4 Aprile 2023

“Il modo ancor mi offende”

di Antonietta Lelario


Tutta la mia esperienza di insegnante è stata attraversata dal desiderio di dare corpo all’amore per la libertà.

La mia generazione la ereditava dagli anni ’70 del ’900 e molte di noi, donne, dal femminismo.

La scuola era il luogo ideale perché la libertà femminile è una pratica in cui ognuna scopre sé stessa nell’incontro, con i e le più giovani, con colleghi, colleghe e genitori.

La scuola era il luogo ideale perché esercitare la libertà femminile significava muoversi dagli schemi già stabiliti per reinterrogare tutto, compreso il senso del nostro lavoro. Grazie a un nuovo sguardo sui saperi, sulla loro origine sessuata e sulle differenti genealogie, maschile e femminile, si riaprivano le risposte possibili alle domande del presente, si allacciavano nessi nuovi fra la scuola e gli altri luoghi della città, scorreva energia e desiderio. Il conflitto simbolico con la logica aziendale, da una parte e con l’ossessione del controllo dall’altra, che le varie riforme ministeriali, con pochissime differenze fra l’uno e l’altro governo, imponevano alla scuola era nei fatti.

A quelle riforme, abbiamo risposto con uno scarto di lato, pensando che dovevamo prenderci il cambiamento nelle mani. Fu per questo che la bellissima proposta da parte di Luisa Muraro di lavorare ad una rete di autoriforma nell’Università prese piede nella scuola di ogni ordine e grado. Noi aggiungemmo “gentile” per sottolineare la distanza dal modello che avevamo ereditato, fondato sull’autoritarismo e l’in/differenza.

Abbiamo lasciato un sassolino, come spesso fanno le donne, per segnare un sentiero. Infatti, oggi forse più che mai, nella necessaria ricostruzione che segue le macerie prodotte dal patriarcato, il processo di insegnamento apprendimento ha bisogno di incontri, di tempi suoi, di sguardi, di attese, -Chiara Zamboni ha parlato a questo proposito di materialismo dell’anima.

Non gli sono utili né le logiche produttiviste, né le scorciatoie propagandistiche, né le pratiche lusinghiere e adulatorie alla Meloni.

Quello che io auspicherei però è che lo sdegno antifascista, anziché sul personaggio di turno, anziché segnale di buona coscienza diventasse critica attenta e puntuale verso queste logiche e queste pratiche perché è lì nelle logiche e nei meccanismi patriarcali che sono ancora fra i nostri piedi che va ripreso l’esercizio di libertà e creatività, perché è lì nelle pratiche che affiora la forma del mondo, in positivo quella che vogliamo e in negativo quella che ci ferisce. Da molto tempo mi tornano alla memoria i versi danteschi “Il modo ancor mi offende”. Oggi so che nel modo c’è la sostanza.


Antonietta Lelario fa parte del circolo La Merlettaia di Foggia.


(www.libreriadelledonne.it, 4 aprile 2023)

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