5 Settembre 2022

Possiamo votare contro la guerra?

di Antonella Nappi


Perché fare le battaglie di retroguardia come “studiare” la Meloni che è già stata capita benissimo? Chi la vota è d’accordo con quello che dice, o neppure vota proprio lei. Le donne inoltre se di destra non le smuovi dal considerare la donna di destra.

Vorrei che donne riflessive, come noi potremmo essere, spingessero una politica di avanguardia.

Questa è: come fare la pace tra conflitti di ogni tipo, perché di questo da sempre continua ad avere bisogno il mondo. È questo impegno che va assolutamente privilegiato!

Contro le armi, le distruzioni e contro l’aggravarsi del clima vanno spinti i rappresentanti politici e il voto. Sappiamo della distanza esistente tra rappresentanti politici e popolazione, proprio in Italia in questi mesi su queste questioni.

Mi abbatte pensare che donne colte si preoccupino di aiutare maschi privi di consapevolezza a vincere le elezioni, senza agire uno stimolo nei loro confronti.

Vorrei premere per ottenere una scelta di pace perché sono orripilata dallo sconvolgimento mondiale della sussistenza originato dal conflitto russo-ucraino. Io lo intendo come conflitto contro la pace e coesistenza e per la guerra come vincitrice mortale del patriarcato. Molti altri scrivono: conflitto tra America e Russia su territorio ucraino.

In tempo di elezioni il mio desiderio di fare qualche cosa per la pace è interrogare chi si propone come rappresentante del mio futuro sulla risoluzione pacifica del conflitto. Sulla comprensione delle ragioni che creano conflitto e sulla capacità di privilegiare la soluzione pacifica delle intenzioni dei contendenti invece di voler vincere rispetto a questioni di principio.

Riconosco le motivazioni dell’invasione russa e quelle di legittimità che vengono sostenute dall’Ucraina, queste vanno composte, non sono ragioni per fare morti e distruzioni e per sconvolgere il mondo intero.

Non riconosco affatto l’esigenza di spingere a un conflitto occidentale contro altri Stati e privilegio il contenimento delle pretese in favore di un equilibrio che risparmi vite, beni, relazioni internazionali. Sono contraria al privilegiare il diritto a costo delle vite. E di quante nel mondo! E siamo in tante e tanti a pensarla così.

Oggi siamo più colti rispetto alla considerazione di quanto si soffrono le guerre che alcuni maschi fanno e di quanto le femmine privilegino nei fatti della loro esperienza quotidiana attività di osservazione dei bisogni vitali e di quelli relazionali. Questa capacità più sviluppata dalle donne ha trovato condivisione anche tra molti maschi perché la divisione ideologica dei ruoli lascia ormai libertà personale all’affermazione dei propri desideri. Delegare ai maschi compiti che per noi stesse rifiutiamo è un atteggiamento molto discutibile.

Sviluppare la contrattazione dei desideri, nelle questioni comuni, invece di imporre la vittoria assoluta dei propri, è ciò che la pratica politica espressa dalle esperienze femminili pretende dai maschi. Così come imparare a pretendere un confronto con loro, invece di tacere, lo impariamo oggi tra donne.

Ci si insegna a considerare le ragioni dell’altro e dell’altra e le proprie, riequilibrando gli spostamenti più su un lato o più sull’altro di uomini e donne ed anche tra donne.

Vediamo di condizionare il voto, per quello che possiamo, sulla capacità di impiegarsi per la pace tra contendenti alle elezioni.

Distogliamo la classe dirigente italiana dall’attuale volontà di acuire la guerra e di farla sopportare alla popolazione italiana che ha sempre affermato la non disponibilità a sostenere la guerra, ed oggi in particolare. Queste elezioni devono segnare la non volontà di partecipazione degli italiani ad una guerra, e per di più contro la Russia, paese con cui non abbiamo avuto ostilità.

Mi sembra un buon modo di intervenire chiedere ai candidati come intendono comporre il conflitto tra Russia e Occidente (condotto dall’America a detta di molti). È questo un termometro per misurare tra i candidati l’aggressività e al contrario la ragionevolezza che oggi deve sostituire l’autoritarismo dei guerrafondai del passato. I vecchi termini del processo aggressivo e autoritario del fascismo devono lasciare il posto alla capacità di un processo ragionevole in tutte le questioni, a partire proprio dalla più grave: dalla guerra che attenta alla vita delle popolazioni più povere di tutto il mondo. La popolazione deve avere più voce di quanta non riuscisse ad averne in passato. Fascismo e antifascismo non hanno significato se non nella contrapposizione di processi culturali e politici che oggi dobbiamo saper leggere nella loro presenza in pratiche e contesti diversi.

Vorrei potessimo dare più chiarezza allo scontro in atto e soprattutto mostrare la distanza tra potere e popolazione, tra amanti dello scontro e della vittoria e amanti dei limiti che la sopravvivenza impone anche a se stessi.


(www.libreriadelledonne.it, 5 settembre 2022)


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