27 Aprile 2014
La Nuova Sardegna

«Amore come assoluto La forza delle donne che percorre i secoli»

di Giulia Clarkson

Dalla mistica medievale alla politica del tempo attuale. I secoli hanno scavato in profondità, ma di più ha fatto l’arroganza egemonica del potere maschile lavorando per appiattire le differenze o per congelare posizioni di subordinazione. Riportare al mondo narrazioni dimenticate, offuscate o distrutte è diventato, negli ultimi decenni, un progetto di libertà di gran parte del femminismo, in Italia e nel mondo. A tale ambito si rifà la rassegna “Fioriture. Soggettività impreviste”, organizzata a Sassari da Collettiva-femminista che ha dunque ricercato l’incontro con chi, più di altri, a un simile intendimento ha orientato il proprio lavoro.

Fine filosofa, femminista della differenza ed autrice prolifica, Luisa Muraro torna in Sardegna (a Sassari martedì 29 aprile, alle ore 17.30 nella Biblioteca Comunale di piazza Tola, con Monica Farnetti e Alessandra Pigliaru, e a Cagliari il 30 aprile al Ghetto di via Santa Croce 18, con Maria Giovanna Piano) per presentare il nuovo libro, “Le amiche di Dio. Margherita e le altre” (Orthotes Editrice, 2014), insieme con la curatrice Clara Jourdan, a cui la accomuna, tra l’altro, il lavoro attorno alla rivista femminista “Via Dogana”, della Libreria delle donne di Milano.

Indagare oggi il misticismo medievale non le sembra “fuori dal tempo”?

«“Le amiche di Dio”, ampliamento di una versione pubblicata nel 2001, ha lo scopo di immettere la vicenda della ricerca mistica femminile nella cultura contemporanea, mostrando alcuni punti di coincidenza con la politica delle donne».

Ovvero?

«Le donne non rinunciano a che ci sia amore nelle loro vite. Può sembrare un cosa banale, svilita, ma è proprio così: la non rinuncia all’amore, a questo porta la differenza femminile. Dal Medioevo sino ai nostri giorni c’è un filo sottile, ma vero e tenace, che lega questo sentire diffuso femminile – che appartiene anche agli uomini migliori – che è amore e ricerca dell’assoluto divino».

Ma chi sono le “amiche di Dio”?

«Parliamo ad esempio di donne come Margherita Porete, che ha scritto “Lo specchio delle anime semplici” in volgare francese e di cui racconta anche la studiosa spagnola Blanca Garì nel breve saggio in appendice al volume. Donne che non solo approfondivano e spiegavano la Bibbia in pieno Medioevo, ma che possedevano anche una notevole personalità e una vasta cultura, acquisita all’interno dei loro movimenti religiosi. Non avevano accesso agli studi come gli uomini, ma avevano le loro comunità. Si pensi al grande movimento di ricerca teologica delle beghine, diffuso in tutta Europa».

Cosa aggiunge il pensiero delle mistiche medievali?

«I mistici, uomini e donne, sentivano quella maschile come una condizione di minorità nell’esperienza di Dio; gli stessi uomini desideravano essere donna per avere un rapporto di più grande prossimità con Dio, ovvero desideravano liberarsi da arroganza e antropocentrismo per attingere la centralità e l’assoluto di Dio. Sentirsi decentrati, uscire dal centro del mondo, perdere la presunta pienezza di umanità è fondamentale per mettersi in rapporto con l’assoluto».

È il sentimento di mancanza di cui parla Margherita Porete?

«Sì. Lo stesso di cui parla anche Jacques Lacan quando dice di provare, come le grandi mistiche, una mancanza senza compensazioni falliche, ovvero senza le compensazioni che gli uomini investono nel potere. La tradizione mistica è stata sepolta, cancellata dalla modernità europea. Oggi, grazie al femminismo, è tempo di ritrovare quella grandezza».

Ritiene che ci sia un bisogno diffuso di spiritualità, oggi?

«Diffido di tutto quello che è new age e della spiritualità mercificata di cui Dan Brown è esempio con il suo romanzo “Inferno”, al top delle vendite. Molto spesso il bisogno di spiritualità si accontenta di merce scadente. Non bisogna pretendere di avere dietro le masse. Ciò che bisogna fare è far sentire a una minoranza non esigua che esiste una storia, un modo di vedere, un sentire non mercificati».

In che relazione vede la religione e la ricerca mistica?

«Il cristianesimo è diventato anche una religione, ma la sua qualità dipende dalla ricerca di Dio. Una religione che non ha una mistica è destinata al tramonto. I mistici sono liberi battitori, spiriti liberi: mettono alle corde i preti, che sono burocrati di Dio. I momenti di conflitto ci sono, ma non in senso assoluto. Margherita Porete, che è stata mandata al rogo dall’Inquisizione, nasce nel movimento del libero spirito. Nel Medioevo, fino al XIII secolo, ci sono donne che si affacciano alla scrittura, elaborano un loro pensiero e interpretazioni della Chiesa e della teologia. È un evento importantissimo, che rompe con l’organizzazione maschile della Chiesa e della cultura che poi sfocerà nell’organizzazione dello Stato».

Oggi nel movimento delle donne troviamo ancora questa capacità di rottura?

«Nelle sue forme più alte sì,sebbene in termini diversi. Le donne ci sono e non sono complementari nel portare il loro contributo di civiltà. Da questo punto di vista un’altra figura molto interessante è quella di Guglielma. A Milano era venerata come incarnazione femminile dello Spirito Santo. Anche i monaci di Chiaravalle credevano in lei, ed erano bene attrezzati dal punto di vista teologico. La sua congregazione è stata eliminata fisicamente e culturalmente dall’Inquisizione. Ciò che ne sappiamo deriva dagli atti del processo. Guglielma è stata condannata post mortem come eretica ed è stata fatta oggetto di una predicazione diffamatoria. Di sicuro era una pensatrice libera, una cristiana di grande audacia. Colpisce la critica che fece del significato magico attribuito ai sacramenti. Diceva che ciò che conta è l’interiorità personale. Come nell’insegnamento di Margherita: Dio alloggia nella profondità dell’anima».

(La Nuova Sardegna, 27 Aprile 2014)

Print Friendly, PDF & Email