11 Novembre 2016

Aveva uno sguardo impietoso sul mondo

di Luisa Muraro

Si chiamava Ida (vezzeggiativo di Friederike), è morta nel 1971, di lei ho avuto conoscenza in questi giorni e desidero condividerla.

Era nata nella selva boema, chissà come mai, da una giapponese. La quale aveva sposato, per obbedienza, un diplomatico austriaco. Lui, lo sposo, le passò i suoi titoli nobiliari, ma lei, la giapponese, detestava tutto dell’Europa. Dei suoi sette figli amò soltanto, dichiaratamente, i due nati in Giappone.

Ida Görres (dal nome del marito) crebbe nella schiera di quelli che fanno fatica a vivere. Fece appello alla sua intelligenza, come dice lei stessa e trovò aiuto anche nel marito, dicono.

Si riconciliò con la madre, non so a che punto della sua vita, e perciò chiese di essere rivestita e sepolta in un kimono bianco. Le sue origini materne le portava sul volto, dai tratti euroasiatici. Ida considerava eredità asiatica anche la sua invincibile tristezza e “il suo sguardo impietoso sul mondo”, parole sue.

Il capolavoro di Ida Görres, Il volto nascosto del 1943, è dedicato alla figura di Thérèse Martin, liberata per la prima volta dalle sdolcinatezze in cui l’aveva rivestita il cattolicesimo bigotto. E ha contribuito così a far riconoscere, nella piccola santa, la complessa personalità di una maestra. La fatica di vivere messa al servizio della verità.

Tutto questo l’ho appreso dall’ultimo numero di donne chiesa mondo (51, nov. 2016), intitolato “Donne dimenticate”, che contiene diversi altri profili. Tra i quali c’è una figura nota, Maria Carta, la sarda che cantava in logudorese e latino medievale.

Un’impresa riuscita del movimento femminista, di cui ringrazio il cielo (l’altra metà!) è di aver portato la storiografia scientifica a dedicarsi alla storia delle donne con un’attenzione e una spregiudicatezza che fa respirare aria di libertà femminile.

 

(www.libreriadelledonne.it, 11 novembre 2016)

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