28 Marzo 2020

Non ci sono più scuse

di Silvia Baratella


Il coronavirus ha rovesciato molte cose e molte delle rappresentazioni che ne facciamo. Ha prodotto effetti spiazzanti in molti campi, e credo che sarebbe sbagliato giudicare questi effetti secondo schemi tradizionali e più utile invece provare a vederli in una luce nuova, cercando di cogliere le possibilità di cambiamento che offrono o i cambiamenti già avvenuti che rendono visibili. Per esempio, l’effetto della pandemia sulla vita delle donne, di cui parla anche Silvia Motta su questo stesso sito (Di diverso e di più,26 marzo 2020).

Tra le cose da esaminare c’è il modo in cui uomini e donne si muovono sulla scena, quella pubblica e quella privata. Su quella pubblica gli uomini come sempre non mancano, ma a ben vedere neanche le donne: ci sono le tre ricercatrici che hanno isolato il virus; ci sono infettivologhe e virologhe che spesso danno ai media spiegazioni più chiare e articolate dei loro colleghi maschi; c’è l’infermiera sfinita alla fine del turno di lavoro che è diventata il simbolo della strenua lotta di uomini e donne negli ospedali italiani. In politica, oltre ai soliti Conte, Speranza, Zaia e Fontana, ci sono donne che agiscono in alti ruoli istituzionali: la sottosegretaria alla salute Zampa, la ministra Lamorgese, Ursula von der Leyen, Christine Lagarde. Insomma, il virus illumina un’umanità fatta di due sessi, che non si esaurisce nell’uomo con la U maiuscola dei vecchi libri di scuola. Lamentare un’invisibilità femminile mi sembra che ci ricacci tutte indietro, anche se convengo che i media non farebbero male a prestarci più attenzione.

E sulla scena privata? Se ne sa meno, essendo appunto privata, e ha anche dei gravi punti oscuri, per esempio la sorte delle donne che già convivevano con uomini violenti e che ora sono chiuse dentro insieme a loro a tempo indeterminato. Lo ricorda anche Silvia Motta, raccontando un bell’esempio di via fuga allestito per loro dalla giunta regionale delle Canarie.

Ma le donne che vivono con gli altri uomini, quelli non maltrattanti? Sulla vita delle famiglie “normali” il nostro immaginario si è già fatto un’idea, espressa dalle frequenti rimostranze perché, con le scuole e i servizi chiusi, il peso di tutti i compiti di cura grava sulle donne. Ma dev’essere per forza così? Gli uomini, come le donne, in questo momento sono a casa. Anche loro devono condividere il “lavoro agile” con la presenza di figlie e figli, pasti da preparare, bucati da fare. Chi ha detto che dobbiamo far finta che non possano occuparsene? Stavolta non hanno vie di scampo: né lavoro, né bar, né sport, né attività politica. Non ci sono più scuse da accampare, evitiamo di offrirgliele noi dando per scontato che sarà come sempre: nulla è come sempre, in tempo di coronavirus. Se le donne sono diventate visibili nella vita pubblica, adesso è il momento di rendere visibili gli uomini nel privato. Quelli che commettono abusi, da neutralizzare prima possibile, quelli che non hanno più alibi per non rimboccarsi le maniche e quelli, sono sicura che ci sono, che già se le sono rimboccate.


(www.libreriadelledonne.it, 28 marzo 2020)

Print Friendly, PDF & Email