16 Marzo 2022
#VD3

Avatar di carne?

di Marina Terragni


Le ragazze delle Compromesse che abbiamo incontrato in Libreria fanno parte della cosiddetta Generazione Z, generazione cresciuta con il “ciuccio digitale” come dice un ingegnere “pentito” della Silicon Valley nel docufilm The Social Dilemma.

Queste ragazze/i non hanno conosciuto il mondo senza web e social media, droga «che ti fa trovare amici, induce il rilascio di dopamina e crea dipendenza». L’ingegnere segnala un «enorme incremento di ansia e depressione tra gli adolescenti americani» legato alla paura di non piacere e di non incontrare «approvazione sociale a breve».

Queste ragazze e questi ragazzi, dice Shoshana Zuboff (Il Capitalismo della Sorveglianza), sono stati educati negli spazi del capitale privato e si sono rapidamente dotati di avatar assemblati sulla base delle richieste del mercato.

Il design degli avatar per ragazze è standard, nel raggio dello sguardo maschile (male gaze) che richiede attributi stereotipati ed eccessivi, adatti alla frettolosità delle voglie sessuali degli uomini.

Per quelle che vogliono sottrarsi al dominio del male gaze, il tema “bellezza” è diventato perciò rovente. Essere libere diventa sottrarsi alla bellezza.

Ma sui social il diavolo fa le pentole e anche i coperchi. Ed ecco allora l’“inclusività” della body positivity. Lo sguardo approva anche ragazze che non corrispondono ai canoni di bellezza, tratti irregolari, sovrappeso, anche disabili.

Dopo avere a lungo sfruttato – e indotto – l’anoressia, l’immaginario del mondo della moda intuisce lo spirito del tempo e promuove la body positivity per continuare a fare affari. Alessandro Michele, geniale direttore creativo di Gucci, lancia la modella Armine, clamorosamente non bella. Victoria’s Secret, la più celebre casa di lingerie del mondo, si rifà la verginità dopo alcuni brutti casi di molestie interne scegliendo una modella con sindrome di Down (e un gran bel seno).

All’incontro in Libreria, Ilaria delle Compromesse dice «Siamo cresciute negli anni Novanta delle Donne Esposte». Se non ti esponi, più o meno non esisti e vieni tagliata fuori. Loro si sono messe insieme perché non volevano esporsi e non volevano più sentirsi isolate (hashtag #nonseisola). E praticano il separatismo per sottrarsi integralmente al male gaze e ascoltarsi fino in fondo.

Ilaria nota acutamente che anche nel caso della body positivity il messaggio è: «Il tuo corpo è sempre valido, purché sia sessualizzabile» (o instagrammabile, come dice Daniela).

Per farvi un’idea, se siete abbonate a Sky date un’occhiata alla serie Euphoria, adolescenti tra eccessi sessuali, abusi, sostanze, revenge porn, sofferenza, tenerezza, malinconie romantiche, il sogno di avere una storia libera dalla violenza, fatto a quanto pare rarissimo e prezioso.

Mentre noi grandi eravamo distratte e pensavamo al lavoro, alla politica e così via, il territorio “abbandonato” del corpo veniva conquistato dal mercato. Non solo biopoliticamente parlando, anche sul fronte della sessualità e del desiderio.

La giovanissima musicista americana Billie Eilish ha deciso di rompere il silenzio raccontando che la sua vita, non solo la sua vita sessuale, è stata letteralmente devastata dal fatto di aver frequentato siti porno online fin da quando era bambina (in UK stanno legiferando per proibire l’accesso ai minori, nascono servizi psicologici per maschi dispendenti da quella roba, anche per loro è un grosso problema).

Quello che si vede in quei siti sono pratiche sessuali sadomasochistiche, violente e umilianti per le donne. Se nella vita reale non sei disponibile a quella roba – botte, penetrazioni anali, sottomissione –, se quella roba non ti piace e ti sottrai, non sei cool. Se non consenti di farti filmare mentre subisci è come se quel sesso non esistesse. Forse il sesso si fa proprio per filmarlo e “instagrammarlo”, per che cosa se no? Il revenge porn viene dopo. La questione vera è il porn, il sesso e il piacere totalmente pornografizzati.

Al mercato, che con questa roba ci fa grandi profitti, non basta un avatar virtuale. Gli serve anche il tuo avatar di carne. Tutta la questione dell’identità di genere, delle transizioni in tenera età eccetera forse non sarebbe stata nemmeno pensabile senza l’apprendistato dell’avatarizzazione sul web e sui social. Lì ti costruisci “liberamente”, puoi scegliere di essere tutto quello che vuoi. Poi puoi passare altrettanto liberamente a smontare e riassemblare il tuo corpo con ormoni, preferibilmente autoprodotti, e chirurgia: oggi lo fanno soprattutto le ragazze, 8 casi su 10.

Ti costruisci per avere successo, ma come avere successo non lo stabilisci tu, ma i capitalisti della sorveglianza, il cui scopo – spiega Shoshana Zuboff – non è tanto controllare il tuo comportamento, quanto modificarlo.

Le donne più vecchie spesso pensano che la soluzione sia disconnettersi e tornare in presenza: anche la pandemia ci ha messo del suo, virtualizzandoci del tutto.  

Non credo che sia una strada praticabile: spiega Luciano Floridi, tra i massimi esperti viventi di comunicazione, che il nuovo ambiente umano è onlife. Impossibile separare nettamente online e offline. Ogni ente, vivente e anche non vivente, è un inforg, snodo di flussi informativi ai quali partecipa aumentando o riducendo l’entropia, come in un sistema fisico complesso.

Si tratta quindi di ripensare il corpo nella scena onlife, e ripensandolo trovare nuove parole viventi: questo è il difficile compito che tocca alle Compromesse e a tutte le ragazze che non vogliono essere Donne Esposte. Possono farlo soltanto loro, e non più noi. Anche se le parole di alcune fra noi possono essere d’aiuto: che La donna clitoridea e la donna vaginale di Carla Lonzi giri di mano in mano tra le giovani femministe radicali è un segnale preciso.

Ida Dominijanni dice che la discontinuità tra la nostra esperienza del corpo e la loro è molto forte. Vero. Ma poi vedi queste ragazze che vanno in cerca della propria libertà e la prima cosa che incontrano è il corpo e i suoi desideri, e ti dici: il mercato non può tutto, non proprio tutto. Lo dice bene la poeta Wisława Szymborska: l’anima «sparisce, ritorna, si avvicina, si allontana / a se stessa estranea, inafferrabile / mentre il corpo c’è, e c’è, e c’è».


(#VD3 – www.libreriadelledonne.it, 16 marzo 2022)

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