16 Marzo 2015
sim345.wordpress.com

Chiamatela col suo nome: è prostituzione

di Spin

 

 

La dignità degli uomini è qualcosa a cui loro tengono molto. La dignità, in base al diritto (maschile), si basa anche e soprattutto, sul concetto di scelta. Un sacco di persone che hanno poca scelta amano proclamare che sono libere di scegliere, perché ne va di mezzo la loro dignità.

La retorica attorno alla prostituzione, sul fatto che sia una fabbrica di stigmi e di vergogna per le prostitute, si basa interamente sul fatto che gli uomini non appaiano cattivi. Gli uomini provano vergogna solo di essere associati o vicini alle prostitute, anziché per aver generato la prostituzione e per la loro continua domanda dei nostri servizi.

Ci usano perché siamo lì, e desiderano sentirsi dignitosi nel farlo. È come se non ci fosse cognizione da parte dell’opinione pubblica che sono gli uomini a metterci lì. Non si ha la percezione di chi ci guadagna veramente dal fatto che noi siamo lì. Non si comprende chi ha creato i presupposti per cui siamo lì.

La retorica adoperata sdoganare la prostituzione come ‘professionalità’, come ‘lavoro sessuale’ con uno status ‘dignitoso’, serve unicamente a evitare agli uomini che ci sfruttano di apparire sfruttatori. La lobby dei magnaccia sa che la principale funzione del termine sex work è di rendere redditizio e di promuovere il commercio del sesso (ossia, il ‘diritto’ degli uomini di comprarci per usarci sessualmente e per guadagnarci su).

Le persone bene intenzionate che usano il termine sex work nella speranza di non sembrare bigotte e di non negarci la ‘libertà di scelta’ contribuiscono a rafforzare i diritti e la dignità dei magnaccia e dei clienti. Nell’interesse della dignità maschile, la dignità è inseparabile dalla parola ‘scelta’. Dal punto di vista maschile, la dignità si misura e passa per la libera scelta. Peccato che alcune di scelta non ne abbiano! Ciò che è sottinteso quando lo chiamiamo sex work è che la donna se lo sia scelto. Non è conveniente?

Per questo motivo (uno dei tanti), non tocca a me né a nessun’altra prostituta dimostrare che il termine sex work è dignitoso, e tanto meno esserne grate o essere d’accordo.

Non siamo noi a commettere atti indegni contro di noi e per questo non abbiamo nulla da dimostrare (o di cui essere grate) quando i media o l’opinione pubblica usano questo termine. In effetti, lo troviamo implicitamente insultante e, peggio ancora, pensiamo serva a coprire chi realmente compie atti indegni.

Noi siamo prostitute. Il termine è sgradevole e viscerale. In parole povere, è sincero. Questo è il motivo per cui papponi e clienti non vogliono usarlo e l’opinione pubblico non vuole sentirlo.
Non siamo tenute ad attribuire dignità a clienti e magnaccia. Né siamo tenute a offrire sollievo o autocompiacimento all’opinione pubblica quando parla di noi.

Se tu che mi leggi sei una persona che non si prostituisce o che adopera il termine sex work, mi piacerebbe che ti chiedessi a chi giova questo eufemismo. Conosciamo l’efficacia dell’uso equivoco delle parole, pensa solo a che servizi hanno reso i “danni collaterali” ai guerrafondai. Se abbiamo un po’ di senso critico, possiamo capire a quale processo stiamo contribuendo quando chiamiamo la prostituzione “lavoro”.

Saluti,
Spin

(28 febbraio 2015)

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