2 Gennaio 2022
Corriere della Sera

Antonella Penati: «Il mio Federico ucciso dal padre, vittima di una legge che viene applicata male»

di Giusi Fasano


«Se fosse ancora qui, il mio Federico ad aprile compirebbe 22 anni. Non passa giorno che non pensi a lui. So bene come si può sentire la mamma di questo bambino. Lui non è riuscito ad ammazzarla ma è peggio, mi creda. Morire è più facile, come sa ogni cellula del mio corpo. Io ho davanti agli occhi il mio piccolino nella sua bara bianca. Aveva le manine tagliate perché aveva provato a difendersi, povera creatura. E tutto questo per che cosa? Per un “incontro protetto” con il padre violento. Tralascio i commenti sulla parola “protetto” perché è indecente associarla al mio bambino in quella situazione. Se almeno il suo sacrificio fosse servito a far capire al sistema giustizia che era tutto sbagliato… E invece siamo qui ad aggiungere il nome di un altro innocente alla lista dei morti. Sapesse quanti ne ho contati in questi anni…».

In mano al suo carnefice in nome di una legge

Potrebbe parlare per ore, Antonella Penati. Potrebbe elencare ad uno ad uno i nomi dei figli uccisi dai genitori violenti (quasi sempre uomini). Perché ha annotato tutto da quando Federico, il suo bimbo di quasi nove anni, fu massacrato a coltellate – in un incontro protetto, appunto – nella Asl di San Donato Milanese. Era il 2009. Il diritto di quel padre a incontrare suo figlio era stato stabilito nel nome della bigenitorialità; malgrado quell’uomo fosse stato più volte minaccioso e violento, anche se il piccolo aveva paura e non voleva vederlo e nonostante le suppliche di Antonella che temeva il peggio. Lei aveva pregato assessori, avvocati, giudici, carabinieri, psicologi, assistenti sociali. Niente da fare: Federico quel giorno lasciò la mano della mamma e fu accompagnato dal suo carnefice.

L’applicazione scorretta della norma

Di questa storia nera di Varese, che pure ha dei punti in comune con quella di Federico (l’arma usata, la violenza di lui, l’intento di far pagare a lei il fallimento della relazione) non si conoscono ancora i dettagli. Ma quel che è noto – e cioè che lui fosse agli arresti domiciliari – è sufficiente a sollevare dubbi sul fatto che il suo bimbo, Daniele, dovesse incontrarlo. Veronica Giannone, segretario della commissione Infanzia e Adolescenza e componente della Commissione Giustizia dice che «sono anni che chiedo la sospensione della responsabilità genitoriale in tutti i casi di violenza, maltrattamenti, minacce, stalking, anche senza condanna definitiva. È buon senso, precauzione. Ma l’applicazione scorretta e distorta della legge sulla bigenitorialità, fa sì che tanti bambini siano costretti a passare del tempo con un genitore violento e pericoloso, spesso purtroppo il padre».

Una laurea in criminologia per combattere

Anche Antonella Penati chiede la stessa cosa dal 2009. «Va capovolto il concetto» se la prende. «Non esiste il diritto di un genitore violento a vedere il figlio, esiste il diritto del bambino a essere protetto. Forzare le cose è una violenza istituzionale e le mamme subiscono perché hanno il terrore di vedersi togliere il bambino». Per lei, 58 anni, presidente dell’associazione «Federico nel cuore», è vicina la laurea in criminologia «perché non voglio più sentirmi dire: lei non è una addetta ai lavori. Sulla violenza contro le donne e i minori, sappiatelo, io la laurea me la sono presa sul campo».


(Corriere.it, 2 gennaio 2022)

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