di Tullio De Mauro
Dal passato regime sovietico la Russia, come del resto altri paesi ex comunisti, ha ereditato un sistema scolastico efficiente. La percentuale di diplomati di livello medio superiore è la più alta del mondo. In questa felice età del consumismo anche in Russia gli adulti soffrono di regressione delle capacità di lettura e calcolo, ma la percentuale di persone con sufficienti o buone capacità supera la media internazionale e si lascia largamente indietro paesi come Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Germania. Per undici anni l’istruzione è obbligatoria e gratuita, la spesa grava sullo stato. L’università ha risultati eccellenti nei settori tecnico-scientifici ma anche nell’apprendimento delle lingue straniere, e chi la frequenta ha un sostegno economico.
Il sistema poggia sull’impegno collettivo e anche, in misura notevole, sulle basse paghe dei docenti, da 10mila a 15mila rubli al mese (da 140 a duecento euro). Gli insegnanti, secondo un informatore di queste note, cominciano a lamentarsi, in genere, come là è prudente fare, “a bassa voce”. Però secondo Novaja Gazeta, il giornale di Anna Politkovskaja, qualcuno ha osato ricordare in pubblico all’attuale premier, Dmitrij Medvedev, che i poliziotti guadagnano cinque volte di più d’un insegnante. E lui ha risposto: vero, io e il mio partito, Edinaja Rossija (Russia unita), lo sappiamo, ma la vostra è una missione. Se cercate quattrini, dedicatevi agli affari. Novaja Gazeta ora chiede le sue dimissioni.
(Internazionale, 26 agosto 2016)