15 Settembre 2017

Mai smettere di ripetermelo

di Umberto Varischio

Le violenze sessuali sulle donne, gli stupri che subiscono, sono una responsabilità mia, nostra come maschi.

Non dobbiamo mai scordarci di ripeterlo e affermarlo in tutti gli ambiti: nelle nostre riflessioni, nelle relazioni amicali e in quelle pubbliche, sul lavoro, nei luoghi di studio e nella comunicazione, pubblica e privata.

I recenti episodi di violenza sessuale di Rimini (compiuta da stranieri) e di Firenze (agita da italiani, oltretutto carabinieri) ripropongono la questione maschile e il legame tra maschilità, violenze sessuali e immigrazione.

Sulle violenze contro le donne non posso permettermi di addurre scusanti o distinguo: ma cercare di capire non significa né giustificare né avallare.

Il pensiero è fondamentalmente un modo per capire e la mancanza di pensiero, come c’insegna Hannah Arendt, genera mostri.

Sul legame tra violenze sessuali sulle donne e immigrazione mi ritrovo quindi completamente nel testi scritti, subito dopo i fatti di Capodanno 2015 a Koln, da TK Brambilla (che si può leggere qui), Laura Colombo e Sara Gandini (consultabile qui) e in quello successivo di Giordana Masotto (qui riprodotto da Inchiesta n.191)

Ma come uomo non posso minimizzare le violenze agite da migranti e italiani e, tantomeno, cercare delle giustificazioni o anche delle spiegazioni che solo le donne, se lo ritengono necessario, possono elaborare: come hanno fatto in passato e continuano a produrre anche oggi.

Ogni altro discorso che potrei fare ora avrebbe probabilmente un retrogusto di giustificazione oppure quello, altrettanto inaccettabile, del cambiare d’argomento perché “questo non è il vero problema”.

Non posso quindi che sentirmi responsabile delle violenze, sessuali e non, che i miei simili agiscono sulle donne.

Poco importa che non sia io l’attore di queste violenze sessuale e fisiche o di altre forme di violenza: e di queste ultime attore lo sono stato.

Tra le tante cose che imparato dalle donne una è questa: se una di loro afferma che io sto esercitando una forma di violenza su di lei, indipendentemente da quello che posso pensare io, quella è violenza.

E sono corresponsabile delle violenze agite da altri perché maschio, per il tanto di potere che il patriarcato ha messo nelle mie mani e che io non ho rifiutato fino in fondo.

Un dato di fatto è innegabile: le violenze dei maschi continuano e sono strutturali e trasversali.

Essere maschio mi rende corresponsabile, tacere mi fa diventare connivente e simbolicamente co-autore.

(www.libreriadelledonne.it, 15 settembre 2017)

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