30 Gennaio 2020

I confini sono sempre sbagliati

Una serata appassionante sulle vicende dell’Istria ieri e oggi

di Cristiana Fischer


Care tutte,

voglio aggiungere qualcosa riguardo la serata di sabato 25 in Libreria, l’incontro con Silvia Dai Prà autrice del libro Senza salutare nessuno. Un ritorno in Istria. Per aggiungere due osservazioni. Preciso che sono nata a Trieste e che la famiglia di mia madre era di Trieste, con la sorella, mia nonna e le sue tre sorelle; la bisnonna era di Muggia. Il nonno veniva invece da territori che oggi sono austriaci. A Trieste ho fatto il ginnasio e nella piazza davanti al liceo ancora nel ’59 sostavano i profughi, si continuava a fuggire dalla Jugoslavia. Venivano osservati con una punta di derisione da noi ragazzine, per la loro aria smarrita ma anche un po’ proterva, di persone che si sentivano tradite e non protette dalla nuova Italia. Opinione proclamata ad alta voce dalla suocera della zia (la sorella di mia madre) fuggita anni prima, ma si trattava di una famiglia benestante e si erano inseriti bene a Trieste. Il leggero scherno per “i profughi”, nome collettivo per gli stralunati che sostavano in attesa di destinazione ad altri luoghi e altre case, dipendeva anche dal fatto che molte mie compagne erano ebree, portatrici di storie familiari con ben altre perdite.

Ecco la prima osservazione che voglio fare dalla zona di confine in cui vivevo, la guerra come insensatezza: razze e confini, prima inesistenti e con-fuse, erano state divise e separate. La forza e la crudeltà umana erano lo strumento servito a realizzare quelle immonde separazioni e tagli.

Qualche anno prima vivevo a Jesolo e nel ’56 arrivarono i profughi dall’Ungheria. Accolti benissimo in paese. L’Italia aveva perso, e l’Urss era fra i vincitori. La Jugoslavia chiusa e vicina era come l’Ungheria. Il vissuto comune della popolazione era innestato sul recente passaggio da una larga comunità italiana spesso bilingue (con slavi e tedeschi – vale anche per i greci, gli albanesi e gli arabi ma non in questa ultima guerra) con legami parentali geograficamente estesi, ora ristretta in confini più limitati, chiusi. Ogni atto che mettesse in discussione quella chiusura era sostenuto con favore.


(www.libreriadelledonne.it, 30 gennaio 2020)

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