13 Gennaio 2020

A proposito di inviolabilità, una lettera di Cristiana Fischer


Care tutte,

ho letto della riunione di mercoledì 14 gennaio sul principio di inviolabilità del corpo femminile, e invio ancora alcune righe per motivare meglio i miei dubbi.

Il termine inviolabilità ha il valore etimologico di forza che vince, da qui il passo a violenza è breve. Nella Costituzione invece l’articolo 2 si riferisce ai diritti inviolabili e anche nel linguaggio corrente inviolabili sono luoghi, memorie, giuramenti, per la loro potenza simbolica.

Invece inviolabilità del corpo femminile riguarda il corpo! Però molti corpi umani patiscono violenza, gli animalisti si battono per l’inviolabilità dei corpi animali, anche le piante sono da rispettare come organismi vitali. Cosa distingue allora l’inviolabilità del corpo femminile rispetto a quella dovuta agli altri corpi viventi?

Le donne in tutto il mondo denunciano e respingono la violenza maschile nei loro confronti. Il principio di inviolabilità del corpo femminile «fa parte di questo riscatto da un ordine sociale e simbolico, il patriarcato, il cui credito è finito, e che sopravvive solo in manifestazioni deteriori», è un principio che «orienta lo sguardo e lo rinnova» così mi ha scritto Luisa Muraro.

Voglio essere chiara: non metto in questione che il termine si riferisca, oggi, alla ribellione delle donne contro la storica violenza maschile, ma segnalo che al termine inviolabile si aggrappano anche altri significati da cui prendere guardia.

Inviolabilità del corpo femminile, se non univocamente legato alle lotte in corso, ci separa dagli altri corpi (tutti ontologicamente violabili perché generati, dagli scambi metabolici, dai mali). Un versante dello stesso isolamento è la immediata sublimazione della generatività materna.

In secondo luogo inviolabile figura anche una donna emancipata, consapevole, attiva… neoliberista.

In un altro senso il termine schiaccerebbe il corpo femminile tra i corpi deboli, da proteggere, tra i corpi bambini, invecchiati, malati.

Il termine è aperto su troppi lati. Solo una forte egemonia femminista ne può vincolare il senso: inviolabile dalla violenza maschile e patriarcale. Qui bisogna immaginare come «introdurre nell’ordinamento di base della convivenza umana [quel] principio nuovo» costituirebbe un atto di egemonia.

Altrimenti, proprio in relazione ai tre significati para-femministi che il termine aggrega, l’affermazione del principio è un atto debole ed equivoco.

Spero che farete lo streaming, così potrò seguirvi, ciao.


Cristiana Fischer


Cara Cristiana,

come avrai visto anche dallo streaming si tratta proprio di questo: di un atto di politica delle donne, un atto di egemonia simbolica.

La redazione


(www.libreriadelledonne.it, 13 gennaio 2020)

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