17 Maggio 2023
Newsletter Appunti

La formazione di una femminista di provincia

di Anna Menale


Quando Stefano Feltri mi ha proposto di raccontare la mia esperienza da giovane femminista per la sua newsletter, mi è venuta in mente una conversazione di poco tempo fa con una mia amica. Parlavamo, appunto, di come ci fossimo avvicinate al femminismo.

Da donna, ho sempre vissuto quelle esperienze che, purtroppo, tutte possono comprendere (i fischi per strada, l’essere considerata “meno brava”, e così via).

Vivere in provincia ha sicuramente influito, tanto da rendere il femminismo parte integrante delle mie giornate, delle mie riflessioni, e da farmi scegliere di basare il mio lavoro su questo. 

Il motivo è semplice: in provincia, a parer mio, si respira ancora di più la ristrettezza del sistema (certo, anche nelle città è così, il sistema è patriarcale ovunque, ma in provincia ci si muove in spazi piccoli, con una rete di conoscenze limitata, le informazioni girano velocemente, è tutto più asfissiante). Nella mia adolescenza ho avuto modo di riscontrarlo. Senza riuscire a starmene in silenzio.

Cose da donne

Al liceo una ragazza del mio paese inviò delle foto private al suo fidanzato del tempo, e lui le fece girare ovunque. Quasi nessuno pose l’attenzione su di lui, nessuno pensò a quanto fosse grave la sua azione, ma si soffermarono su di lei: per inviargli quelle foto, doveva essere sicuramente una poco di buono. Era sempre un “lei non avrebbe dovuto farlo” e mai un “lui non avrebbe dovuto farle girare”. Il revenge porn è diventato un reato molto tempo dopo, nel 2019, con l’articolo 612 del Codice Penale.

Al quinto anno – quando tutti si sentono in dovere di dirti cosa fare dopo, per il tuo futuro – una volta un conoscente mi consigliò di insegnare alle elementari perché, testuali parole, «quello della maestra è un lavoro per donne, poi puoi prenderti cura facilmente dei figli e stare a casa più tempo».

Gli schemi sono sempre gli stessi. La donna è madre, il suo lavoro è un di più (perché è l’uomo che deve portare i soldi a casa e “mantenere la famiglia”), all’università ci vanno perlopiù i figli maschi. E se una ragazza indossa una minigonna è sicuramente poco seria. Ancora oggi, quando esco per prendere l’autobus, perdo il conto della quantità di uomini di mezza età che mi bussano con l’auto e mi urlano frasi infelici. 

Io mi sono sentita sbagliata, spesso, per il mio essere donna. Mi sono sentita sbagliata per avere le mestruazioni.

Come quando una volta, alle medie, mi vennero in classe e io avevo dei jeans chiari: le prese in giro ricevute in quel momento le ho trascinate con me per anni. E anche quando il mio corpo iniziava a cambiare, non è andata meglio. Per gli altri era strano, e me lo facevano notare in continuazione con commenti sgradevoli e cattivi. Anche per questo credo sia importante l’educazione sessuale nelle scuole. 

Per fortuna, però, nella mia famiglia mi è sempre stato ricordato quanto fosse importante l’emancipazione.

Mia nonna era femminista senza neanche sapere di esserlo. E a lei devo tantissimo. Perché mi ha fatto capire che, a quella realtà, la realtà che vivono tutte le donne, avrei dovuto ribellarmi. 

Il mio percorso da giornalista è iniziato proprio tra i banchi di scuola, con articoli per il giornalino scolastico un po’ sulla letteratura (l’altra mia passione; guardavo con gli occhi pieni di euforia la prof raccontare la letteratura inglese) e un po’ sulla violenza di genere, come quello che scrissi sul trattamento riservato alle vittime di stupro durante i processi. Leggevo tanti libri e la mia autrice preferita era Virginia Woolf (le ho poi dedicato un capitolo della mia tesi di laurea triennale). 

A giugno mi sono iscritta a Twitter: volevo un mio spazio, un posto soltanto mio in cui scrivere di femminismo e poter esprimere le mie idee, confrontarmi con altre donne e raccontare storie.

La mia attività sui social mi stimola ogni giorno perché mi fa capire che abbiamo ancora bisogno di un attivismo forte, che non si limiti a quello dei social, ma che veda i social come strumento di connessione.

Le reazioni di chi ha letto i miei scritti sono state varie: ci sono stati apprezzamenti, confronti costruttivi con altre femministe, donne e ragazze più giovani che mi hanno scritto per raccontarmi di cose che hanno vissuto in prima persona, ma anche commenti negativi.

C’è chi crede che le donne non subiscano alcuna forma di discriminazione. E che il sistema le favorisca, addirittura. Ma di certo non è così. Le vicende che accadono in Italia lo provano.


[…]


(Appunti, newsletter di Stefano Feltri, 17 maggio 2023)

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