6 Novembre 2019

I tempi sono cambiati

di Mira Furlani


Sul sito della Libreria Luisa Muraro ha commentato l’incontro di sabato 26 ottobre cui ha partecipato su invito di Iniziativa Femminista per ragionare di politica delle donne nel presente-futuro. A un certo punto essa scrive: «[…] sono convinta, come altre, che bisogna accorciare le distanze tra la politica delle donne e quello che sta capitando nel mondo di donne e uomini, un mondo in pieno cambiamento, femministe comprese. E m’interessa ascoltare quelle che queste distanze non le accettano, l’accordo o il disaccordo verrà dopo.»  

Sono rimasta molto perplessa, soprattutto leggendo la frase bisogna accorciare le distanze. Che cosa vuol dire in pratica, mi sono chiesta? Ho posto la domanda direttamente a Luisa che così ha risposto:

«[…] una bella domanda! Provo a rispondere: in pratica vuol dire far interagire persone, questioni e ambienti distanti e dare parola a quello che succede in queste interazioni. In teoria penso anche a fare degli spostamenti, per esempio: dico no al fare partito ma posso sostenere donne che vogliono candidarsi o interessarmi a persone impegnate in politica; promuovere prese di posizioni, fare dei confronti e far pesare di più nella vita pubblica il femminismo, come? Combattere la timidezza di molte, moltissime, nella vita pubblica e incoraggiare le più giovani a inventare…».

Il suo dire no al fare partito mi ha subito risollevata togliendomi di dosso un grande timore, una precisazione che ci voleva anche perché solo così il resto della sua risposta assume grande valore. Lo affermo e lo so per un’esperienza che ho fatto e che racconto.

Nel 1975, in occasione delle elezioni comunali di Firenze (dove abito), furono tenute per la prima volta anche le elezioni delle Circoscrizioni (Consigli di Quartiere) a suffragio diretto e io fui eletta a furor di popolo, per varie circostanze favorevoli che si possono dedurre leggendo il mio libro Le donne e il prete, ed. Gabrielli, 2016. Fui eletta come indipendente di sinistra nella lista del PCI.

Quel primo decentramento amministrativo coinvolse totalmente la base elettorale e nel mio quartiere, l’Isolotto, votarono quasi tutti. C’era tanta speranza di partecipazione dal basso che però, per me eletta, fu subito mortificata e delusa. Il motivo? Per una donna essere eletta come lo fui io era troppo e troppo presto. Nessuno se l’aspettava e io non feci nulla per essere eletta, né manifesti o altro tipo di pubblicità. Che cosa voglio dire? Il femminismo nasceva allora, dominavano ancora partiti forti come PC e DC. Presto mi accorsi che tutte le poche donne elette erano state appoggiate ed erano controllate da uomini dell’apparato dei partiti. Nessuna era libera. Io mi trovai subito malissimo. Sola e inesperta, che potevo fare? Fui nominata responsabile della sanità e dei servizi sociali. In Consiglio tutte le mie richieste, osservazioni e critiche cadevano nel nulla, figuriamoci inventare nuovi sistemi per amministrare bene e in modo onesto! Dopo mesi di combattimento fra esigenze della base e impossibilità a rispondervi in alcun modo detti le dimissioni deludendo la gente che mi aveva votata. In un convegno su donne e politica mi chiamarono la Giovanna d’Arco bruciata viva…

Che cosa mi ha insegnato quell’esperienza? Mi ha insegnato che una donna che intende fare politica seconda (quella istituzionale, per intenderci) non può stare da sola dentro istituzioni costruite e rette dalla cultura maschile dominante. Se vuole starci ha bisogno di essere sostenuta da altre donne, altrimenti viene subito schiacciata e omologata al maschile, a cominciare dal linguaggio.

I tempi sono cambiati e bisogna accorciare le distanze tra la politica delle donne e quello che sta capitando nel mondo di donne e uomini, un mondo in cambiamento, femministe comprese? Penso proprio di sì e come femminista concordo in pieno con la risposta che Luisa Muraro mi ha dato, specialmente quando dice no a fare partito… e far pesare di più nella vita pubblica il femminismo.


Firenze, 6 novembre 2019


(www.libreriadelledonne.it)

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