6 Giugno 2023
Avvenire

Gestazione per altri, da tutto il mondo il sostegno alla legge italiana sul “reato universale”

di Antonella Mariani


«I deputati italiani hanno oggi una opportunità storica»: dichiarare fuorilegge la pratica della gestazione per altri (Gpa), «nuova forma di tratta», dovunque sia realizzata. «Attendiamo il loro voto con speranza e fiducia». Un potente sostegno alla proposta di legge che approderà in aula il 19 giugno e che rende la maternità surrogata reato universale, cioè anche se commesso all’estero (da cittadini italiani, s’intende) arriva dalle più importanti organizzazioni abolizioniste di tutto il mondo e da un drappello di femministe dai nomi altisonanti, dalla francese Agacinski all’americana Corea.

Pochi giorni fa oltre 500 intellettuali e politici italiani di area progressista hanno avviato una petizione contro la maternità surrogata, vista come lesiva della dignità delle donne e dei bambini, ma senza nominare espressamente la proposta di legge, sostenuta da tutto il centro destra. Ragioni politiche, evidentemente. Preoccupazioni di casacca che non toccano chi in questi anni ha imbastito una articolata rete per l’abolizione universale della maternità surrogata. In primis la Rete italiana per linviolabilità del corpo femminile che ha rilanciato la grande mobilitazione internazionale per l’utero in affitto reato universale, insieme a Radfem Italia e Finaargit (rete femminista internazionale contro ogni riproduzione artificiale, ideologia gender e transumanesimo).

La coalizione Ciams, che raggruppa 40 sigle in 14 Paesi, nel suo comunicato promette di «sostenere il lavoro dei parlamentari italiani», ricordando che la surrogata «genera un mercato in piena espansione, che utilizza come materia prima le donne e tratta il bambino come una cosa di cui si può commerciare» e infine ricorda i nomi («Iryna, Brooke, Premila… ») di sei madri surrogate morte durante la gestazione su commissione. L’attivista americana Jennifer Lahl, fondatrice della campagna internazionale Stop Surrogacy Now, afferma di «supportare la legge italiana»: se passerà, «sarà un passo positivo verso l’abolizione di questo commercio globale di bambini e darà un esempio per il mondo che le donne non si affittano e i bambini non si vendono». Il network femminista australiano Resistenza alla ingegneria riproduttiva e genetica (Finrrage) ricorda che «la surrogazione è una violazione dei diritti umani e uno sfruttamento della gestante, della donatrice di ovuli e del neonato che non ha mai chiesto di essere un bambino take-away. Essa viola la Convenzione dell’Onu sui diritti dei bambini e deve essere abolita a livello internazionale». Yoshie Yanagihara, a capo della Coalizione giapponese contro le pratiche di surrogazione, ricorda che le donne asiatiche sono le più vulnerabili e richieste dalle coppie ricche di tutto il mondo: la legge italiana, sostiene, potrà «contribuire allo stop di questa nuova forma di sfruttamento delle donne».

A questo forse inaspettato sostegno alla proposta di legge del centrodestra, a cui si oppone il centrosinistra pur con molti distinguo al suo interno, si aggiungono firme di peso del femminismo internazionale, dalla francese Sylviane Agacinski, alle americane Gena Corea e Phyllis Chesler. «Se approverà questa legge – scrive quest’ultima – l’Italia sarà in prima linea negli sforzi per abolire la surrogazione».

La Gpa è permessa in 20 Paesi del mondo su 212, in alcuni casi con limitazioni. Ad esempio in Gran Bretagna e in Canada è consentita solo quella cosiddetta “solidale”, anche se in realtà c’è uno scambio rilevante di denaro tra la coppia committente e la gestante. In una manciata di Stati americani è possibile affittare una madre, ma il conto è salato e quindi riservato solo a chi ha portafogli ragguardevoli: si arriva anche a superare i 100mila dollari. In altri Paesi, come la Georgia, la procedura è più economica. In ogni caso è evidente che esiste sempre una grande differenza di status sociale tra chi paga e chi riceve, con documentati casi di sfruttamento di donne disoccupate, poco istruite e in situazione economiche precarie.

Le diverse coalizioni che hanno espresso il loro sostegno alla proposta di legge italiana sull’utero in affitto come reato universale condividono queste preoccupazioni e vi aggiungono considerazioni etiche sulla predominanza della tecnica nella riproduzione umana. La strada verso l’abolizione universale è lunga e impervia, soprattutto perché gli interessi economici sono enormi. L’attivista inglese Gary Powell, omosessuale, suggerisce un paragone con la vendita di organi tra persone viventi, con l’“aggravante” che chi affitta l’utero non sceglie tra la vita e la morte. Powell considera che se la legge italiana fosse approvata, sarebbe un «rinforzo alle nostre campagne contro il turismo procreativo».


(Avvenire.it, martedì 6 giugno 2023)

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