25 Novembre 2021
27esimaora

A Milano la manifestazione in piazza contro i femminicidi e lo sfruttamento

di Monica Ricci Sargentini


Oggi è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La Polizia di Stato ha colorato il proprio sito di arancione, la ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti ha promesso un piano di finanziamenti per i centri che assistono le donne in pericolo e la stampa è piena di proclami e annunci su future strategie per combattere quella che è ormai una strage quotidiana. […] I dati dicono che in Italia dal primo gennaio al 21 novembre quest’anno c’è stato un femminicidio ogni 72 ore, l’8% in più rispetto all’anno scorso, e che le donne vittime del partner o dell’ex sono il 7% in più. L’emergenza, dunque, aumenta e non si corre ai ripari.

Ma non è questa l’unica violenza che subiscono le donne. «È violenza anche considerare la prostituzione un lavoro e pensare di regolarizzarla come è successo in Germania dove ti offrono gli addii al celibato nei bordelli cena compresa. O la pornografia, ormai accessibile ovunque, che veicola l’idea che lo stupro sia una performance sessuale. Pagare una donna perché porti avanti una gravidanza e poi consegni il bambino al committente è violenza. Pagare le ragazze perché vendano i propri ovociti è violenza». Questo il punto di vista della Rete per l’Inviolabilità del Corpo Femminile ,che riunisce molti gruppi e associazioni (Udi, RadFem, Se Non Ora Quando Sisters e tante altre ) che insieme con la rete mondiale Whrc (Women’s Human Rights Campaign) indice un presidio sabato 27 novembre, 14.30, San Babila, Milano.

Per le organizzatrici del presidio sarebbe violenza anche somministrare i bloccanti della pubertà alle bambine e ai bambini che non rispecchiano gli stereotipi di genere. Una piazza, quella di Milano, che intende differenziarsi da quella del movimento Non Una di Meno che propone, per esempio, lo smantellamento della legge Merlin e la depenalizzazione dello sfruttamento e sostiene l’identità di genere, ovvero la possibilità di dirsi donne con un semplice atto all’anagrafe.

Il 22 novembre la rivista scientifica The Lancet ha parlato di «mestruatori» riferendosi alle donne che hanno il ciclo mestruale, qualche mese aveva definito le donne «corpi con vagina». «In nome dell’inclusività – dicono ancora le organizzatrici del presidio milanese — non possiamo più dirci donne. E se qualcuna di noi osa dire che il sesso è reale come è accaduto alla scrittrice J.K.Rowling o alla docente di filosofia Kathleen Stock viene immediatamente attaccata, minacciata di morte, costretta al silenzio». Ma secondo la Rete le donne subiscono violenza proprio i loro corpi sessuati, come capita alle spose bambine, alle ragazze sottoposte a mutilazioni genitali, al le donne costrette al burqa che rende invisibili allo sguardo.

Quando Oriana Fallaci contestò l’uso del chador all’ayatollah Khomeini. Lui le risponde: «Se la veste islamica non le piace, non è obbligata a portarla. Perché il chador è per le donne giovani e perbene».

Recentemente un liceo di Torino ha deciso di adottare l’asterisco nei documenti ufficiali e di non usare più il maschile e il femminile in nome dell’inclusività. Ma secondo le organizzatrici del presidio, «nei Paesi in cui il neutro ha preso piede abbiamo assistito ad un aumento della violenza sulle donne e sulle bambine, gli spazi riservati alle donne si sono ridotti. In Canada i centri di aiuto per le donne maltrattate che non aprivano le porte a chi aveva un corpo maschile hanno dovuto chiudere. Recentemente il Comitato Olimpico ha deciso che i trans MtF (da uomo a donna) potranno partecipare agli sport femminili senza nemmeno il controllo del livello di testosterone».

Intanto alcuni Paesi pionieri dell’identità di genere stanno facendo marcia indietro. «Un contrattacco» come lo ha definito su The Guardian Judith Butler, massima teorica della gender identity. In Gran Bretagna, Svezia, Finlandia, Australia e Nuova Zelanda sono state riviste le norme sull’uso dei bloccanti della pubertà dopo i tanti casi di ragazze e ragazzi «pentiti». In Italia non ci sono dati sul numero dei minori avviati alla transizione da quando nel 2019 l’Aifa ha ammesso l’uso della triptorelina per bloccare la pubertà ai bambini e alle bambine che non si conformano agli stereotipi di genere.


(27esimaora, 25 novembre 2021)

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