23 Settembre 2020

Sotto il cielo dello sport

di Paola Mammani


Sono sempre più frequenti immagini di premiazioni di gare sportive femminili in cui il posto più alto del podio, quello della vincitrice, è occupato da atlete molto alte e robuste, atlete trans.

Ai lati, donne che appaiono qualche volta addirittura minute e non solo per effetto dei gradini più bassi del secondo e terzo posto. Scena non bella a vedersi. Torna alla mente la vocetta maliziosa della pubblicità ingannevole di un popolare giochino d’azzardo, che dice: Ti piace vincere facile, eh? Vinci spesso, vinci adesso.

In occasione del trionfo di Valentina Petrillo, trans ipovedente, che pochi giorni fa a Jesolo, nelle gare paralimpiche femminili di corsa, ha vinto l’oro nei 100, nei 200 e nei 400 metri, mi pare sia stato preso qualche particolare accorgimento. La maggior parte delle foto e dei video la ritraggono da sola o sulla pista, quando le altre sono a distanza, ciascuna nella propria corsia. La premiazione non viene immortalata sul podio, e la seconda e la terza classificate, sono semplicemente ai lati, un po’ distanti. Ma non c’è accorgimento che tenga. In un filmato di gara su Rai sport si vede bene che lei si lascia tutte le altre alle spalle, di una, dieci, tante lunghezze. Ma non è così che si vince, nell’agonismo arrivano le migliori, si contende a volte per frazioni di secondo.

Decisa e un po’ su di giri, come si conviene a una vincitrice, dichiara: «A livello morale io mi sento donna e quindi è giusto che io gareggi come donna». Più che di livello morale, però, si tratta di livello di testosterone, il suo è rientrato nei limiti stabiliti dal CIO (Comitato Internazionale Olimpico) e le ha permesso di segnare un altro primato: sarebbe la prima trans al mondo a gareggiare fra le donne, con documenti ancora maschili.

Mentre scrivo scopro in internet un articolo intitolato: Valentina Petrillo, atleta transgender e ipovedente: «Non corro con le donne per vincere facile: inseguo un sogno e la felicità». Allora lo sai? mi viene da dire. Non ho dubbi circa la felicità di realizzare un sogno, ma qui si tratta proprio di vincere facile, di vincere spesso, di vincere adesso e senza rischio. La pubblicità ingannevole, come rimedio al danno, suggerisce: giocate senza esagerare! Ma le atlete trans che rischiano veramente poco, esagerano pure. Nelle interviste di Petrillo e altre si coglie la smania di dichiarare sempre la stessa cosa: sono qua, è giusto, è questo il mio posto. Che sia l’effetto di quanto hanno dovuto penare prima, tra i loro simili, uomini, o di quanto hanno dovuto penare comunque, non so, e certo mi dispiace, ma da qui a non vedere l’iniquità che c’è nella loro presenza nelle gare delle donne, ce ne corre…

Negli Usa, la coalizione Save Women’s Sports chiede atti di tutela nei confronti delle donne discriminate da un’impari competizione con atleti biologicamente maschi, cui nessun abbassamento di testosterone in circolo toglierà mai le masse muscolari di cui godono.

Nella lettera inviata da oltre 300 atlete alla NCAA – National Collegiate Athletic Association che gestisce le attività degli atleti di più di un migliaio di College fra Stati Uniti e Canada – si legge: Noi atlete abbiamo opinioni diverse su molti argomenti, ma siamo unite su questo fatto: proteggere l’integrità degli sport femminili è pro-donna, pro-equità […]. Crediamo fermamente che tutti dovrebbero avere l’opportunità di competere, ma la vera parità atletica per le donne richiede che gli sport femminili siano riservati alle donne biologiche. La protezione dell’integrità degli sport femminili ha, per decenni, svolto un ruolo fondamentale nel porre rimedio alla discriminazione passata nei confronti delle donne e nel conferire loro il potere di raggiungere il pieno potenziale atletico.

La nuotatrice medaglia d’oro olimpica Donna de Varona, tra le firmatarie della lettera, sensatamente propone la creazione di una categoria apposita per le atlete transgender che vorrebbero gareggiare nelle competizioni femminili. Non risolve tutto, ma potrebbe essere un inizio.


(www.libreriadelledonne.it, 23 settembre 2020)

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