26 Aprile 2018

25 aprile

di Carla Turola

Riceviamo in ritardo e volentieri pubblichiamo questo scritto sul 25 aprile.

La libertà l’ho imparata da mia mamma e lei dalla sua. Tutte due hanno vissuto sulla loro pelle le conseguenze dell’antifascismo di mio nonno che era anarchico. Io sono nata nel 1948, quando la lotta contro il regime fascista era ormai conclusa e la libertà cominciava a prendere forma nella vita comune. Nonostante la mamma fosse d’accordo con l’antifascismo radicale di suo padre, non avrebbe mai potuto combattere da partigiana. L’idea di prendere le armi le era estranea: avendo lavorato nella falegnameria di famiglia, era brava nelle trattative commerciali e contraria ad ogni forma di guerra. E tuttavia, proprio la guerra le aveva dato l’occasione per capire che un’epoca millenaria di dominio maschile sulle donne era finita per sempre. Essendo gli uomini impegnati a combattere al fronte, morti o deportati, circa 650 donne furono assunte alla fabbrica di orologi Junghans della Giudecca a Venezia, dove venivano prodotti ordigni bellici, mine e spolette per le bombe. Lei era tra quelle operaie e mi raccontò che, dopo l’esperienza del lavoro in fabbrica, nessuna di loro si sarebbe più rassegnata a dipendere economicamente da un uomo o a mettere al mondo, come era successo a mia nonna, dodici figli, molti dei quali morti bambini.

Il 25 aprile la mamma indossò una gonna corta a fiori, una blusetta di picchè e andò in piazza San Marco a vedere sfilare le partigiane: così spavalde, in calzoni, con i fucili a tracolla o le pistole alla cintura, quelle donne non le fecero paura, anzi, provò ammirazione per loro, sentì che l’avevano protetta. Mia nonna, invece, festeggiò la sua liberazione solo alla morte del marito. Quando rimase vedova, iniziò a indossare abiti di colori vivaci, mentre prima si vestiva sempre di nero.

Una cosa rimase oscura nei racconti della mamma: il voto del 2 giugno 1946 che lei diede alla monarchia. Rimproverata dal marito, subito se ne pentì e non ne volle più parlare per vergogna.

Al Referendum avevano partecipato più donne che uomini: 13 milioni di donne, rispetto ai 12 milioni di uomini. La Repubblica vinse, superando però di poco, meno di due milioni, i voti dati alla Monarchia. Io mi sono fatta l’idea che la mamma, come probabilmente molte altre donne, si fece orientare dalla Chiesa, forse dal patriarca a cui, probabilmente, riconosceva più autorità che al marito.

Non credo che la lotta di liberazione ci sarebbe stata senza le tante donne che, come mia mamma e mia nonna, quella libertà la portavano nel cuore e non erano più disponibili a negoziarla. Anche per questo il 25 aprile va considerata una festa delle donne: dentro al processo di democratizzazione e di liberazione le donne rilanciarono la loro lotta millenaria per la libertà tuttora in corso.

(www.libreriadelledonne.it, 26 aprile 2018)

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