28 Maggio 2019
Pressenza

Ada Colau perde la carica di sindaco a Barcellona. Il Municipalismo non può arrendersi

di Raquel Paricio


Donna forte, Ada Colau, ha dimostrato con il suo partito “Barcelona en Comú”, di essere in grado di portare avanti con sicurezza le politiche sociali più progressiste della democrazia non solo a Barcellona, ma relativamente a tutto lo Stato spagnolo. Proveniente dai movimenti sociali, in particolare dalla lotta per il diritto alla casa, è arrivata alla carica di sindaco di una delle città più attraenti del mondo. È stata la prima donna sindaco della città; non proveniva dalle famiglie che hanno sempre detenuto il potere, ha difeso i diritti pubblici, come l’istruzione e il diritto ai servizi di base, come la casa e l’energia pubblica, si è rivolta agli immigrati e ha affrontato le lobby; questa sindaca così amata da alcuni e così disprezzata da altri non è riuscita a farsi rieleggere per circa 4.000 voti.

Ernest Maragall, il rappresentante di Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), l’avversario con cui si è scontrata nelle ultime settimane della campagna, l’ha superata in voti, ma non in consiglieri (entrambi ne hanno 10 e Colau ne ha perso 1). Maragall è arrivato alla carica di sindaco di Barcellona con una vittoria elettorale che l’ERC non otteneva dal 1939. Fratello del tanto applaudito ex-sindaco ed ex-presidente Pascual Maragall, ha messo in primo piano la libertà dei prigionieri politici ed è stato il grande vincitore municipalista in Catalogna: la sinistra a favore dell’indipendenza si è alleata e non deve affrontare la repressione dello Stato spagnolo.

Ma con questa premessa il cittadino comune perde i suoi diritti ai servizi pubblici. Le politiche di Esquerra Republicana non sono di sinistra. Non lo sono. Alcuni giornalisti hanno sottolineato le politiche neoliberiste di Ernest Maragall, anche se i cittadini lo hanno portato alla carica di sindaco.

Pochi media controllati dal potere hanno difeso Ada Colau, ma anche i più ostili le hanno riservato uno spazio d’onore per mano del giornalista Jordi Évole.

In questi quattro anni la squadra di Barcelona en Comú ha scalato una montagna senza sosta, con tenacia e con tutti i politici contro. Nei colloqui informali con diversi membri, hanno ammesso di sentirsi persi quando sono arrivati al municipio. Gli uffici della grande casa sembravano un labirinto e i contatti e le porte dove fare merenda erano un segreto. Dove sono i bagni? chiedeva scherzoso il vicesindaco. Ma nulla di tutto ciò ha impedito di portare avanti il proposito di aprire un nuovo capitolo della politica urbana e internazionale, un modello di riferimento per il mondo.

Il cambiamento realizzato è andato al di là di un elenco di cose fatte; rispetto a ciò che resta da fare, bisogna ricordare che i problemi di 50 anni non si risolvono in 4. È andato oltre perché è stato un effetto dimostrativo di come la cittadinanza che non proveniva dalle famiglie di sempre potesse arrivare al potere per difendere i diritti della maggioranza delle famiglie, quelle che nessuno ha mai difeso. Con le sue idee progressiste e i suoi legami internazionali, il movimento municipalista è nato per crescere come forza politica contro la paura e l’avanzata dell’estrema destra.

Il movimento municipalista globale ha tenuto il suo primo incontro a Barcellona nel 2017 sotto il nome di “Città senza paura” e ha lanciato una serie di proposte, raccolte in una guida all’azione municipalista che emerge dall’analisi del momento attuale, in cui la paura e l’insicurezza si trasformano in odio e le disuguaglianze aumentano.

«Viviamo in un momento storico eccezionale. Il sogno occidentale del progresso si sta rompendo e tutto cambia a una velocità vertiginosa» dice l’attivista eco-femminista e antropologa Yayo Herrero, che con molte altre affermazioni nel libro “Città senza paura” mostra le politiche femministe, l’ascesa nel XXI secolo delle città contro gli imperi del XIX secolo e gli stati nazionali del XX secolo.

«Il fascismo bussa alla porta, sperando di impadronirsi del bottino della frustrazione. È stato sempre così per tutto il tempo che riusciamo a ricordare», dice Iago Martínez, capo di gabinetto del sindaco di A Corunha.

Il municipalismo libertario nasce dalla giornalista e scrittrice Debbie Bookchin, che si ispira al padre, il teorico municipalista e socialista Murray Bookchin, che negli anni Sessanta si chiedeva: «Come costruire una società più egualitaria? Che tipo di organizzazione politica è la migliore per contrastare il potere dello Stato?» Murray era convinto che il municipalismo offrisse una terza via d’uscita dall’impasse in cui erano bloccate le tradizioni marxiste e anarchiche e che questo cambiamento radicale non si potesse ottenere con il voto.

Secondo Bookchin «il Municipalismo si chiede: cosa significa essere un essere umano? Cosa significa vivere in libertà? Come organizzare la società in modo da organizzare aiuto reciproco, cura e cooperazione?»

Il movimento municipalista costruisce per la città, ma i suoi orizzonti sono molto più aperti, ampi e inclusivi. «Siamo l’unica forza in grado di fermare l’estrema destra» ha dichiarato il vicesindaco Gerardo Pisarello.

In questi giorni di campagna elettorale Ada ha detto molto chiaramente: «Cosa abbiamo fatto in quattro anni? E voi cosa avete fatto in cinquanta? Certo che Barcellona ha dei problemi! Siamo consapevoli dell’eredità lasciataci dalle precedenti amministrazioni comunali?»

La strategia di un cambiamento politico non può essere misurata solo dai chilometri di piste ciclabili costruite (se così fosse, Ada avrebbe vinto di nuovo), ma dal modello sociale che vogliamo realizzare.

In breve, le principali azioni del governo di Barcelona en Comú sono state:

– Una politica basata sul “No alla paura”, in rete con numerosi sindaci di altri paesi

– Difesa costante dei diritti degli immigrati (accoglienza, sostegno ai salvataggi nel Mediterraneo)

– Sostegno alle persone colpite dalla violenza criminale del 1° ottobre (data del referendum per l’indipendenza, N.d.T.) e difesa della causa della Repubblica e del diritto di decidere

– Sfida alle lobbies

– Blocco di oltre 7.000 sfratti

– Politiche di genere al centro del dibattito. Definizione della città come femminista, creando un ente politico per azioni in questo senso e un centro per i diritti LGBT

– Inquinamento come uno dei problemi principali da risolvere

– Municipalizzazione dei servizi (come il dentista gratuito)

– Creazione del più grande operatore elettrico comunale dello Stato

– Ipotesi di gestione pubblica dell’acqua

– Difesa dell’istruzione pubblica con numerose azioni

– Approvazione di una legge secondo cui il 30% degli alloggi costruiti da privati dovrebbe essere destinato a edilizia popolare

– Chiusura di 5.000 appartamenti turistici illegali

– Individuazione di frodi fiscali per oltre 70 milioni da parte di grandi aziende che non pagavano le tasse

E questo è stato l’inizio di qualcosa che non era stato fatto in 50 anni, ma per molti non è stato sufficiente. Nessun potere reale riconoscerà il merito di Barcelona en Comú. Hanno attaccato di continuo la sindaca, prendendola alla sprovvista nelle foto e usando falsità e distorsioni.

La sinistra locale non l’ha mai sostenuta, al contrario di quella intellettuale e progressista a livello internazionale: più di 200 personalità l’hanno appoggiata, o le hanno inviato messaggi di solidarietà. Tra loro la giornalista e scrittrice Naomi Klein, l’ex presidente del Brasile Dilma Rousseff, il filosofo Noam Chomsky, il sindaco di New York Bill de Blasio, il politico e senatore Bernie Sanders e molti altri.

La porta del progresso è rimasta aperta e ha avuto il suo effetto dimostrativo. Speriamo che le politiche a favore dei cittadini non perdano la forza e continuino la loro lotta. Speriamo che i nuovi risultati delle elezioni spagnole non seguano il temibile percorso senza ritorno dell’azione della paura e della repressione delle libertà e della speranza di un essere umano che possa elevarsi sulla via dell’ispirazione.


(Pressenza.com, 28 maggio 2019)

Print Friendly, PDF & Email