8 Gennaio 2019
Casablanca

Da Lina Merlin a Rachel Moran

di Franca Fortunato

 

A sessant’anni di distanza dalla legge della senatrice socialista Lina Merlin, che ha messo fine ai bordelli di Stato e alla regolamentazione della prostituzione, un’altra donna, Rachel Moran, irlandese, sopravvissuta alla prostituzione ne ha reso possibile la sua fine. Rachel Moran con il suo libro Stupro a pagamento – La verità sulla prostituzione (Round Robin editore) ha raccontato, pensato, studiato, a partire da sé, la prostituzione e, con parole mai dette prima, ne ha svelato la vera causa, una sessualità maschile degradata e degradante che per millenni, con la complicità degli altri uomini, si è autorizzata a impossessarsi e violare il corpo femminile in cambio di denaro. La Merlin, con la sua legge, approvata dal Parlamento italiano dopo dieci anni dalla sua presentazione (1948-1958), mirava a cancellare la stigmatizzazione delle prostitute e dare loro dignità e libertà, rifiutando l’idea della prostituzione come lavoro e immaginandone la fine attraverso l’invenzione di nuovi rapporti tra donne e uomini. Quel tempo è venuto, è il nostro, è qui ed ora. «Secoli di complicità tra uomini – scrive Luisa Muraro nell’ultimo Sottosopra “Cambio di civiltà – Punti di vista e di domanda” della Libreria delle donne di Milano –, di assoggettamento delle donne, di moralismo ingiusto, di cattiva letteratura e di assuefazioni, hanno portato la società a non rendersi conto che la ferita inflitta all’umanità con la pratica della prostituzione, non è accettabile. E non lo è mai stata. Non ci sono regole che tengono. Così come è accaduto per i ricatti sessuali sul posto di lavoro da parte di quelli che hanno più potere, verrà il momento – ed è questo – in cui la non ineliminabile vergogna della prostituzione, sempre rigettata sulle donne, tornerà alla sua vera causa, che è una concezione maschile degradata del desiderio e della corporeità».

Lina Merlin con la sua legge mise al bando le “case chiuse” dette così – come spiega Silvia Niccolai nel suo scritto La legge Merlin eredità femminile da riconoscere (Libreria delle donne) – perché c’era l’obbligo di tenere le persiane e le porte serrate, di modo che non fossero visibili all’esterno le attività che all’interno si conducevano; nelle case le donne vivevano recluse, non potevano uscire se non accompagnate dalle tenutarie, e a date ore del giorno; erano sottoposte a visite sanitarie obbligatorie, spesso vere vessazioni da parte del personale medico, che vi lucrava; se risultavano affette da malattie veneree le donne venivano confinate in sifilocomi; essendo “librettate”, cioè dotate di una carta che le autorizzava alla professione – la prostituzione libera era considerata clandestina e come tale vietata, e spesso l’individuazione di una “clandestina” equivaleva a un reclutamento coatto nel bordello per tramite della polizia – portavano lo stigma per tutta la vita: essere segnate come prostitute impediva le buone referenze necessarie a trovare un lavoro, mentre sposare un’ex prostituta, per un dipendente dello Stato o un membro dell’Arma, valeva la radiazione. La Merlin con la messa al bando delle “case chiuse” respingeva l’idea della prostituzione come professione, come attività economica, come lavoro basato su un contratto commerciale. È questa, invece, l’idea che è continuata a prevalere dopo di lei fino a noi, rendendo così invisibile il diritto d’accesso sul corpo della donna, che gli uomini si sono accordati. La prostituzione è il mestiere più antico del mondo. Quante volte l’abbiamo letto o sentito dire! No, la prostituzione non è un lavoro, non lo è mai stato, ma è, e lo è sempre stato, violenza del prostitutore sul corpo femminile, è stupro, commercializzazione di un abuso, ricerca del piacere del dominio, del poter disporre dell’altra a proprio piacimento. «Quando un buon padre di famiglia – ricorda Alessandra Bocchetti sul Sottosopra “Cambio di civiltà” – accompagnava al casino per la prima volta suo figlio quindicenne, lo faceva diventare uomo, si diceva. Quel padre insegnava in questo modo l’ordine del mondo, che un corpo di donna si può comprare, che esistono le donne per bene e quelle per male, che quelle per male esistevano per il piacere, e quelle per bene esistevano per fare e curare la famiglia. Insegnava che il piacere maschile era autorizzato, necessario e dovuto. Insegnava che le donne per bene non avevano mai voglia di scopare, che quella voglia ce l’avevano quelle per male». Rachel Moran riesce a scrivere il suo libro con grandissima fatica solo dieci anni dopo essere uscita dalla prostituzione e arriva alla sua dolorosa consapevolezza scavando dentro di sé, ascoltando tante altre sopravvissute e quelle che ha incontrato nei sette anni in cui è stata prostituita (dai15 ai 22 anni). Da sopravvissuta è riuscita a riprendere gli studi, laureandosi poi in giornalismo e diventando un’attivista di Space International, un’associazione che raccoglie sopravvissute alla prostituzione di nove paesi del mondo e si batte per l’abolizione della prostituzione e la criminalizzazione dell’acquisto del sesso, come è già avvenuto per legge in Svezia (1999), Irlanda e Norvegia. La prostituzione non finirà mai. Quante volte abbiamo letto o sentito dire anche questo! No, non è vero, un mondo senza prostituzione non solo è possibile, ma comincia già ad esistere, basta reprimere la domanda di acquisto di sesso.

Con il suo libro Rachel Moran ha fatto della sua consapevolezza di donna coscienza collettiva, ed è per questo che la Muraro parla di «un grande libro femminista», perché «la rivoluzione femminista comincia da dentro e comincia ogni volta che una donna prende la parola per raccontare di sé alle altre, sapendo che sarà ascoltata e creduta». A tutte/i coloro, anche tra le femministe, che pensano alla regolamentazione della prostituzione come un lavoro, retto come ogni altro da un contratto – è del Pd la più recente proposta di legge per la regolamentazione della prostituzione e ha il sostegno della Cgil e sono molti, tra cui i leghisti, che periodicamente invocano la cancellazione della legge Merlin e la riapertura delle case chiuse – Carole Pateman, a trent’anni dalla legge Merlin, nel suo libro Il contratto sessuale (Moretti & Vitali) aveva già risposto: «Quando i corpi delle donne vengono messi in vendita come merci sul mercato capitalistico […] gli uomini vengono pubblicamente riconosciuti come padroni sessuali delle donne. Ecco che cosa non va nella prostituzione». Rachel Moran oggi aggiunge: «Il mito della puttana felice non ha nessun senso logico, perché la caratteristica peculiare delle persone libere risiede nell’inviolabilità del loro corpo mentre il marchio distintivo della prostituta è che il suo corpo non è inviolabile […]. Nel tentativo di restituire dignità alle persone prostituite, si dà dignità alla prostituzione, chiamandola lavoro e cancellando la violenza». Lina Merlin, all’alba della vita repubblicana, a un collega di partito, che difendeva la prostituzione e i bordelli per la loro importante funzione di “sevizio sociale”, un giorno nei corridoi di Montecitorio gridò: «Allora perché non ci mandi tua moglie o le tue figlie?». In una occasione pubblica, dopo aver presentato la sua legge, un gobbo le si avvicinò e le chiese: «Ma come potrà fare un povero gobbo?». E lei rispose: «Caro signore, faccia come fanno le povere gobbe».

Dopo cinquant’anni di lotte e lavoro politico, sono le donne, oggi, a dire come gli uomini si devono rapportare al corpo femminile. Come hanno fatto con la presa di parola pubblica alcune attrici famose di Hollywood che, dopo Asia Argento, hanno accusato il potente produttore cinematografico Weinstein, dando vita al movimento #MeToo per dire basta al ricatto sessuale sul posto di lavoro, come hanno fatto anche le dipendenti di Google, scese il 1° novembre scorso in tutte le piazze del mondo, insieme ai loro colleghi, per dire basta alle molestie sessuali dentro l’azienda, come ha fatto Rachel Moran con il suo libro e il suo movimento delle sopravvissute alla prostituzione che hanno detto basta allo stupro a pagamento, basta alla vendita sul mercato del corpo delle donne, ridotto a merce. Un basta, che vale anche per la commercializzazione del corpo femminile nella gestazione per altri (Gpa) o utero in affitto. La libertà del mercato neoliberista, che umilia il corpo delle donne, non ha niente a che fare con la libertà femminile. Sono le donne che oggi stanno rendendo possibile un cambio di civiltà nei rapporti con gli uomini, perché non accada più quello che è accaduto e che non doveva nemmeno cominciare.

(Prostituzione felice?, Casablanca – Le Siciliane, novembre-dicembre 2018)

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