10 Marzo 2022

Appello al discernimento, La guerra non ha un volto di donna (e capita nemmeno di uomo)

di Laura Minguzzi


La guerra non ha un volto di donna è il titolo di un libro di Svetlana Aleskievič scritto nel 1985 ma da poco tradotto e letto in Italia. Non è un caso, era uscito prima della caduta del muro, durante la guerra fredda. Dopo ci fu la perestrojka, l’entusiasmo di una fine della storia, storia intesa come una serie di guerre e paci, quasi assimilabile a un avvicendarsi naturale di stagioni e la fiducia che la formula di M. Gorbačëv di un’Europa Casa Comune potesse realizzarsi senza ostacoli. Un’aspirazione che risale all’800, quando la cultura russa occidentalista guardava a ovest combattendo la Russia zarista. Anche oggi vediamo un movimento di protesta che spera in un cambiamento senza spargimento di sangue. Dal 24 febbraio è in atto una guerra fratricida. Finito il patriarcato, grazie al discernimento indipendente guadagnato da mezzo secolo di movimento delle donne, vediamo fronteggiarsi la mascolinità armata, il disincarnato potere delle armi. I corpi in lotta che ricordo io sono quelli delle Femen, un movimento di giovani donne ucraine che con arditi e creativi flashmob nelle piazze del proprio paese, in Francia, in Russia, in Polonia ecc. hanno disturbato e ostacolato il trionfalismo della cricca del partito di Putin, in patria e in occidente. Quello stesso occidente che oggi scopre di avere condiviso senza troppi scrupoli con “l’Impero del male” affari e ideologie misogine. I corpi delle Pussy Riot che dieci anni fa furono condannate a due anni di Colonia Penale nella prigione di Perm in Siberia e che vanno oggi in Piazza Pushkin o al Maneggio come allora (ed è notizia recente, Marija Alëchina è stata arrestata) per denunciare l’alleanza di Putin con la Chiesa ortodossa, col patriarca Kirill, che giustifica la guerra – i due poteri uniti contro la libertà femminile e la libertà di pensiero per restaurare un fantascientifico potere imperiale. Non a caso Putin ha intavolato una tragicomica conferenza stampa per l’otto marzo circondandosi di donne di potere che lo sostengono. A lui piacciono le donne che lo confermano nella sua virilità armata. Come Valentina Ivanovna Matvienko, che al Consiglio di Stato, ha approvato la cosiddetta “Operazione speciale” e che irride pubblicamente le minuscole preoccupazioni quotidiane e alle sofferenze delle donne ucraine e russe, della gente comune a fronte e in nome della difesa dei confini e della potenza della patria. Non vede le tragiche condizioni dei milioni di donne e civili che fuggono dall’Ucraina (che pure è il suo paese di origine) e nemmeno le sofferenze del proprio popolo.

Ogni giorno in alcune grandi città russe manifestano giovani e non solo, che riescono a comunicare su siti liberi (Telegram, Medusa, Youtube ecc…) non ancora bloccati dalla censura di Stato. Si danno appuntamento online in alcune piazze a ore stabilite, rischiano arresti, licenziamenti e molti anni di prigione e ci informano sulla situazione reale al di là della propaganda menzognera. Sappiamo che il movimento delle madri russe fa sentire la sua voce di verità come fu durante la guerra in Cecenia e in Afganistan. I soldati russi morti sono più di 5000 nei primi giorni di guerra come si denuncia sul canale youtube di Aleksej Naval’nyj. Purtroppo anche in Ucraina vediamo agire la propaganda di Stato a colpi di immagini seduttive. Su Facebook sono postate già dal 2014 foto di giovani donne, molto truccate e sorridenti che in tuta mimetica abbracciano fucili e inneggiano al presidente, eletto a eroe della patria. Una sorta di simmetrico incitamento/esaltazione maschile del sacrificio di sé, che fa leva sulla bellezza dei corpi femminili e ne fa un uso strumentale. Le foto sono quelle di giovani, morte in campo di battaglia, durante gli otto anni della guerra di cosiddetto basso profilo ai confini orientali del paese, mostrate come modelli da seguire. Per fortuna nonostante ci siano molte giovani donne arruolate nell’esercito nazionale ucraino, non parlano oggi a favore della guerra e le molte ucraine presenti in Italia, che hanno manifestato nelle nostre piazze per la pace, raccontano dei loro sforzi per convincere figli, mariti, parenti, fidanzati a fuggire e ricongiungersi con loro nelle nostre città.


(www.libreriadelledonne.it, 10 marzo 2022)

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