4 Novembre 2021
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Aborto farmacologico «autogestito» in telemedicina: una realtà anche in Italia ma il nostro Ssn lo ignora

di Elena Caruso


Il film vincitore del Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia La scelta di Anne – L’Événement (adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo autobiografico di Annie Ernaux) racconta la solitaria e difficile ricerca di un aborto clandestino nella Francia pre-legge Veil, che nel 1975 ha legalizzato l’aborto nel Paese. Come in Francia, anche in Italia le donne abortivano illegalmente nonostante i draconiani divieti del codice fascista, fino alla riforma avvenuta con la legge 194/1978. Certamente, l’ampio divario temporale tra i fatti narrati ne L’Événement e i giorni nostri sembrerebbe un motivo sufficiente per archiviare la premiatissima pellicola solo come una (per quanto eccellente, cruda e necessaria) testimonianza storica di un fenomeno ormai scomparso che in modo molto simile ha interessato anche l’Italia. Ma possiamo veramente liquidarla così?

Interruzione di gravidanza fuori dal Ssn

Guardando all’Italia, se è vero che oggi abbiamo un quadro legislativo che permette, a certe condizioni, di interrompere volontariamente la gravidanza, sappiamo anche che diversi ostacoli si frappongono ancora all’accesso effettivo all’aborto. In questo quadro, non solo le leggi, ma anche il volto dell’aborto effettuato fuori dal Servizio sanitario nazionale è nel frattempo cambiato. Infatti, il fenomeno, lontano dall’essersi estinto, esiste ancora secondo lo stesso ministero della Salute. Nella sua ultima relazione annuale sullo stato di attuazione della legge 194/1978 (pubblicata lo scorso 16 settembre 2021), il ministro Roberto Speranza ha riportato le stime dell’Istat, secondo le quali ogni anno in Italia tra i 10mila e i 13mila aborti sono eseguiti fuori dal Sistema sanitario nazionale. Con un po’ di sorpresa, però, almeno da parte di chi scrive, il ministero della Salute commenta questi dati come rivelatori di una «bassa entità del fenomeno». Eppure si tratterebbe di una quota di oltre il 10% di tutti gli aborti effettuati in Italia (di cui i legali ammontano a 73207). Forse, quindi, questi dati meriterebbero maggiore considerazione? Infatti, non potrebbe essere utile approfondire perché una buona fetta degli aborti in Italia non sono effettuati dentro il Servizio sanitario nazionale? Non sarebbe necessario sapere se esiste un modo per migliorare l’accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza, per renderli più inclusivi e adeguati al tipo di richiesta delle persone incinte? 

Women on web: aborto farmacologico a casa, ma seguite dai medici

Oltre che sollecitata dalla lettura della citata relazione ministeriale, queste domande si sono fatte più pressanti negli ultimi giorni. Risale al 25 ottobre 2021, infatti, la pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale BMJ Sexual and Reproductive Health di uno studio dal titolo Telemedicine as an alternative way to access abortion in Italy and characteristics of requests during the COVID-19 pandemic (traducibile in italiano come La telemedicina come metodo alternativo di accedere all’aborto in Italia e caratteristiche delle richieste durante la pandemia Covid-19). La ricerca analizza le richieste prevenienti dall’Italia per accedere ai servizi di aborto farmacologico in telemedicina offerti dal Women on Web, comparando il numero e le motivazioni delle domande nel periodo prima e dopo l’inizio della pandemia. Con aborto farmacologico si fa riferimento a una procedura di interruzione volontaria di gravidanza che avviene tramite l’impiego di due farmaci, il mifepristone (RU486) e il misoprostolo, assunti a distanza di 48 ore. Con telemedicina, si fa riferimento ad una prestazione medica che si avvale dell’uso di moderne tecnologie (video, chiamate, e-mail). Women on Web è una organizzazione internazionale che fornice servizi di aborto farmacologico in telemedicina alle donne che vivono in Paesi con legislazioni restrittive in materia di accesso all’aborto.

Aumento delle domande di aborto autogestito

Una solida letteratura scientifica ha ormai attestato la sicurezza, efficacia, e affidabilità dei servizi di aborto farmacologico in telemedicina forniti da Women on Web . Nonostante in Italia esista una legge come la 194/1978, lo studio di BMJ Sexual and Reproductive Health sull’Italia dimostra che provengono anche dal nostro Paese richieste di autogestire l’aborto tramite Women on Web, adducendo come motivazione principale della richiesta soprattutto nella fase pre-pandemica esigenze di privacy. La ricerca mostra anche che vi è stato un aumento delle domande di aborto autogestito a Women on Web con l’inizio della pandemia, con i maggiori picchi verificatisi tra marzo e maggio 2020 durante il primo lockdown. E proprio a marzo 2020, su La27Ora, insieme alla ginecologa Marina Toschi, spiegavo perché era necessario che il governo italiano attivasse subito la telemedicina in relazione ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza nel primo trimestre. Anche sull’onda dell’emergenza sanitaria, nell’agosto 2020, le regole sull’erogazione dei servizi di aborto farmacologico sono state modificate, spostando il limite di accesso da sette a nove settimane di gravidanza, e prevedendo un coinvolgimento degli ambulatori e dei consultori quale luoghi in cui effettuare la procedura.

Come funziona nel Regno Unito

Queste nuove regole sono certamente un passo in avanti rispetto alla restrittiva regolamentazione previgente, e vanno nella direzione di ridurre la non necessaria ospedalizzazione dell’aborto almeno nel primo trimestre. Tuttavia, la decisione del ministro Roberto Speranza, per quanto coraggiosa in un Paese conservatore come l’Italia, si presenta in realtà molto timida se paragonata alle scelte che alcuni suoi colleghi hanno compiuto in altri Paesi occidentali. Ad esempio, il governo conservatore inglese ha introdotto un nuovo protocollo per gli aborti fino a dieci settimane di gestazione che è di fatto sovrapponibile a quello dei servizi offerti da organizzazioni come la citata Women on Web. Infatti, ad oggi in Inghilterra, dopo una videoconsultazione con la ginecologa, i due farmaci per abortire (il mifepristone e il misoprostolo) vengono inviati via posta all’indirizzo della persona che intende interrompere la gravidanza nella propria abitazione, senza la necessità di alcun accesso fisico alla struttura sanitaria. Il processo abortivo, che si traduce in una sintomatologia simile a quella di mestruazioni abbondanti, è monitorato a distanza da una ostetrica opportunatamente qualificata. I dati sul primo anno dell’aborto farmacologico in telemedicina hanno evidenziato la soddisfazione delle utenti inglesi, e soprattutto una significativa riduzione dei tempi di attesa rispetto alla precedente modalità in presenza.

Ancora troppi raschiamenti in Italia

In Italia, invece, l’aborto farmacologico ancora fortemente quanto ingiustificatamente ospedalizzato (nonostante qualche eccezione in Toscana e nel Lazio) rappresenta solo il 24,9% di tutti gli aborti eseguiti legalmente nel Paese. Inoltre, è ancora scandalosamente alta la percentuale di aborti eseguiti totalmente con il raschiamento, una tecnica ormai obsoleta e giudicata poco sicura dalla letteratura scientifica internazionale. L’impiego di questa procedura genera una situazione a dir poco paradossale. Infatti, proprio sulla base dei dati forniti dal ministero della Salute, possiamo affermare che una quota di aborti legali eseguiti in Italia non soddisfa gli standard di sicurezza per la salute previsti dalla migliore medicina internazionale e dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità. In sintesi, possiamo dire che non parli almeno un poco anche al nostro qui e ora una pellicola come L’Événement? Come ho osservato, un crescente numero di studi evidenziano che in molti Paesi, anche occidentali, molte donne incinte dinanzi agli ostacoli che lo Stato frappone all’accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza cercano di autogestire il proprio aborto, sebbene disponendo di strumenti quasi ottimali in termini di efficacia e sicurezza rispetto al ferro da calza de L’Événement. Guardando a noi, c’è da chiedersi, anche a fronte dell’ennesimo recente richiamo all’Italia da parte del Consiglio d’Europa proprio sulla insufficiente applicazione della legge 194/1978, per quanto tempo ancora il ministero della Salute potrà ignorare le sistemiche gravi carenze dei servizi abortivi nel nostro paese?

Elena Caruso è ricercatrice alla Kent Law School, Regno Unito e co-fondatrice di Pro-Choice, Rete Italiana Contraccezione Aborto


(27esimaora.corriere.it, 4 novembre 2021)

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