1 Luglio 2020

Che cos’ha il termine transessualità che non va?


Comunicato stampa


La legge contro l’omo-lesbo-transfobia che si discute in Commissione Giustizia alla Camera dei Deputati vuole prevenire violenze e discriminazioni basate su «sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere». Chiediamo al relatore on. Zan perché vuole usare l’espressione identità di genere invece che transessualità?

Scrivere “identità di genere” infatti permette a chiunque di autocertificarsi con un sesso diverso da quello con cui è nato. Un uomo può dichiararsi donna, una donna può dichiararsi uomo, a prescindere dalla realtà del corpo. L’inafferrabile concetto di “identità di genere” ha creato scontri e ingiustizie ai danni delle donne in Inghilterra e negli USA (i casi più noti quelli di J.K. Rowling e Martina Navratilova) e non vogliamo che accada anche qui.

Vogliamo una legge contro l’omo-lesbo-transfobia che non limiti gli spazi delle donne come quote, sport femminili, indagini statistiche, centri antiviolenza e relativi finanziamenti. L’esistenza di questi spazi, conquistati a caro prezzo dentro e fuori il Parlamento, non può essere considerata discriminante nei confronti delle persone transgender.

On. Zan perché non le piace il termine transessualità?

L’espressione identità di genere danneggia i diritti delle donne: è un fatto dimostrato, non un timore.

Se è vero che la sua legge vuole anche andare contro la misoginia, scriva transessualità invece di “identità di genere”: in questo modo i diritti delle persone transessuali saranno garantiti ma non l’autocertificazione di sesso, contraria ai diritti delle donne. Non si affermano nuovi diritti riducendo quelli delle donne, metà del genere umano.


Seguono firme: per vederle consulta la pagina fb con il comunicato


(Arcilesbica Nazionale, 1° luglio 2020)

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