corso, che con le compagne di tante lotte intratteneva un rapporto attivo, critico anche, sempre affettuoso. Aveva una visione lucida del passato, ma voleva andare avanti. Anche di questo ogni tanto discutevamo, spesso non eravamo d’accordo, ma alla fine non so come, anche sugli argomenti più spinosi, trovavamo la quadra. Come per le scelte sulle pagine. Perché sotto tutta questa diversità, tra noi c’era grande lealtà. Negli ultimi anni ha ideato il progetto 100esperte con l’associazione Giulia e l’Osservatorio di Pavia, una banca dati di donne eccellenti da intervistare e interpellare, ad uso di giornali, festival e convegni. Anche qui Giovanna aveva messo tutto il suo entusiasmo. Come nel progetto Enwe, una rete europea per l’eccellenza femminile. Ha lavorato fino a poche settimane fa all’ultimo database: quello di storiche e filosofe. Mi viene in mente ora quando nel 2015, abbiamo guidato un incontro a CasaCorriere all’Expo. Il tema era perfetto: «Avvocata o avvocato?». Intervistavamo due professioniste della legge di parere opposto, il pubblico si era diviso in una discussione accesissima. Alla fine, un po’ sfinite, avevamo bevuto una cosa insieme. «Anche questa volta ci siamo divertite», mi aveva detto. Era vero. Del resto Giovanna mai avrebbe potuto dire una cosa per lasciarne intendere un’altra. Dici poco.


(Corriere della Sera, 19 aprile 2021)

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