4 Novembre 2023
27esimaora.corriere.it

Contro l’aborto si muovono forze ancestrali. Parola di sociologa

di Vincenza Bufacchi


In Francia, dove l’aborto è legale dal 1975, il presidente Emmanuel Macron ha promesso di inserire il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza nella Costituzione. Ha detto: «Nel 2024 la libertà delle donne di abortire sarà irreversibile». La priorità è metterlo al riparo. Ancora oggi l’aborto continua a essere terreno di scontro tra progressisti e conservatori. Ma perché accade? La mia tesi è che c’entri poco o niente l’amore per la vita e che, invece, ciò abbia molto a che fare con l’antichissimo, ancestrale tentativo di dominare le donne, di controllare le donne, la loro sessualità, la procreazione. Idee, seppur non così esplicitamente declamate, ancora in voga tra le forze conservatrici.

Questo dominio ha due facce, una individuale (il rapporto di un singolo uomo con una donna, il femminicidio come risoluzione estrema di un conflitto) e una sociale: lo Stato che controlla la capacità procreativa come una leva di politica demografica. In entrambi i casi si assume che il corpo della donna non sia della donna, non le appartenga. Nella Storia antica e recente non mancano gli esempi: lo ius primae noctis, il diritto del signore feudale a trascorrere la prima notte di nozze con la moglie del servo della gleba, sul cui effettivo esercizio persiste un profondo disaccordo tra gli storici, ma questo poco o nulla interessa, perché è comunque espressione di un ordine simbolico: non era una pratica sessuale, ma piuttosto l’affermazione del potere politico sulla capacità di procreare delle donne, la procreazione doveva essere compatibile con l’ordinamento sociale e con le risorse di quell’ordinamento.

Più di recente, il regime fascista aveva istituito la tassa sulla infecondità, cioè fare figli non atteneva alla scelta delle persone e in primo luogo delle donne, ma era una prerogativa dello Stato. Si potrebbero fare tanti altri esempi che non riguardano la procreazione, ma la sessualità delle donne: l’istituzione della figura giuridica del delitto d’onore o del matrimonio riparatore. Insomma, teorie, pratiche, reati tutti tendenti a limitare la libertà delle donne, a considerare il loro corpo come un “contenitore” che lo Stato decide come “usare”. Si torna alla necessità di comprimere il potere delle donne di generare, un potere ben maggiore di quel potere di vitae et necis prerogativa esclusiva del sovrano che non aveva il potere di dare la vita, ma di risparmiare la vita non dando la morte.

La crociata in corso ormai da anni negli Stati Uniti sull’aborto, e non solo negli Stati Uniti, conferma che la posta in gioco è sempre la stessa. Come vedremo Stato e Chiese sono spesso alleati in queste battaglie. Siamo nel 2019, Trump è stato eletto nel 2017 e sarà presidente fino al 2021. L’aborto è consentito in tutti i 50 Stati dalla storica sentenza del 1973 Roe vs. Wade, con la quale la Corte aveva riconosciuto ad una donna texana, Norma Mc Corvey, il diritto di interrompere la gravidanza. Nell’emettere questa sentenza la Corte si era appellata al IV emendamento della Costituzione americana che protegge corpo, casa, proprietà dall’ingerenza dell’autorità. Nessuno Stato americano però inserisce questo diritto nelle Costituzioni che a quel tempo vietavano l’aborto o legifera in materia perché la sentenza federale rende l’aborto legale in tutti gli Stati.

Nel 2019 le campagne dei movimenti pro-life e no-choice trovano sponda in alcuni Stati, Alabama, Kentucky, Ohio, che adottano la legge del “battito cardiaco” limitando l’aborto alla sesta settimana di vita del feto. In Alabama si tenta di approvare una legge che non consente l’aborto nemmeno nei casi di stupro o incesto. In Georgia viene attribuita personalità giuridica al feto, perciò l’aborto è a tutti gli effetti un omicidio, punibile al rientro nello Stato anche quando la donna lo praticasse all’estero. Ci sono ovviamente anche Stati progressisti che legiferano diversamente come New York, Illinois, Massachusetts.

Sempre nel 2019 il 58% degli americani e delle americane pensa che l’aborto dovrebbe essere consentito sempre o quasi sempre, il 37% che invece dovrebbe essere vietato sempre o quasi sempre, solo il 15% sempre, quindi anche in caso di stupro o incesto. Alleati dei no-choice e pro-life sono i nuovi movimenti protestanti come gli evangelici, non i movimenti storici protestanti come gli episcopaliani e i metodisti, più tolleranti. Dove la politica si salda alla religione?

Trump promette agli evangelici, il primo gruppo religioso americano, suoi sostenitori, di nominare alla Corte Suprema americana nuovi giudici antiabortisti. Così avviene tra il 2017 e il 2020, con Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett (quest’ultima al posto di Ruth Bader Ginsburg, femminista). Come previsto, il 24 giugno 2022 la Corte Suprema americana ha abolito la storica sentenza del 1973. Da quel momento gli Stati sono di fatto liberi di legiferare in materia. Ora l’aborto è consentito in 14 Stati americani – California, Colorado, Connecticut, Delaware, Hawaii, Illinois, Maine, Maryland, Massachusetts, New Jersey, New Mexico, New York, Oregon, Vermont, Washington – e nel Distretto della Columbia. In altri 16 Stati l’aborto è vietato o fortemente limitato. In questi Stati l’aborto è legale solo in caso di pericolo di vita per la madre o di gravi malformazioni fetali. Infine, in 20 Stati l’aborto è illegale o quasi illegale. In questi Stati l’aborto è vietato in qualsiasi momento della gravidanza, con eccezioni molto limitate. In 11 di questi ultimi 20 Stati l’aborto è vietato anche in caso di stupro o incesto.

Intanto Trump, incurante dei sondaggi e ignaro del referendum italiano del 1981, ha perso le elezioni del 2021. A determinare la sua caduta è stata decisiva la sua posizione sull’aborto e soprattutto le conseguenze politiche delle nomine di giudici antiabortisti alla Corte Suprema con tutto quel che ne è conseguito nelle legislazioni sull’aborto degli Stati. La legislazione più o meno tollerante sull’aborto coincide con la divisione tra Stati democratici-progressisti e Stati repubblicani-conservatori. È facile, quasi ovvio, rilevare che tutto questo a poco o niente a che fare con la donna, la gravidanza, la vita, l’amore per la vita. Non per caso l’Alabama, che è uno degli Stati più oltranzisti, ha il più alto tasso di mortalità infantile, il più alto tasso di mortalità durante il parto, il più basso tasso di assistenza alle donne incinte e alle neomamme. E, invece, ha molto a che fare con i sistemi conservatori e autoritari di controllare la procreazione a fini politici, ha a che fare con la limitazione, il controllo ancestrale della capacità di generare, un potere assoluto ben maggiore di qualsiasi potere.


(27esimaora.corriere.it, 4 novembre 2023 – Letture)

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