30 Marzo 2023

Gestazione per altri e desiderio maschile

di Umberto Varischio


Coloro che ritengono un pretesto (o una “fake news”) affrontare il problema della mancata trascrizione nell’anagrafe italiana di figli di coppie omosessuali a partire dalla pratica della “gestazioni per altri”, si dimenticano che la sentenza della Cassazione che ha innescato il caso riguardava proprio un caso di gpa.

La Corte, infatti, decidendo su questione relativa alla trascrivibilità dell’atto di nascita di un bambino nato in Canada con la gestazione per altri, pratica cui aveva fatto ricorso una coppia maschile di cittadini italiani uniti in matrimonio presso tale Stato estero, ha ritenuto che «la pratica della gestazione per altri […] offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane; ciò esclude la automatica trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero».

La Corte, tenendo conto degli aspetti affettivi del legame che esiste tra il padre naturale del bambino e il partner dello stesso (nello stato straniero il coniuge), riconosce però che il bambino ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, «del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale, e che l’ineludibile esigenza di assicurargli i medesimi diritti degli altri bambini è garantita attraverso l’adozione in casi particolari, che rappresenta lo strumento che consente di dare riconoscimento giuridico, con il conseguimento dello “status” di figlio, al legame di fatto con il partner del genitore genetico che ha condiviso il disegno procreativo e ha concorso nel prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita».

Al di là di ragioni strettamente politiche che si sono innestate nel dibattito e nelle iniziative che hanno seguito la scelta di alcuni sindaci di interrompere, nel loro Comune, la pratica della trascrizione (ragioni a cui accenna Marina Terragni nel suo articolo uscito sul Foglio che è consultabile qui), mi sconcerta verificare che a quasi quindici giorni dall’evento pochissime siano state le riflessioni maschili sul nesso tra desiderio maschile e gestazione per altri.

Vi accenna, nell’ambito di un ragionamento generale sul desiderio di paternità, Sarantis Thanopulos su Il manifesto del 25 marzo, ritenendo che la «gestazione surrogata», escludendo valutazioni di tipo morale o politico e partendo solo dalla prassi, sia una pratica che «implica uno sfruttamento del corpo della donna».

Una pratica che, almeno per me, nella stragrande maggioranza dei casi si riduce a un “servizio” in cui viene richiesto a una donna di “produrre” una merce a pagamento che in questo caso è un essere umano. Una pratica, per restare nell’ambito del rapporto di produzione che qui viene adombrato, in cui la donna in questione perde qualsiasi diritto su colui che ha “prodotto”. La stessa situazione in cui si viene a trovare un’operaia salariata che produce un qualsiasi oggetto e che perde ogni diritto su di esso. Se non fosse che un bambino non è un oggetto.

Si argomenta che porre un limite a questo oggettivo sfruttamento significherebbe porre un ostacolo al desiderio di paternità del genitore (maschio) non naturale. Niente quindi mercificazione e patriarcato, niente alienazione e violenza iscritta nei rapporti di potere e produzione, ma un desiderio sostanzialmente solipsistico, che mette in mora la complessa relazionalità del desiderio di paternità come descritta da Thanopulos.

In quanto uomo mi viene da chiedermi: ma il desiderio di paternità può essere senza limiti e quindi anche prevedere di essere messo in atto attraverso un rapporto puramente mercantile come nella “maternità surrogata”? Non sembra a qualcuno che in questa illimitatezza del desiderio agisca una pratica fortemente patriarcale come quella del controllo della maternità? E poi, il desiderio di paternità, non negando gli aspetti affettivi del legame, per rendersi effettivo deve essere per forza confermato dal diritto attraverso il riconoscimento dell’essere “mio” del bambino? Lascio agli uomini che vivono questo desiderio (che non è il mio) la risposta; per me vale quanto affermato da Terragni: «maschi che vogliono i figli delle donne, niente di così diverso dalla prima pietra su cui si è edificato il patriarcato».


(www.libreriadelledonne.it, 30 marzo 2023)

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