di Jasmine Anouna
Perché proprio una ‘mostra’?
Novembre, 2018. Ero all’aperitivo natalizio della Italian Society of Oxford, ‘La Società Italiana di Oxford’, nel Dipartimento di Fisica. Non ero mai stata in un edificio del settore scientifico, ma la prospettiva di panettone e spumante italiano era troppo seducente. Durante l’evento mi aggiunsi a vari gruppi di studenti, fra cui uno composto da due studenti post-laurea in robotica e matematica. Come spesso accade qui, la nostra conversazione si mosse immediatamente verso la classica domanda “Su che cosa si concentrano le tue ricerche?” Quando la domanda fu rivolta a me, spiegai del mio studio sulla Libreria delle donne di Milano e sulla sua assenza paradossale nella letteratura inglese sulla storia della seconda ondata femminista in Italia. Avevo scoperto che nonostante vari riferimenti alle idee che la Libreria diffuse per tutta l’Italia, la Libreria era raramente citata o accreditata con questa eredità. Volevo documentare e dimostrare perché era necessario riparare il distacco fra la Libreria e la sua eredità per poter costruire narrative più comprensive ed eque della storia italiana.
Quando finii di spiegare le mie ricerche, le facce di entrambi gli studenti si contorsero in un’espressione confusa. Con un tono assai paternalistico, lo studente di matematica mi disse:
«Perché dovremmo avere delle librerie ‘per le donne’? Non è discriminatorio verso gli uomini avere uno spazio ‘per donne’? La persona più brava nella mia classe di matematica dell’università era una donna, e lei ha avuto tanto successo anche senza far parte di uno spazio ‘per donne’.»
Cercai di spiegare la mia prospettiva, ma le mie parole parevano raggiungere orecchie disinteressate, probabilmente a causa dei pregiudizi sul mio carattere dovuti ai miei interessi ‘femministi.’ Delusa dall’atmosfera ostile, mi incamminai a casa, stranamente animata. Nonostante l’esperienza sgradevole che avevo vissuto, l’interazione aveva suscitato in me un forte stimolo a fare qualcosa. A quel tempo, non sapevo esattamente in che cosa consistesse quel ‘qualcosa,’ ma sapevo che volevo creare un’opportunità educativa per studenti italiani come quelli che avevo conosciuto quella sera, i quali non avevano espresso alcun interesse a capire l’importanza storica di un gruppo come la Libreria. Dopo varie settimane di riflessioni, nacque l’idea di organizzare una mostra, una materializzazione fisica della Libreria qui ad Oxford che avrebbe potuto comunicare ad individui di tutti i campi di studio e professione la ragione per cui la Libreria è fondamentale nella storia italiana.
E così fu l’inizio della mostra Più che una Libreria: esplorando l’eredità storica della prima libreria femminista in Italia (Beyond a Bookshop: Exploring the Historical Legacy of the Milan Women’s Bookshop) che si è svolta il 28 maggio nel centro per studenti post-laurea del mio College di Oxford, Wadham College.
Per trasmettere l’eredità e la rilevanza internazionale della Libreria, avevo diviso l’evento in tre parti nell’ordine seguente: un’esposizione di copie di documenti d’archivio della Fondazione Elvira Badaracco, uno screening di una compilazione originale di video-testimonianze di varie donne che spiegano come sono state influenzate dalla loro relazione con la Libreria, e finalmente una tavola rotonda informale per dare vita (letteralmente!) alla Libreria grazie alla partecipazione di Laura Minguzzi e Renata Sarfati, due colonne della Libreria. Oltre a Laura e Renata, era presente una meravigliosa interprete, Valeria Taddei, candidata per un dottorato in Lingue Medievali e Moderne a Oxford, e Teresa Franco, professoressa d’italiano a Oxford e giornalista per Il Sole 24 Ore specializzata nell’uso della traduzione come strumento per l’empowerment femminile.
Durante la tavola rotonda sono emersi una varietà di temi fra cui le origini della teoria e pratica della differenza sessuale, e la relazione contemporanea della Libreria con la dimensione online tramite il sito web. I contributi dei partecipanti hanno rispecchiato questa diversità di temi. Mentre le generazioni più giovani erano interessate alla relazione della Libreria con movimenti contemporanei come NonUnadiMeno, altre di generazioni precedenti hanno condiviso la loro solidarietà con la storia della Libreria, come Judith Okely, la prima donna ad essere ammessa alla famosa società-dibattito di Oxford (The Oxford Union). Okely ha espresso la sua solidarietà tramite un aneddoto personale della sua esperienza di autocoscienza in Inghilterra negli anni ’70: «Un capo militare pensava che fossimo sovversive politiche per il fatto che avevamo un gruppo di autocoscienza.»
In sole due ore, il centro per studenti post-laurea di Wadham College ha dato vita a una conversazione che le scuole italiane raramente promuovono; questa parte della storia era di grande interesse per i tanti italiani che sono venuti quella sera, nonostante la maggior parte non avesse avuto l’opportunità di approfondire il tema nei curriculum tradizionali italiani. In tanti eravamo uniti dalla curiosità, ma soprattutto da un’apertura di mente, pronta ad essere “rieducata” nella storia italiana e a costruire una narrativa nuova, più comprensiva e consapevole di una parte della storia fondamentale non solo per le donne ma per tutti gli italiani.
Vorrei ringraziare profondamente a Laura Minguzzi, Teresa Franco, Valeria Taddei, Shawanda Corbett (che con la sua arte femminista ha generosamente contribuito a riprodurre la vetrina dell’arte in Libreria), Jane Garnett, Steffan Pedersen, Francesco Moiraghi, l’Università di Oxford, Wadham College e tutti gli ospiti che hanno aiutato a dar vita a quest’idea.
Link alla pagina della mostra sul sito di Wadham College: https://www.wadham.ox.ac.uk/news/2019/june/beyond-a-bookshop
(www.libreriadelledonne.it, 17/6/2019)