11 Maggio 2020

La politica di papa Francesco è politica

di Luisa Muraro


“Perché la Chiesa riesce meno a fare politica” s’intitola un articolo che comincia nella prima pagina del Corriere della sera di domenica 10 maggio. Letto l’articolo, la risposta è semplice: perché non fa la politica che piace all’autore dell’articolo, Ernesto Galli della Loggia, e ai suoi amici, che forse non sono tantissimi ma sono potenti.

Papa Francesco, secondo l’autore, non fa politica ma ideologia, che si può dire cristiana ma non è la giusta politica come i papi hanno saputo fare finora. Così dice e la spiega, questa politica fatta dai predecessori di Francesco, la spiega miscelando insieme Pio XII, Giovanni XXIII e via via fino a Benedetto XVI, suppongo, perché l’autore non fa nomi. Nella sua miscela infatti non ci sono differenze, tutti avrebbero fatto la stessa politica che piace a lui, una politica di centro molto moderato, in equilibrio tra i potenti del momento. Una politica “cerchiobottista”, la chiamerebbe la mia amica di Diotima, Diana Sartori.

Qualcuno di questi papi si sarà rivoltato nella tomba e penso non tanto a papa Roncalli, che avrà fatto un sorriso di indulgenza compassionevole per le furbate evidenti degli amici dei potenti. Penso piuttosto a papa Wojtyla, il quale voleva andare a Baghdad per fare da scudo umano contro l’imminente bombardamento Usa nella guerra contro l’Iraq, quella le cui conseguenze il Medio Oriente continua a pagare.

Ecco il secondo errore di quell’articolo, che non mette in conto quello che è capitato nel mondo dopo la caduta del muro di Berlino.

Il papa polacco vide e non si riconobbe nel capitalismo trionfante e tanto meno nella globalizzazione all’insegna del “libero” mercato, cioè del vinca il più forte nella competizione.

La Chiesa, prima della fine dei tempi, è anche un’istituzione storica e questo papa sta insegnando il vangelo alla luce del presente. Il suo insegnamento non è perfetto? Non lo è e lui stesso non lo pretende, fa del suo meglio, e siamo molti, moltissimi, donne e uomini, a sentire e pensare che il suo insegnamento è buono. Dire che non è politica ma ideologia somiglia a quelle critiche pretestuose che sembrano doppiamente riprovevoli in certi momenti storici. Doveva il Corriere della sera pubblicare Galli della Loggia per il doveroso rispetto della libertà di espressione? Io noto che il titolo dato dalla redazione del giornale al testo attenua il giudizio denigratorio, ma penso che il giornale non doveva pubblicarlo, non in questo momento storico. Però è un fatto che quelle parole di Galli della Loggia fanno chiarezza: i suoi amici vogliono tornare alla “normalità” di prima.


(www.libreriadelledonne.it, 11 maggio 2020)

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