5 Maggio 2020
Duoda

Essere madre, essere figlia. Esperienze di libertà femminile

Seminario internazionale 9 maggio 2020


Introduzione

di Laura Mercader Amigó

Ci chiediamo perché è ancora così difficile dire parole libere dal patriarcato nella relazione madre/figlia. La questione è politica, risponde all’idea che la relazione madre/figlia fonda la soggettività femminile e, con essa, le relazioni tra donne e la genealogia femminile (Luce Irigaray, Luisa Muraro). Cioè, fonda l’anima di ciascuna, la qualità delle relazioni femminili e la storia stessa delle donne. Scoprire che la madre ritorna sempre (Diana Sartori), lei ritorna, oscura o splendente, così che noi torniamo a lei, afflitte o gloriose, è stata una grande visione politica, oltre che un’esigenza vitale per noi donne che l’abbiamo incorporata nella vita attraverso la pratica politica.
Una volta scoperta la natura politica di questa relazione (tra le altre, le filosofe della comunità femminile Diotima dell’Università di Verona), come evitiamo di cadere in quelle operazioni che ancora puzzano di ideologia patriarcale? Per esempio, come evitiamo di cadere nell’idealizzazione, nel risentimento o nella “matrofobia” (Adrienne Rich), cioè, nel caso della figlia, la paura paralizzante di assomigliare a ciò che non le piace della madre, o la “filiofobia”, che sarebbe, secondo quella stessa logica, la paura pietrificante della madre che la figlia le rimandi lo specchio di ciò che non le piace di sé. L’idealizzazione copre un conflitto profondo, il risentimento impedisce l’apertura relazionale, la “matrofobia” o la “filafobia” confondono nella fusione. Coprire, ostacolare e confondere sono tre movimenti interiori (sicuramente ce ne sono altri) che distruggono il libero rapporto materno e, con esso, le relazioni tra le donne. A Duoda lo osserviamo spesso. Anche le donne più giovani, il cui rapporto con la madre porta meno peso patriarcale, rimangono inconsapevolmente coinvolte in queste manovre di ostilità, che non permettono loro di aprirsi alla politica delle relazioni basate sulla disparità e sull’“affidamento”.
Può essere che una via d’uscita all’aria sia quella di imparare a sbrogliare la confusione tra la madre immaginaria e la madre reale, cioè imparare a separare l’idea della madre che ogni figlia fissa in se stessa per tutta la vita, piena di fardelli emotivi e proiezioni affettive (Buzzatti e Salvo), dalla madre concreta, una donna comune che donandoci la vita ci dà niente di meno che il corpo e la parola (Luisa Muraro), una donna con la sua madre immaginaria, problemi, conflitti, doni, virtù e grandezza.
La filosofa Wanda Tommasi, l’artista e pedagoga culturale Rosario García-Huidobro Munita e l’artista e performer Mar Serinyà Gou daranno alcune chiavi, ciascuna dalla sua esperienza e pratica – le une dal luogo della figlia (Wanda e Mar), l’altra da quello della madre (Rosario) – per trascendere gli attaccamenti e creare simbolico libero della madre concreta. La libera relazione materna è ciò che crea il simbolico della madre concreta (María-Milagros Rivera Garretas).


(www.libreriadelledonne.it, 5 maggio 2020. Traduzione dallo spagnolo di Luciana Tavernini. Per partecipare al seminario online vai a: https://eu.bbcollab.com/)


XXXI Seminario Público Internacional 2020

Ser madre, ser hija. Experiencias de libertad femenina

Sábado 9 de mayo 2020, 10:00 – 19:00 h.


Introducción al Seminario:


Por qué sigue siendo tan difícil poner palabras libres de patriarcado a la relación madre / hija, nos preguntamos. La pregunta es política, responde a la idea de que la relación madre / hija fundamenta la subjetividad femenina y, con ella, las relaciones entre mujeres y la genealogía femenina (Luce Irigaray, Luisa Muraro). Esto es, funda el alma de cada una, la calidad de las relaciones femeninas y la historia misma de las mujeres. Descubrir que la madre siempre vuelve (Diana Sartori), vuelve ella, oscura o esplendorosa, para que volvamos a ella, afligidas o gloriosas, ha sido una visión política grande, a la vez que una necesidad vital para las mujeres que la hemos incorporado en la vida mediante la práctica política. 

Una vez descubierta la naturaleza política de esta relación (entre otras, las filósofas de la comunidad femenina Diótima de la Universidad de Verona) ¿cómo hacemos para no caer en esas operaciones que siguen oliendo a ideología patriarcal? Por ejemplo, cómo hacer para no caer en la idealización, en el resentimiento o en la “matrofobia” (Adrienne Rich), en el caso de la hija, esto es, en el temor paralizante de la hija a parecerse a lo que no le gusta de la madre, o en la “filiafobia”, que sería, según esa misma lógica, el temor petrificante de la madre a que la hija le devuelva el espejo de lo que a ella no le gusta de sí misma. La idealización tapa un conflicto profundo, el resentimiento impide la apertura relacional, la “matrofobia” o “filiafobia” confunden en la fusión. Tapar, impedir y confundir son tres movimientos interiores (seguro que hay más) que destruyen la relación materna libre y, con ella, las relaciones entre mujeres. En Duoda lo observamos a menudo. Incluso las más jóvenes, cuya relación con su madre lleva menos carga patriarcal, se quedan atrapadas inconscientemente en estas maniobras de hostilidad, lo cual no les permite abrirse a la política de las relaciones basada en la disparidad y el “affidamento”. 

Puede que una vía de salida por el aire sea aprender a desenredar la confusión entre la madre imaginaria y la madre real, o sea, aprender a separar la idea de la madre que cada hija fija en sí a lo largo de la vida, llena de cargas emocionales y proyecciones afectivas (Buzzatti y Salvo), de la madre concreta, una mujer corriente que al darnos la vida nos regala nada menos que el cuerpo y la palabra (Luisa Muraro), una mujer con su propia madre imaginaria, problemas, conflictos, dones, virtudes y grandeza. 

La filósofa Wanda Tommasi, la artista y pedagoga cultural Rosario García-Huidobro Munita y la artista y performera Mar Serinyà Gou darán algunas claves, cada una desde su experiencia y su práctica −unas desde el lugar de la hija (Wanda y Mar), otra desde el de la madre (Rosario)−, para trascender los apegos y hacer simbólico libre de la madre concreta. La relación materna libre es la que hace simbólico de la madre concreta (María-Milagros Rivera Garretas). 


Laura Mercader Amigó


(http://www.ub.edu/duoda/ Entrada libre, 9 de mayo de 2020.

Participación telemática: https://eu.bbcollab.com/)

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