di Vinzia Fiorino
ADDII. Se n’è andata Anna Rossi-Doria, storica e femminista che è stata protagonista della scena pubblica italiana
C’è una foto sui social network che la ritrae allegra e informale in un corteo femminista a Roma negli anni Settanta; le sono accanto Alessandra Bocchetti, Rossana Rossanda e Maria Luisa Boccia. Sullo sfondo, mosso dal vento, uno striscione ci lascia intravedere le parole «coscienza femminista». Sarà quella una stagione cruciale nella vita di Anna Rossi-Doria, che più tardi, studiosa anche di Hannah Arendt, non esiterà a definire un periodo di «felicità pubblica». Di quella stagione amava ricordare in modo particolare il suo impegno nei corsi per e con le lavoratrici e i lavoratori – le celebri «150 ore» – e gli insegnamenti da lei tenuti al centro Culturale Virginia Woolf – Università delle donne, fondato a Roma nel 1979.
Nel tempo Anna Rossi-Doria consolida l’interesse e l’impegno nella ricerca scientifica: farà parte infatti delle redazioni di due importanti riviste di storia contemporanea- «Movimento operaio e socialista» e «Passato e Presente» – sarà poi attiva presso l’Istituto nazionale e romano di storia della Resistenza, quindi docente di storia delle donne e di storia contemporanea nelle Università della Calabria, di Bologna e infine di Roma Tor Vergata.
La transizione dall’impegno femminista alla ricerca scientifica nel campo della storia delle donne è certamente il capitolo principale e più interessante della sua biografia intellettuale. Come spesso è accaduto a chi per primo si è addentrato in ambiti storiografici inesplorati, la curiosità di restituire figure del passato altrimenti destinate all’oblio ha rappresentato anche per lei una spinta molto forte. Le donne dei movimenti suffragisti – le suffragiste e non già le suffragette, come amava ribadire perché questo secondo termine restituiva il dileggio misogino di chi si era opposto al riconoscimento del diritto di voto alle donne – sarà il suo ambito di ricerca privilegiato. Sensibile ai temi della coscienza e dell’autonomia soggettiva, indagherà sui nessi tra rivendicazione del diritto alla rappresentanza politica e appropriazione di una nuova rappresentazione del sé, così come tra rivendicazione di un diritto universale (un universalismo a cui mai rinuncerà come orizzonte politico) e rivendicazione di una specificità di genere; prospettiva che le ha consentito di tematizzare i tanti significati che le donne hanno immesso nella costruzione della cittadinanza e della democrazia.
Negli anni ottanta, quando è forte il nesso tra femminismo e storia delle donne, Anna Rossi-Doria, oltre a far parte del Comitato di Redazione della rivista «Memoria» – prima e originalissima rivista di storia delle donne – e ad essere socia fondatrice della Società italiana delle Storiche, animerà a Modena un importante convegno (gli atti saranno pubblicati con il titolo La ricerca delle donne. Studi femministi in Italia da Rosenberg & Sellier nel 1987): vi prenderanno parte storiche, antropologhe e filosofe, ma anche psicoanaliste ed epistemologhe: la soggettività femminile è il tema centrale, lì però capace persino di rimettere in discussione l’oggettività delle scienze dure e di far intravedere una rottura epistemologica nella pratica storiografica.
Rossi-Doria, però, più incline alla letteratura che alla filosofia, non ha avuto un interesse particolare per le riflessioni teoriche; quando il dibattito internazionale sulla Gender History diviene sempre più sofisticato, teme che si sia smarrita l’antica adesione alle esperienze e alle scelte compiute dalle donne. Il suo è stato però un approccio concettualizzante: indagare sulla storia politica delle donne per lei ha significato interrogarsi su importanti nodi teorici riguardanti i sistemi giuridici, i discorsi scientifici (che hanno nella storia legittimato l’esclusione delle donne dai diritti politici), e da ultimo la possibilità di conciliare l’universalismo dei diritti umani con altre tradizioni culturali e con le specificità di genere. Questa resta la sua cifra, ben riconoscibile nella sua ultima fatica: Dare forma al silenzio. Scritti di storia politica delle donne (Viella, 2007).
Ci lascia un ultimo messaggio: attraverso il confronto con le riflessioni di Michel De Certeau e di Marc Bloch, in più luoghi ha ribadito il dovere morale di raccontare la storia di cui si è stati protagonisti: da qui alcuni suoi contributi sulla storia del femminismo, per lei ancora tutta da scrivere.
(il manifesto, 16 febbraio 2017)