di Paola Mammani
È morta a Parigi, il 6 settembre scorso, all’età di 83 anni, Kate Millett, autrice di Sexual Politics, La politica del sesso, testo pubblicato negli Stati Uniti nel 1969, edito in Italia nel 1971. Millett ottiene grandissima e immediata notorietà con questo primo lavoro, che è la sua tesi di dottorato presentata alla Columbia University di New York.
Si tratta di un’ampia illustrazione della capillare articolazione del potere e del dominio esercitato dal patriarcato sulle donne, attraverso una enorme quantità di esempi, analisi, riflessioni che coinvolgono il diritto, la storia, l’economia, l’antropologia, la psicoanalisi, e molte altre forme del sapere. Vi si mostrano i mille modi in cui le donne subiscono una grandissima pressione sessuale che tende a sottometterle e umiliarle.
Una notevole sezione del saggio è dedicata all’opera letteraria di D.H. Lawrence, Henry Miller, Norman Mailer e Jean Genet e, comunque, tutto il testo è fittamente intessuto di analisi di testi letterari. Da qui il ruolo grande di pioniera della critica letteraria “femminista”, che viene riconosciuto a Kate Millett per aver attraversato col suo sguardo critico immensi territori della letteratura anglo americana, alla ricerca del disvelamento più radicale dei rapporti intercorrenti tra i sessi nella inciviltà del patriarcato.
Quando pubblica Sexual Politics, Millett è già attiva nel movimento femminista, ed ha alle spalle importanti esperienze di studio e di insegnamento. Ha frequentato l’università del Minnesota, lo stato in cui è nata, ha proseguito gli studi ad Oxford, in Inghilterra, e in ultimo alla Columbia. Alla fine del 1968 viene allontanata dal Barnard College, dove insegnava, per aver appoggiato le rivolte studentesche.
Aveva anche soggiornato a lungo in Giappone nei primi anni sessanta per approfondire lo studio della scultura che continuerà a praticare. Incontrerà lo scultore Fumio Yoshimura che diventerà suo marito.
Tra i lavori successivi, due testi autobiografici, Flying, In volo, del 1974 (edito in Italia nel ’77) e Sita del 1976 (edito in Italia nel 1981). Si tratta di testimonianze del suo impegno personale a sperimentare e ricercare nuove forme di vita, di amore, di sessualità.
Più tardi, nel 1990, pubblicherà The Loony-Bin Trip, in italiano Il trip della follia, sottotitolo Cronaca di una sofferenza, la difficile storia del suo lungo periodo di malessere psichico, che avrà inizio con un episodio di ricovero in un ospedale psichiatrico nel 1973.
È abbastanza facile rintracciare in Internet la bibliografia completa del lavoro dell’autrice e gli interventi che The New York Times, The Guardian e The New York Review of Books le hanno dedicato in occasione della sua scomparsa.
Interessante la traduzione di Milena Sanfilippo, sul sito delle edizioni SUR, di un articolo di Maggie Doherty apparso sul New Republic lo scorso anno, in occasione della nuova edizione di Sexual Politics, ormai da tempo introvabile, a cura della Columbia University Press. È un nuovo riconoscimento al valore dell’opera di Kate Millett, agli anni fervidi di cui fu protagonista. La Doherty ci dice della ricorrenza del suo nome, dei temi e delle analisi da lei affinate, negli interventi delle intellettuali e studiose che animano il dibattito pubblico negli Stati Uniti.
Siti utili:
https://www.theguardian.com/world/2017/sep/07/kate-millett-obituary
http://www.nybooks.com/daily/2017/09/29/kate-millett-sexual-politics-and-family-values/
http://www.edizionisur.it/sotto-il-vulcano/21-04-2016/kate-millett-la-politica-del-sesso/
(www.libreriadelledonne.it. 6 ottobre 2017)