16 Luglio 2020

Questa legge contro l’omotransfobia: come è potuto accadere?

di Paola Mammani


È ormai noto che il testo di legge unificato, depositato alla Camera dall’onorevole Zan, per introdurre nel codice penale reati di omotransfobia, ha subito una critica radicale da parte di molte femministe per l’utilizzo dei termini genere e identità di genere. L’ambiguità derivante da tali espressioni ha dato luogo, nei paesi anglosassoni e non solo, a insostenibili contraddizioni, agite anche nei tribunali, che possono arrivare a mettere in discussione la semplice esposizione del pensiero, se ritenuto lesivo o non inclusivo dell’altrui identità di genere.

Concordo con le preoccupazioni connesse all’utilizzo delle espressioni genere e identità di genere. Quello che più mi sconcerta della vicenda, è che nella gabbia del genere sembrano andare perdute importanti acquisizioni del pensiero politico delle donne, e in particolare che ciò per cui lottiamo è il senso libero della differenza sessuale.

Nel ’69 avevo 18 anni, ci ho messo tanto a venire a patti con il mio essere donna. Sulla strada della libertà, prima di approdare al pensiero e alla pratica politica delle donne, ho incontrato i gay, il Fuori, il collettivo della casa occupata di via Morigi a Milano e Mario Mieli e i suoi Elementi di critica omosessuale, infine la prima donna, fra le mie conoscenze, dichiaratamente lesbica, Rosetta Froncillo*, che faceva del suo orientamento sessuale una questione politica. Per dire che vi sono stati tempi in cui omosessuali, lesbiche, bisex, trans e qualunque cosa una, uno, volesse dirsi e viversi, era faccenda di libertà, di libertà sessuale e non di legge. Tempi in cui uomini e donne intelligenti e audaci hanno avuto il coraggio e l’inventiva necessari per ribaltare il mondo, per dare un senso libero al loro essere nati appartenenti a uno dei due sessi, alla ricerca della loro sessualità e dei loro orientamenti sessuali. Hanno elaborato pensieri e fatto scoperte fondamentali per quella che ora chiamiamo politica, con la P maiuscola.

Le donne hanno scoperto che l’unico modo per guadagnare la libertà è sottrarre valore e riconoscimento a chi esercita il potere, e così hanno irreversibilmente minato la struttura di dominio del patriarcato. Per questo, sapendo che la partita si gioca altrove, non hanno mai chiesto una legge contro la misoginia, ma hanno mantenuto un atteggiamento di attenzione e insieme di sostanziale superiorità nei confronti della legge; attenzione perché ne riconoscono il grande valore simbolico, superiorità perché sanno che una parola ben detta, una parola sapiente scardina e supera la legge: ricordiamoci del #meetoo.

Hanno scoperto di volere e potersi amare, anche senza essersi dette o sentite lesbiche e anche per questa scoperta, forse, hanno affermato che sulla sessualità non si legifera.

Infine hanno svelato che la legge di per sé non ha nessun effetto se non cambiano le coscienze: nel nostro caso, quali che siano le sanzioni previste, l’omofobo resta omofobo.

Mi chiedo come è potuto accadere che parlamentari ed esponenti di associazioni di lesbiche (L) gay (G) bisessuali (B) trans (T) queer (Q) e quant’altro si voglia (+) – LGBTQ+ appunto – non abbiano sentito la forza e la gioia di questa grande tradizione di ricerca della libertà e di elaborazione di pensiero politico, che avrebbe potuto e ancora può sottrarre il nostro paese alle miserie cui è andato incontro il mondo anglosassone.

A seguito delle polemiche è stata aggiunta al testo della proposta di legge la parola sesso, accomunando così le donne tutte, più della metà dell’umanità, alle minoranze ritenute bisognose di particolare tutela: quegli omosessuali, lesbiche e trans che forse dalla loro esperienza viva avrebbero potuto e potranno trarre materia per dare all’idea e alla pratica della libertà un contributo diverso dalla richiesta di sanzioni penali per i cosiddetti reati d’odio che possano riguardarli.

In ogni caso, se alcune e alcuni oggi pensano che una legge li aiuti, credo debbano impegnarsi a nominare la loro realtà con speciale attenzione al linguaggio e rispetto per quelle donne, quasi tutte, che non hanno mai chiesto di essere comprese in questa legge.

(*) Matilde Finocchi, Rosetta Froncillo, Alice Valentini, E la madre, tra l’altro, è una pittrice… Dialoghi fra lesbiche, Felina editrice, 1980


(www.libreriadelledonne.it, 16 luglio 2020)

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