di Luisa Muraro
Sono d’accordo con il messaggio Ai Pride firmato da Francesca Izzo, Aurelio Mancuso e altre/i, tranne che in un punto, dove si dice: “non è stato finora possibile un reale dibattito culturale”. Secondo me, il dibattito sulla procreazione umana è in corso ed è reale, possiamo migliorarlo, certamente, così come intende fare il messaggio stesso, al quale, ripeto, io aderisco.
Nel dibattito che è in corso, il gesto di Cristina Gramolini dell’ArciLesbica, che ha rifiutato la sua adesione al Roma Pride ha un suo preciso valore. La sua è una presa di posizione dotata di autorità. Quando si parla di maternità, c’entra il corpo femminile e la parola delle donne ha una precedenza che gli uomini non possono non riconoscere.
I gay, che sono gli inventori del Pride, hanno lottato e ancora lottano per essere visibili, rispettati e non discriminati. A questo scopo, che trovo sacrosanto, hanno reclamato dei diritti. Il diritto di sposarsi tra uomini sarebbe indispensabile allo scopo? Ho dei dubbi, mi pare una forzatura controproducente. Ma che cosa dire sulla pretesa che hanno queste coppie di diventare feconde usando tecniche mediche che avevano altri scopi, e corpi femminili più o meno consenzienti? Questo non è un diritto. Qui siamo in presenza di una volontà maschile che minaccia diritti di donne e bambini. Questa volontà mi pare una versione postmoderna di quella volontà maschile che ha ispirato tante teorie sbagliate e tante leggi ingiuste.
La pratica di ingaggiare un corpo di donna per surrogare la gestazione, è stata criticata da uomini e donne, fra le donne anche e soprattutto da femministe, fra le femministe anche da lesbiche. Una parte del movimento gay, favorevole invece a questa possibilità e abituato ad essere sostenuto dalle femministe, specialmente se lesbiche, non l’ha presa bene. E ci attacca (tra chi si oppone a quella pratica ci sono anch’io). Alcuni sono arrivati a inserire il loro risentimento nei manifesti per la festa che riunisce le minoranze sessuali, il Pride, mescolando le giuste ragioni di questa festa con l’insofferenza per le critiche fatte da donne partecipi delle loro lotte, come Cristina Gramolini. Il messaggio Ai Pride ci invita a evitare la propaganda e a promuovere un vero confronto. Bene. Io aggiungo l’invito a familiarizzarci con l’idea dell’autorità femminile. Per cominciare.
Chi sono io per giudicare i gay? Sono una donna e come tale appartengo all’umanità chiamata a mettere al mondo donne e uomini, gay e papi compresi.
(www.libreriadelledonne.it, 9 giugno 2017)
Cristina Gramolini sulla decisione di Arci Lesbica di non partecipare al Pride
Alla richiesta di adesione ricevuta dal Roma Pride pubblichiamo la nostra risposta
Buongiorno,
il vostro documento parla di “una indegna alleanza tra le forze reazionarie e alcuni esponenti del mondo politico-culturale che rivendicano per sé anni di impegno sul fronte dell’emancipazione delle donne. È quanto accaduto, in particolare, con le polemiche riguardanti la gestazione per altri, alimentate da persone che se in passato hanno combattuto in difesa della libertà di autodeterminazione delle donne, al contrario oggi pretendono di limitarla, finendo con il tendere pericolosamente la mano a quello stesso patriarcato per anni avversato”.
Indegna e’ l’indifferenza per la messa al lavoro del corpo riproduttivo femminile su scala globale e neocoloniale, la celebrazione della nascita su commissione, il silenzio sulla lesbofobia che dilaga se una lesbica si esprime in contrasto con le aspettative della comunita’. Lesbofobia non sono solo le botte date a una lesbica perché ha una compagna, lesbofobia e’ anche il disprezzo e la degradazione riservatele come risposta alla sua indisponibilita’.
A nome di ArciLesbica Zami Milano non aderisco al Roma Pride e auspico una riflessione sulla deformazione neoliberale e cioe’ mercantile dell’idea di liberta’, se non si vuole che il movimento lgbt diventi pienamente organico al modello di societa’ sessista e classista in cui viviamo.
Cristina Gramolini
Presidente ArciLesbica Milano
30 maggio 2017