30 Marzo 2022
Wired

Due volte vittima

di Maria Cafagna


Le donne soffrono molto spesso della così detta vittimizzazione secondaria – o victim blaming – ovvero a loro, e non a chi l’ha commessa, viene data la responsabilità dell’avvenuta violenza. Spostando l’attenzione dal comportamento dell’aggressore a quello dell’aggredita, si cerca di deresponsabilizzare chi ha commesso il reato e a volte ci si riesce, specie perché i pregiudizi misogini e la cultura sessista pervadono nel nostro sistema culturale, sociale e giudiziario, come ha documentato la commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio.

Serve indubbiamente più formazione, a tutti i livelli, non solo quelli di gip e pm. Sul tema della violenza di genere devono essere preparati consulenti, psicologi, periti, avvocati, ovvero tutte le figure che intervengono in un percorso processuale – ha dichiarato ad Avvenire la senatrice Valeria Valente, presidente della commissione d’inchiesta sul femminicidio e la violenza di genere –  se questa preparazione la troviamo già nelle procure delle grandi città, non è altrettanto diffusa in quelle dei piccoli centri o nel campo della giustizia civile. Il punto è che ci sono segnali che non possono più essere sottovalutati e servono urgentemente fondi da destinare a questo ambito”.

In questi casi le donne sono vittime due volte: la prima da parte degli uomini abusanti, la seconda da chi dovrebbe garantire loro protezione e giustizia. Anche Laura Massaro è stata vittima due volte, la prima di un marito violento e la seconda della giustizia italiana, che le ha prima strappato il figlio e che lo scorso 24 marzo, dopo nove lunghi anni, le ha dato ragione con una sentenza storica che non cambierà solo la sua vita e quella di suo figlio, ma anche quella di tante altre madri e di tante/i altre/i minori.

Massaro aveva denunciato l’ex compagno violento dal quale aveva chiesto e ottenuto la separazione, ma durante il processo era stata accusata dai legali del suo ex di “alienazione parentale”, ovvero di aver circuito il figlio per convincerlo a non voler incontrare il padre e ad avere qualsiasi contatto con lui.

Come ha raccontato Ilaria Boiano, avvocata di Massaro, a un certo punto il tribunale di Roma ha disposto anche l’allontanamento dalla madre nonostante non fossero state dimostrate condotte irregolari da parte sua: “per tre volte agenti in borghese e assistenti sociali hanno provato a entrare in casa e portare via mio figlio” ha raccontato Laura Massaro a RepubblicaIl loro progetto era quello di resettare, pensate, il suo cervello, per favorire l’incontro con un padre che lui non vuole vedere: è disumano”.

Il ragazzo era destinato ad andare in una casa famiglia, ma Laura Massaro non ha mai smesso di lottare per vedere riconosciuti i suoi diritti di madre, diventando così uno dei volti simbolo della lotta contro i promotori e le promotrici della sindrome da alienazione parentale.

Il caso che ha coinvolto Laura Massaro e suo figlio non è raro: sono tante le donne coinvolte in separazioni burrascose che si vedono rivolgere in tribunale l’accusa di voler allontanare con l’inganno i propri figli o le proprie figlie dai padri: “donne che da vittime di botte e persecuzioni si ritrovano ad essere definite colpevoli” come racconta Maria Novella De Luca su Repubblicatanto da essere punite con l’allontanamento dei figli, collocati con la forza o presso quei padri di cui hanno paura, o in case famiglia, senza contatti con le madri. Lo scopo di questi uomini è che il cervello dei loro figli o delle loro figlie venga “resettato” nella solitudine e nella sofferenza per ricomporre la relazione (quasi sempre impossibile) con il padre”.

Nel 2019 migliaia di donne scesero in piazza dopo che il senatore della Lega Simone Pillon aveva avanzato una proposta di legge che voleva rendere obbligatoria (e a pagamento) la mediazione di un consulente durante le cause di divorzio e separazione, sanciva il diritto alla bigenitorialità e il contrasto all’alienazione genitoriale. Il ddl Pillon venne contestato non solo dalle associazioni femministe, ma anche dagli operatori e dalle operatrici dei centri anti-violenza, che denunciavano proprio la possibilità che i bambini finissero nelle mani di padri violenti e potenzialmente pericolosi.

La Corte di Cassazione, dando ragione a Laura Massaro, ha messo nero su bianco che “il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre” e ha inoltre aggiunto che il principio di bigenitorialità perfetta – quello per cui i padri e le madri separate devono passare la stessa quantità di tempo con i figli o con le figlie – non può non tenere conto del contesto familiare e delle esigenze di minori.

Già lo scorso anno la Corte di Cassazione si era espressa contro la decisione del tribunale di Treviso di concedere l’affidamento esclusivo di un figlio di 6 anni al padre, richiamando i giudici a non fidarsi solo del parere dei consulenti ma di procedere a un’indagine approfondita delle esigenze del minore e del contesto familiare.

Ancora una volta la legge dà ragione alle donne vittima di violenza, seppure dopo tanti sforzi e fatiche da parte di chi, come Laura Massaro, ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze di un sistema iniquo verso le donne.

La battaglia continua” ha dichiarato Laura Massaro all’indomani della sentenza “Noi siamo tutte vittime di violenza istituzionale. Però il mio consiglio è quello di mantenere, in un angolo del cuore, la speranza e un po’ di fiducia nella giustizia”. Però, quanta fatica.


(Wired, rubrica Roba da femmine, 30 marzo 2022)

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