7 Marzo 2016
istitutodegasperibologna.it

La festa delle donne


Otto marzo, festa delle donne. È un momento di gratitudine e di ammirazione per le donne di oggi e di ieri. Nell’Assemblea costituente della Repubblica italiana, nel 1946, entrarono 21 donne (su 556 membri). La stampa così le descrive: «Bianca Bianchi, socialista, vestiva un abito colore vinaccia e i capelli lucenti che la onorevole porta fluenti e sciolti sulle spalle le conferivano un aspetto d’angelo. Vista sull’alto banco della presidenza dove salì con i più giovani colleghi a costituire l’ufficio provvisorio, ingentiliva l’austerità di quegli scanni. Era con lei (oltre all’Andreotti, al Matteotti e al Cicerone) Teresa Mattei, di venticinque anni e mesi due, la più giovane di tutti nella Camera, vestita in blu a pallini bianchi e con un bianco collarino. Più vistose altre colleghe: le comuniste in genere erano in vesti chiare (una in colore tuorlo d’uovo); la qualunquista Della Penna in color saponetta e complicata pettinatura (un rouleau di capelli biondi attorno alla testa); in tailleur di shantung beige la Cingolani Guidi, che era la sola democristiana in chiaro; in blu e pallini rossi la Montagnana; molto elegante, in nero signorile e con bei guanti traforati la Merlin; un’altra in veste marmorizzata su fondo rosa».

Erano donne ben motivate e determinate nel confronto. Significativa la testimonianza di Maria Federici  in materia di accesso delle donne alla Magistratura.

L’Assemblea plenaria ha già votato l’art. 48 del Progetto di Costituzione, che diventerà l’art. 51 del testo definitivo («tutti i cittadini di ambo i sessi possono accedere alle cariche elettive ed agli uffici pubblici in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge»). Per i Magistrati lo stesso Progetto, all’art. 98 (diventerà il 106 definitivo), aggiunge: «Possono essere nominate anche le donne nei casi previsti dall’ordinamento giudiziario». Il comma viene in discussione nella seduta antimeridiana dell’Assemblea plenaria del 26 novembre 1947.

La parlamentare dc Maria Federici è inquieta, il comma è un “troppo che storpia”: non si vorrà attribuire alla legge ordinaria (l’ordinamento giudiziario) il potere di limitare l’accesso delle donne alle carriere giudiziarie? Propone di conseguenza di sopprimere l’intero comma.

Le parlamentari comuniste Maria Maddalena Rossi e Teresa Mattei propongono invece di mettere la questione in chiaro sottoponendo all’Assemblea questo emendamento sostitutivo: «Le donne hanno diritto di accesso a tutti gli ordini e gradi della Magistratura».

L’onorevole Giovanni Leone, a nome della Commissione proponente il Progetto di Costituzione, è tanto liquidatorio quanto esplicito: invita a non “drammatizzare questo problema”, la Commissione intende semplicemente sostenere che la legge che disciplinerà vita e sviluppo della Magistratura “dovrà tener conto della particolare adattabilità della donna” a quel contesto (insomma, saranno previsti requisiti specifici per le donne, distinti da quelli per gli uomini).

L’emendamento incautamente proposto dalle onorevoli Rossi e Mattei viene sottoposto a scrutinio segreto e respinto, la giornata sembra volgere disastrosamente per le donne.

Nella seduta pomeridiana la Federici ricompone un ragionamento con le colleghe comuniste e insieme a loro presenta un ordine del giorno che definisce già contenute nell’art. 48 sull’accesso di entrambi i sessi agli uffici pubblici in condizioni di eguaglianza, le stesse garanzie di accesso per la donna alla Magistratura. L’ordine del giorno viene approvato, la volontà dei costituenti diventa sul punto esplicita, non ammettendo discriminazioni per la donna in Magistratura. Nelle legislature successive non sarà un percorso lineare ma il solco è stato tracciato.     

Per un approfondimento personale invitiamo il lettore a consultare gli Atti dell’Assemblea costituente, sedute del  26 novembre 1947: clicca e scarica i verbali della Seduta antimeridiana.pdf  e della Seduta pomeridiana.pdf 

(istitutodegasperibologna.it, 7 marzo 2016)

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