23 Settembre 2015
il Manifesto

Assolta l’ex sindaca di Libera. Finisce l’incubo di Carolina Girasole

di Silvio Messinetti

Un nuovo «caso Tor­tora», una vicenda kaf­kiana finita, però, nel migliore dei modi. Caro­lina Gira­sole assolta «per non aver com­messo il fatto e per­ché il fatto non sus­si­ste». Assolto anche il marito Franco Pugliese. Con­dan­nati per il reato di tur­ba­tiva d’asta Nicola e Mas­simo Arena, dell’omonima cosca di ‘ndran­gheta, a una pena di tre anni e sei mesi di reclu­sione. Alla let­tura della sen­tenza, al con­tra­rio di quanto avve­nuto sinora, l’ex sin­daca di Isola Capo Riz­zuto non era in aula, ma ha atteso la deci­sione del Tri­bu­nale di Cro­tone nello stu­dio del suo legale, Mar­cello Bom­bar­diere. Al tele­fono esprime tutta la sua feli­cità, con la paca­tezza che le è pro­pria: «È la giu­sta sen­tenza per un pro­cesso che non si doveva pro­prio cele­brare. Fin dall’inizio, abbiamo cer­cato di gri­dare la nostra inno­cenza ma o ci è stato impe­dito da chi ha pre­fe­rito cor­rere die­tro il sen­sa­zio­na­li­smo della noti­zia di un sin­daco anti­ma­fia che scende a patti con la ‘ndran­gheta. Una mac­chi­na­zione costruita per infan­garmi. Io ero impe­gnata tutti i santi giorni con­tro la ‘ndran­gheta, abbiamo costi­tuito coo­pe­ra­tive anti­ma­fia, con­fi­scato beni asse­gnan­doli a sog­getti meri­te­voli, in con­si­glio lot­ta­vamo fieri con­tro il potere cri­mi­nale. E, d’improvviso, mi sono tro­vata eti­chet­tata come col­lusa, come colei che andava a cer­care i voti delle ‘ndrine. Ma le carte par­la­vano chiaro e i magi­strati giu­di­canti hanno fatto giustizia».

Una sto­ria che mette in guar­dia con­tro i rischi del giu­sti­zia­li­smo, della gogna media­tica. Per­ché alla fine l’impianto accu­sa­to­rio della Dda di Catan­zaro su infor­ma­tiva della Gdf di Cro­tone è crol­lato come un castello di sab­bia. Gli inqui­renti con­te­sta­vano all’ex sin­daca, refe­rente di Libera nel cro­to­nese, di essere stata eletta con i voti degli Arena e di averli favo­riti nella rac­colta di un campo di finoc­chi su un ter­reno con­fi­scato. Quel ter­reno ancora oggi è gestito dalla coo­pe­ra­tiva Terre Joniche-Libera terra, gra­zie pro­prio ai prov­ve­di­menti assunti dalla giunta Girasole.

Fini­sce un dramma umano e poli­tico ini­ziato il 3 dicem­bre 2013 quando i finan­zieri bus­sa­rono a casa sua per noti­fi­carle un prov­ve­di­mento di arre­sti domi­ci­liari emesso dal gip distret­tuale Abi­gail Mel­lace. Gira­sole e Pugliese furono rila­sciati dopo 155 giorni per­ché la Pro­cura richiese il giu­di­zio imme­diato. Il dibat­ti­mento ha sve­lato un pastic­cio inve­sti­ga­tivo infar­cito di scambi di per­sona, aggiunte, omis­sioni par­ziali. Un blob di 15 inter­cet­ta­zioni in cui mai si è ascol­tata la voce della sin­daca o del marito ma solo con­ver­sa­zioni tra mafiosi. E in cui mai è risul­tato che gli Arena aves­sero dato un solo voto a Gira­sole. Per la difesa è stata costruita in que­sti anni «una trap­pola per ostruirle la car­riera poli­tica e rovi­narle la vita. Gira­sole — ha detto Bom­bar­diere — si è messa con­tro tutti e con­tro tutto per stare vicina a Libera». L’arrivo di don Ciotti nella signo­ria ‘ndran­ghe­ti­sta degli Arena aveva sca­te­nato un puti­fe­rio in paese. Libera era avver­sata dal gruppo di potere che ruota da oltre un decen­nio intorno alle Mise­ri­cor­die, gestori del Cie/Cara Sant’Anna, e dalle cui file pro­viene l’attuale sin­daco, Gian­luca Bruno di Fi, che ha preso il posto di Gira­sole col­pita dall’odissea giudiziaria.

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