8 Novembre 2021
Ytali

Glasgow. La marcia delle attiviste del clima e la politica internazionale

di Tiziana Plebani


Potrei iniziare con una frase a effetto tipo: il potere se n’è sempre infischiato dei giovani. C’è del vero, come sappiamo. Eppure questa volta si è aperto un varco.

Se ha ragione Greta Thunberg di non essere soddisfatta dei risultati ancora insufficienti del G20 e soprattutto della COP26 tenutasi a Glasgow, non deve passare inosservato il cambiamento che c’è stato ed è sotto i nostri occhi, se vogliamo prestare la giusta attenzione. I giovani attivisti e attiviste del clima hanno fatto parte degli incontri ufficiali, sono stati al tavolo con i negoziatori, i funzionari e i ministri di ogni parte del mondo.

L’invito non può essere interpretato in mero senso paternalistico. L’urgenza del momento ha reso i giovani degli interlocutori come mai prima era accaduto: le loro istanze e i loro saperi, tutt’altro che espressione di un ingenuo ambientalismo, sono la misura di un confronto serrato e difficile tra la radicalità del benessere del pianeta, di cui sono portatori, e gli interessi di un modello di sviluppo che ha prodotto non solo sfruttamento, inquinamento, innalzamento climatico ma anche ingiustizia sociale ed economica ovunque.

Cosa mi colpisce di questi giovani? Siedono ai tavoli di concertazione con tranquilla sicurezza, sono preparati, organizzati. Noi li vediamo sfilare nelle piazze ma dietro questa visibilità pubblica c’è un grande lavoro e studio preparatorio e un’organizzazione a più livelli con strategie differenti. Fridays For Future ha creato negli anni una piattaforma comune e un luogo di aggregazione e discussione, mentre YOUNGO, l’Official Children’s and Youth Constituency dell’Unfccc (United Nations Framework Convention on Climate Change) ha obiettivi più politici e di rappresentanza: ha ottenuto di partecipare alla COP26 (con un’attivista anche italiana), e agli incontri preparatori, presentando la dichiarazione COY16 Global Youth Position, che riporta le opinioni di oltre 40.000 giovani leader climatici di tutto il mondo.

È una marcia di lungo periodo che questi giovani hanno percorso, non una fiammata a miccia corta, e la loro autorevolezza ha saputo imporsi con costanza e determinazione.

Se guardiamo dunque con attenzione la liturgia degli incontri politici internazionali, noteremo che lo schema è stato permeato da una novità che riguarda proprio l’inclusione, che non riesce a divenire mera assimilazione, di questi corpi, desideri e prospettive giovanili. E il metodo, la forma, la struttura sono stati intaccati e non è affatto poco, anche se per ora i risultati non sono all’altezza. Anche se a me scalda il cuore, come a Stefano Mancuso, l’impegno strappato al G20 di piantare mille miliardi di alberi entro il 2030.

Ma se prestiamo attenzione alle parole di Draghi pronunciate a Glasgow: «Dobbiamo coinvolgere i giovani, ci giudicheranno per le nostre azioni. Dobbiamo ascoltarli, ma soprattutto imparare da loro», salta agli occhi la svolta, appena iniziata ma già così significativa, nel rapporto tra generazioni. La trasmissione dei valori, delle priorità, delle istanze, non appare più a senso unico. I giovani hanno la forza di incarnare il futuro che è stato messo a repentaglio dalle generazioni precedenti, o meglio, dai loro rappresentati politici ma con il consenso silenzioso o meno della maggior parte. Sono un tribunale oltre che una parte che sa parlare per il benessere di tutta l’umanità e il mondo vivente.

E la loro novità accoglie un altro elemento di radicalità: la leadership femminile del movimento. Non si basa su quote, dibattiti parlamentari, leggi o percorsi di parità: l’autorevolezza femminile si basa sull’amore per il mondo e la difesa dei beni della terra e agisce di conseguenza. I nomi che sono apparsi sui media, l’ugandese Vanessa Nakate, la polacca Dominika Lasota, Mitzi Tan delle Filippine, oltre a Greta, sono solo l’avamposto di un movimento esteso, dai tratti femminili, espressione di un empowerment reale che avanza con chiarezza di intenti e pratiche.

Facciamo loro posto e insieme iniziamo a piantare i mille miliardi di alberi.


(Ytali.com, 8 novembre 2021)

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