24 Dicembre 2014
il manifesto

Cronache di un mancato matrimonio

di Alessandra Pigliaru

Si inti­tola Fem­mi­ni­smo e poli­tica ed è il numero mono­gra­fico che il «Calen­da­rio del popolo» dedica al tema (San­dro Teti Edi­tore, pp. 90, euro 9), a cura di Ste­fano Cic­cone e Alberto Leiss. Si tratta di un utile spac­cato di ciò che è stata – ed è – la rela­zione com­pli­cata tra fem­mi­ni­smo e sini­stra, per­corsa da alcune tappe impor­tanti che tut­ta­via mutano secondo le espe­rienze poli­ti­che di chi le ha affron­tate. Diverse sono infatti le voci che ani­mano il numero della rivi­sta e altret­tanti i rispet­tivi posizionamenti.

Comin­cia Leti­zia Pao­lozzi chia­rendo come fem­mi­ni­smo e poli­tica «avreb­bero potuto – e dovuto – con­vo­lare a giu­ste nozze, tut­ta­via la pro­messa di matri­mo­nio è stata tra­dita. Non sap­piamo per colpa di chi. I sospetti si appun­tano sulla sor­dità della com­po­nente maschile della poli­tica». Se è dif­fi­cile esau­rire in poco spa­zio non tanto la rela­zione tra fem­mi­ni­smo e sini­stra ma pro­prio la sto­ria di uno e dell’altra, il pre­gio del «Calen­da­rio del popolo» è quello di dare parola a espe­rienze spesso incon­ci­lia­bili capaci però di con­se­gnare un qua­dro inte­res­sante di ciò che la sini­stra ha signi­fi­cato in Ita­lia pre­va­len­te­mente in rela­zione alla forma-partito e di come il fem­mi­ni­smo ita­liano abbia pro­dotto al pro­prio interno alcune signi­fi­ca­tive diva­ri­ca­zioni, con strade diverse ed esiti oppo­sti.
I cura­tori sono anzi­tutto con­sa­pe­voli che par­lare di sini­stra in rela­zione al fem­mi­ni­smo impli­chi di neces­sità l’interrogazione della que­stione maschile.

Nell’editoriale Cic­cone appare netto: «pos­siamo pen­sare che quello sguardo pro­dotto dal fem­mi­ni­smo ci riguardi? Quella domanda di libertà può riguar­dare anche le vite degli uomini?». Chiosa Leiss indi­vi­duando una resi­stenza evi­dente che deriva dalla dif­fi­coltà maschile a rico­no­scere la realtà del pro­prio corpo, ovvero «del come que­sto corpo sia deter­mi­nato da una dia­let­tica tra istinto, desi­de­rio, impos­si­bi­lità a gene­rare diret­ta­mente la vita, con­danna sto­rica all’esercizio della forza e della vio­lenza». Que­stione che con­fi­gura incon­tri man­cati, ieri come oggi, ma anche pos­si­bi­lità di confronto.

Come nota Nichi Ven­dola nell’intervista rila­sciata allo stesso Leiss, il fem­mi­ni­smo è «un corpo a corpo» libe­rante e neces­sa­rio. Sono solo alcuni dei punti di vista che appa­iono, insieme a molti altri, e che trac­ciano una map­pa­tura di come sia stata inter­pre­tata e rimessa in discus­sione la faglia creata dal movi­mento fem­mi­ni­sta, nel Pci prima, in Sel e Tsi­pras poi e fuori. A tal pro­po­sito Bia Sara­sini mostra «la com­plessa rela­zione logica e sociale tra pub­blico e pri­vato», ovvero la dif­fe­renza seman­tica e di sce­na­rio poli­tico attuale, soprat­tutto dal momento in cui le donne hanno por­tato l’esperienza del fem­mi­ni­smo anche all’interno della poli­tica par­ti­tica. Sara­sini veri­fica che «anche il fem­mi­ni­smo soc­combe alla logica con cui ven­gono guar­dati tutti i movi­menti nell’epoca della fram­men­ta­zione poli­tica». Ci sono di rife­ri­mento a par­tire da cia­scuna col­lo­ca­zione. Per esem­pio il 1987, quando viene pre­sen­tata nel Pci la Carta delle donne, insieme alle espe­rienze più recenti. Ma appunto, il «Calen­da­rio del popolo» è una ras­se­gna poli­tica di avvi­sta­mento ed espe­rien­ziale e tra gli inter­venti si potranno leg­gere la disa­mina di Catia Papa ine­rente fem­mi­ni­smo e socia­li­smo di ini­zio ‘900; l’esperienza dell’Udi e del nodo sinistra-emancipazione di Vit­to­ria Tola; il con­fronto poli­tico rac­con­tato da Maria Serena Sape­gno riguardo l’avvio di snoq; la fisio­no­mia del pro­getto intorno all’educazione di genere segnato da Monica Pasquino. E il pro­cesso che ha por­tato all’autoriforma della scuola — nel dia­logo tra Vita Cosen­tino e Ales­sio Miceli — nato dal taglio che alla fine degli ‘80 la Peda­go­gia della dif­fe­renza ha saputo signi­fi­care seguito dal «mesco­la­mento» del ‘95 nell’incontro «senza com­pia­cenza, né reti­cenze» con alcune reti della sinistra.

Un desi­de­rio forte di poli­tica che molte hanno pre­fe­rito – e pre­fe­ri­scono — gio­carsi non den­tro ai par­titi ma fuori, nell’irriducibilità della dif­fe­renza ses­suale, della libertà fem­mi­nile e delle rela­zioni tra donne, come ricor­dano fine­mente Laura Colombo e Sara Gan­dini. Cosa suc­cede infine in quel «fuori», nei col­let­tivi e nei movi­menti? C’è una «dop­pia» rela­zione man­cata, come si domanda Anna Simone?

Trap­pole del fem­mi­ni­smo di Stato o radi­ca­lità non nego­zia­bile? Dop­pia mili­tanza o poli­tica prima e seconda? Defi­ni­tiva neu­tra­liz­za­zione del con­flitto o strada acci­den­tata di una forma-partito che ha solo col­las­sato diverse volte per poi ripren­dersi? Reto­ri­che neo­li­be­rali d’accatto o potere ver­sus auto­rità fem­mi­nile? Insomma, tutto è com­piuto o esi­ste ancora un nodo da risol­vere tra fem­mi­ni­smo e sinistra?

Fa da sfondo il bel repor­tage di Jamila Cam­pa­gna Le donne della Tac­coni Sud, rea­liz­zato in occa­sione dell’assemblea per­ma­nente por­tata avanti tra il 2011 e il 2012 dalle ope­raie, in seguito al rice­vi­mento della let­tera di licen­zia­mento col­let­tivo e poi della chiu­sura della fab­brica. Scrit­ture del corpo e sul corpo delle stesse donne.

Nella seconda metà della rivi­sta ampio spa­zio a Luciano Can­fora sul lascito Gram­sci e poi sul car­teg­gio Togliatti-Donini, con inter­venti – alcuni dei quali si spo­stano su dibat­titi e ras­se­gne inter­na­zio­nali — di Nicolò Cavalli, Fran­ce­sco De Palo, Dario Coletti, Alvise Masto, Anto­nio Canovi, Pie­tro Mol­teni, Chiara Zap­palà, Michele Ber­nar­dini, Dede Kor­kut, Alberto Negri, Mauro Olivi, San­dro Teti e Rachele Masci.


(il manifesto – 24/12/2014)

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