11 Gennaio 2016
Il Quotidiano del Sud

Colonia: arabi non sono sicura, uomini si

di Franca Fortunato


Quanto accaduto a molte donne in Germania sera di San Silvestro, per opera di uomini in gran parte stranieri – secondo la polizia – di origine “araba” o nordafricana”, interessa tutte e tutti noi. I fatti sono ormai noti, grazie alle testimonianze di tante delle donne che hanno denunciato le violenze subite. Nella notte di Capodanno, a Colonia – ma anche in altre città come Francoforte, Amburgo, Dusseldorf, Bielefeld – centinaia di donne sono state aggredite, derubate, molestate sessualmente e alcune stuprate da un migliaio di uomini ubriachi, davanti alle forze dell’ordine dimostratesi impotenti e inadeguate a intervenire e porre fine alle violenze. Se i 31 uomini arrestati in questi giorni sono rappresentativi dei mille violentatori e molestatori – nove di origine algerina, otto del Marocco, cinque iraniani, quattro siriani, due tedeschi, uno iracheno, uno degli Stati Uniti – è del tutto evidente che si è trattato di maschi, che, organizzati in branco, si sono scatenati nella caccia alle donne, per afferrarle, dominarle, terrorizzarle, possederle in quanto preda. Maschi, solo maschi, che incarnano quella cultura della violenza e del dominio, della distruzione e dell’odio da cui molti di loro dicono di voler fuggire. Maschi, solo maschi, non importa la loro nazionalità di origine, la religione che professano, non importa come sono arrivati, se a piedi, nei barconi, in aereo o in treno, non importa se sono richiedenti asilo o uomini stranieri residenti, quello che conta è che sono giovani uomini che – come tanti ogni giorno nella nostra civilissima Europa – si sono sentiti autorizzati a terrorizzare donne considerate a loro disposizione, come alcune di loro hanno raccontato. «Si sentivano onnipotenti e pensavano di poter fare qualsiasi cosa alle donne che stavano festeggiando in strada.» «A un certo punto della notte ci siamo trovate circondate da una ventina di uomini. Ci hanno preso per le braccia cercando di separarci e di strapparci i vestiti. Poi hanno provato a toccarci tra le gambe e in altre parti. Alla fine ci hanno derubate di tutto quello che avevamo nelle nostre tasche.» «Cercavamo aiuto. Siamo corse verso le macchine della polizia e non c’era nessuno. Gli agenti erano carenti e non potevano affrontare la situazione.» È una storia, questa, non nuova purtroppo e che appartiene agli uomini e alla loro cultura, che diventano feroci ovunque, se si uniscono, molti o pochi che siano. Ogni donna almeno una volta ha sperimentato la paura o quantomeno il disagio di trovarsi sola davanti a un gruppo di uomini. Sentimenti che un uomo non ha mai provato davanti a un gruppo di donne. «L’intera piazza – ha raccontato una delle testimoni – era gremita di soli uomini. C’erano poche donne isolate, impaurite, che venivano fissate. Non posso descrivere come mi sono sentita a disagio.» È la “questione maschile” che mostra il suo volto globalizzato di uomini incapaci di rapportarsi alla libertà femminile, che sia nelle piazze delle cosiddette “primavere arabe” dove violenze e stupri hanno accompagnato le manifestazioni, dall’Egitto alla Turchia, dalla Siria all’Iran, o che sia nelle piazze tedesche dove le donne si erano riversate per festeggiare la fine dell’anno. Bene ha fatto la cancelliera tedesca Angela Merkel a condannare l’accaduto e a chiedere che i colpevoli vengano individuati e condannati per i ”ripugnanti” crimini commessi, tenendo separata la questione della violenza sul corpo delle donne da quella delle immigrazioni, dove si rende visibile – a Rosarno come a Colonia, al Cara di Mineo come al Centro di Sant’Anna di Crotone – che quando si parla di violenza e di stupri si parla sempre e solo di uomini e non di donne, anche loro straniere e immigrate. Non si usino le donne per giustificare, ieri le guerre – come in Afghanistan – oggi le violenze di Capodanno, il proprio odio verso gli stranieri e le straniere. A noi donne, ovunque nel mondo, non resta che continuare sulla nostra strada aperta da altre e non rinunciare mai ad arrabbiarci e indignarci di fronte a uomini – stranieri o meno – che non vogliono e non sanno cambiare il loro rapporto con il loro corpo delle donne. A quanti di noi, donne e uomini, abbiamo la consapevolezza di vivere in un’epoca di passaggio, non resta che continuare a lavorare per quel cambio di civiltà delle relazioni tra i sessi affinché gli uomini non temano più la libertà femminile ma capiscano che questa può essere un’occasione anche per loro per liberarsi di quella cultura patriarcale da cui nasce la violenza maschile sul corpo delle donne.

(Il Quotidiano del Sud, 11 gennaio 2016)

Print Friendly, PDF & Email