22 Settembre 2015
#VD3

Angela Merkel e la Germania, emigranti e rifugiati

(a cura di Luisa Mur.)

 

La vigilia del terzo incontro di VD 3, riceviamo una e-mail da Wanda Tommasi (Diotima), che dice nella prima parte:

 

Carissime amiche di via Dogana,

vi scrivo questa mail perché non potrò essere presente all’incontro di domenica 13 settembre.

Al tempo stesso, sento il bisogno di segnalare un tema che mi sta a cuore e che è di scottante attualità: la presa di posizione di Angela Merkel sulla questione dei rifugiati. Per me questa presa di posizione ha finalmente conferito alla Merkel – una donna – la statura di leader europea che fino a quel momento non aveva, almeno ai miei occhi. E ha permesso di dare voce a un sentimento inespresso che giaceva in fondo al cuore della gente – sono proprio questi sentimenti inespressi quelli a cui la politica deve dare voce, scrive Simone Weil ne La prima radice: solidarietà? empatia? compassione? Il nome non è tanto importante, ma è importante che per la prima volta da anni circoli qualcosa di ben diverso dalla paura-avversione-odio per chi viene da altre parti del mondo, più povere e più sfortunate.

 

Non era tra gli argomenti proposti da Luisa Mur. e Laura Gio., ma l’idea inviata da Wanda Tommasi è diventato un tema molto discusso durante l’incontro del 13 settembre.

Dopo il primissimo intervento, poi ripreso da altre (“come immagine per la copertina io porto l’abbraccio delle tenniste italiane”), una dice:

– Sono d’accordo con Wanda.

Dopo di che, è tutto un inseguirsi di posizioni e argomenti, che riassumo seguendo gli appunti e sacrificando le sfumature (che sarebbero così importanti!).

– Io no, perché Angela Merkel (AM) ha fatto una scelta: i siriani, più acculturati, sì; gli africani invece no. – È un’abile mediatrice, una politica intelligente. – In realtà, è l’opinione pubblica tedesca che è cambiata, ci sono associazioni impegnate a favorire l’accoglienza, con manifestazioni molto partecipate. AM è andata dietro, contagiata.

– No, lei ha autorizzato il cambiamento.

Su quest’ultimo punto (il cambiamento è frutto di lei? o della mobilitazione pubblica?) ci sono contrasti: parlare per contrapposizione in effetti è più facile, la consapevolezza che i cambiamenti storici siano il risultato di più fattori interagenti, resta un po’ sullo sfondo.

– Ricordiamo che i Siriani sono dei rifugiati e hanno diritto all’asilo; in Germania hanno tolto il tappo burocratico e ora gli verrà riconosciuto in tempi brevi.

– AM è più che un’abile politica, è una statista che asseconda la svolta che sta vivendo ora l’Europa, prossima a farsi popolo.

– Lasciando da parte AM, ricordiamo che in passato l’Europa ha sfruttato i popoli extraeuropei, ora è venuto il tempo di aiutare; ma anch’io penso, come L., che calcando la mano sull’accoglienza incondizionata si corre il rischio di un’involuzione fascista dell’Europa.

– Mio figlio vive a Berlino, è una città civilissima con molta presenza di Turchi; quanto alla cancelliera, l’AM. che a me piace è quella che ho visto al mercato a fare la spesa.

– In lei io vedo una femminista, non c’è dubbio. Che abbia scelto fra gli immigrati secondo le sue convenienze, questo è spregevole.

Verso la fine, un intervento parlerà esplicitamente in favore di accostamenti come quello fatto in quest’ultimo intervento: saper tenere insieme cose contrastanti. Qualcuna però protesta per questo gran parlare di AM, comincia a trovarlo noioso. Riporterò ancora due interventi e confido in chi legge per integrare personalmente e approfondire.

– A proposito di autorità, ecco che noi ce la diamo nell’atto di valutare la cancelliera tedesca con criteri e parole nostre.

– Non guardiamoli come puri bisognosi, i migranti ci danno forza. E di noi non diciamo che non abbiamo scelta, è un pensiero deprimente.

Per finire, riporto il seguito della lettera di Wanda Tommasi.

 

Con Diana Sartori, in un viaggio durante le vacanze di Natale 2010-2011, ho visitato la Siria per l’ultima volta prima che diventasse impossibile andarci.

Ho passato la notte di Capodanno nel convento di Mar Mousa, sui monti della Siria, in un convento cristiano antichissimo ristrutturato poveramente da padre Dall’Oglio.

Non dimenticherò mai quel capodanno, con la meditazione in chiesa e la messa prima della cena in comune, seduti per terra come nelle moschee.

Con padre dall’Oglio, dopo il mio ritorno, ci siamo anche scambiati delle mail, non capendoci molto fra noi in verità, perché lui chiedeva la posizione di Diotima sulla situazione internazionale, in particolare sulla Siria, e io non sapevo cosa rispondere (oltretutto Diotima non esiste, è un nome comune di relazioni). Poi più nulla. Padre Dall’Oglio, sicuramente un uomo di pace, è morto nella carneficina della Siria, una paese letteralmente crocifisso prima dal dittatore Assad e ora anche dall’Isis.

Non so se questo tema possa interessare alla vostra discussione, ma volevo offrirvi questa piccola riflessione.

 

 

(Via Dogana 3, 22 settembre 2015)

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