26 Gennaio 2021
Duoda

Denunciare la discriminazione delle donne, è maschilista?

di María-Milagros Rivera Garretas


Stamane, a un giornale radio in un orario di grande ascolto, il presentatore e direttore si è lanciato in pista con la sua “notizia” della Triplice Discriminazione delle Donne di Gaza, così, con tono di maiuscole. La prima, naturalmente, era il loro essere donne, la seconda la loro razza e la terza non la so perché, infastidita, ho spento automaticamente la radio. Poteva essere l’età e il suo contrario, la maternità e il suo contrario, la povertà e il suo contrario, la guerra degli uni e degli altri che non ha il contrario, qualsiasi cosa… Nemmeno una parola sugli autori del delitto. È forse la discriminazione delle donne automatica, ambientale, teorica?

Basta con l’economia della miseria femminile. Basta presentare le donne come disgraziate per natura. Perché tutto questo è misogino, è odio verso le donne, che è ciò che significa la parola “misoginia”. Esistono i delitti d’odio? Ci sono delitti senza delinquenti? Non sono uomini gli autori della discriminazione delle donne? Denunciare delitti senza nominare chi li commette finisce per essere, a forza di ripetizione, accusare le vittime. Alle donne, a me, fa male; mi danneggia gravemente che mi presentino così, sui mass media, nelle leggi, nella letteratura, nel cinema, nella scienza, dovunque. Se non è un delitto accusare le vittime coprendo quelli che le rendono vittime, che cos’è un delitto di insabbiamento?

Il discorso della miseria femminile mi paralizza politicamente, spingendomi verso il cammino perverso dell’odio. Mi lesina e mi riduce il piacere di essere donna, uno dei più grandi piaceri della vita. Mi mette di cattivo umore e mi intristisce. E gli uomini, per giunta, neanche capiscono che si tratta di loro, compreso il presentatore della notizia. Sono esperti nel naturalizzare i loro delitti, il che non so se non sarà già un delitto. Quello che so è che i delitti contro il piacere delle donne esistono – l’ho appreso da una giurista, Ana Silva Cuesta – e sono perpetrati da uomini, anche quando, raramente, li commettono donne; per esempio, la clitoridectomia.

Urge una rivoluzione simbolica che sia all’altezza della fine del patriarcato, fine molto rumorosa, messa al Mondo dalle donne e dal femminismo, di un regime millenario di dominio degli uomini sulle donne. Un dominio imposto da loro sul piacere femminile proprio – il piacere clitorideo – e sulla maternità. Urge una rivoluzione simbolica che fermi la voce degli uomini quando, a volte buonisti, altre sorridenti, ci presentano come discriminate, perdenti, miserabili. È la denuncia senza delinquente a essere miserabile. Perché le denunce maschili di discriminazione, tutte le denunce senza accusato, non sono vere denunce ma tentativi di ravvivare le ceneri del patriarcato intristendo o provocando le donne.

Tutte queste voci maschili della miseria femminile, buoniste o no, debilitano l’eccellenza femminile e censurano la cultura dell’eccellenza femminile. Non sono voci innocenti. La cultura dell’eccellenza femminile fa paura a chi non ama le donne. Bisogna sapere e ricordare più e più volte che la donna viene sempre prima, che la madre è sempre prima: che lei è il principio di tutto e la creatrice del Tutto.


(Traduzione dallo spagnolo di Clara Jourdan, www.libreriadelledonne.it, 26 gennaio 2021; per il testo originale vai a: http://www.ub.edu/duoda/web/es/textos/10/276/)

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