24 Febbraio 2023
NonMollare - Supplemento quindicinale di Critica Liberale

Donne di potere lasciano: il lato oscuro della politica

di Angelo Perrone


L’addio alla leadership della scozzese Nicola Sturgeon e della neozelandese Jacinda Arden, e di diverse donne ai vertici di grandi aziende, non è espressione di fragilità femminile di fronte allo stress o alle responsabilità. Piuttosto un segnale di corruzione della vita sociale: prevale la disumanizzazione delle relazioni ed è vietato rallentare il ritmo pena l’esclusione dal potere. L’addio alla leadership di donne di potere, come la scozzese Nicola Sturgeon e la neozelandese Jacinda Arden, sembra, in un mondo di uomini aggrappati alle poltrone nonostante sconfitte e disavventure, una rara eccezione.

La politica non è l’unico campo. Nella culla californiana della tecnologia americana, Susan Wojciki, alla guida di You Tube dopo aver fondato Google, si è appena dimessa: «motivi personali». Lo avevano già fatto altre “regine” degli affari, Sandberg (Facebook), Whitman (Hewlett-Packard), Mayer (Yahoo). Quella non è una Valley per donne. L’uscita di scena nella vita pubblica è fragorosa.

«La politica è brutale», ha osservato la Sturgeon. «So che non ho più abbastanza energie per questo lavoro di responsabilità», aveva detto la Arden. Entrambe, per spiegarsi, hanno ripetuto lo stesso concetto, «sono un essere umano». Sarebbe accaduto lo stesso se si fosse trattato di uomini? Le ragioni richiamano la pesantezza dei compiti e la difficoltà di farvi fronte. Coerenza e responsabilità, stanchezza e solitudine. Le dimissioni sono una via di fuga da un’esperienza faticosa. C’è sollievo («ho dormito bene per la prima volta dopo tanto tempo», ha commentato la Arden) per il ritorno alla normalità. Nessuna nostalgia per la perdita della ribalta. Motivazioni personali, a cui devono aver contribuito sollecitazioni politiche. La premier neozelandese Arden, donna, giovane, progressista, ha abbattuto roccaforti della tradizione patriarcale, all’insegna del motto «be strong, be kind», siate forti, siate gentili, che unisce concetti contrapposti, la fermezza e la gentilezza. Ha proibito nel 2019 la vendita di armi dopo la strage di 50 mussulmani a Christchurch promettendo tutela per la minoranza religiosa. Prima, nel 2018, aveva pronunciato un discorso innovatore all’assemblea dell’Onu, viaggiando con la figlia neonata e giocandoci fino a pochi minuti prima di prendere la parola. Soprattutto, a differenza di altri paesi anglosassoni, ha tenuto una posizione rigida nella lotta al Covid 19 salvando tante vite: ingiustamente ha pagato una perdita di popolarità. Quanto alla premier scozzese Sturgeon, questa donna in carica da otto anni ha coltivato l’idea dell’indipendenza dal governo di Londra. La sua strategia – un fallimento – si è arenata dopo gli insuccessi. L’anno scorso la Corte suprema britannica ha bocciato la proposta di un nuovo referendum separatista. Soprattutto, la vicenda della legge sul cambiamento di genere, ammissibile dai 16 anni e con la sola autocertificazione, è sembrata agli stessi scozzesi un errore clamoroso, controproducente per la causa indipendentistica: è accaduto che, dopo una singolare autocertificazione, uno stupratore di molte donne sia stato assegnato in un carcere femminile per scontare la pena.

Lo scettro del potere pesa di più sul femminile? Il logorio è più faticoso per le donne? Domande giustificate se volte a verificare il funzionamento della vita pubblica, non a valutare la capacità di resistenza delle donne (quasi che fossero meno capaci). Si tratta di vedere se le tradizioni siano penalizzanti per le donne. Ancora, si dovrebbe considerare quanto per le donne siano inique le regole di ingaggio. Interrogativi di questo tipo tradiscono il pregiudizio di genere, l’idea che la donna non sia diversa, ma abbia una fragilità congenita che, insieme a minori doti di adattamento, la renda inadatta al comando. Il potere non fa per la donna. Il confronto con il genere maschile è terreno improprio quando non mette in discussione i presupposti logici. Il sistema politico nel quale le donne farebbero fatica ad operare è disegnato per gli uomini, ma il punto è che l’ordine diffuso ha generato disumanità. Rinunciando a valorizzare il ruolo della donna, il sistema è diventato squilibrato, oltre che inefficace.

Dopo aver ascoltato l’ennesimo monologo sulla disparità di diritti tra uomo e donna, andrebbe aperto un altro registro. La riduzione della donna a funzione e il mancato apprezzamento della sua diversità ha provocato una menomazione della visuale generale. Il sistema politico, ma non solo questo, implica la subordinazione della persona al ruolo, l’identificazione del soggetto con il progetto perseguito, l’asservimento a scopi altrui. Le regole correnti importano l’impossibilità di leggere il mondo in modo equilibrato, l’incapacità di stabilire giuste priorità, di scandire il tempo del proprio fare. Nell’anno trascorso, dicono le statistiche, un milione e seicentomila persone in Italia ha lasciato il lavoro, a prescindere dal bisogno di sostentamento. Motivazione prevalente: la ricerca di condizioni esistenziali migliori. Il lavoro cessa di avere il primato sul benessere esistenziale. Ancora: bisognerebbe approfondire perché le nuove generazioni avvertano sollecitazioni eccessive da scuola e famiglia. Sono discutibili i metodi educativi, ma non si spiega perché la vita stessa sia percepita come muro impossibile da scalare.

Le dimissioni spontanee di due leader di successo non sono un cedimento allo stress, una debolezza femminile di fronte alle responsabilità. Difetti superabili con la maschilizzazione del femminile. Quelle decisioni mostrano il lato in ombra della politica e della vita sociale, il divieto di rallentare il ritmo, pena l’esclusione dal potere. È l’altra faccia, la più insidiosa, dello sviluppo moderno, incentrato su smaterializzazione della realtà e disumanizzazione delle relazioni.


(NonMollare – Supplemento quindicinale di Critica Liberale, 20 febbraio 2023)

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