di Liliam Altuntas
In Germania, la prostituzione non è mai stata vietata, ma è stata sempre legale: era tuttavia considerata contraria alla morale e dannosa per la comunità. Nel 2000, un tribunale amministrativo ha convenuto con Felicitas Shirow e Stephanie Klee, due proprietari di bordelli, che la prostituzione non poteva più essere considerata contraria alla morale. Di conseguenza, la legge tedesca sulla prostituzione è entrata in vigore nel 2002.
Questa legge conteneva un modello di regolamentazione ed era sostenuta da una lobby dell’industria del sesso, composta principalmente dalle associazioni “Hydra” e “Berufsverband erotische und sexuelle Dienstleistungen”, cioè associazioni professionali di servizi erotici e sessuali, e dall’organizzazione di proprietari di bordelli, l’Associazione professionale per i servizi sessuali. L’attuazione della legge e dei regolamenti che hanno ridefinito lo sfruttamento e la tratta di esseri umani ai fini della prostituzione era riservata alla giurisprudenza, cioè ai singoli casi giudiziari e ai Laender, i diversi stati tedeschi, e lì riservata principalmente ai comuni che avevano i requisiti di legge, che prevedevano che le città dovevano avere più di 50mila abitanti per avere zone destinate alla prostituzione e bordelli. I vari comuni hanno anche deciso che tipo di tasse si dovrebbero riscuotere dalla prostituzione, cioè dai bordelli e dalle persone prostituite.
Lo scopo della legge era quello di rendere la prostituzione più sicura per le donne, per consentire di portare in tribunale gli acquirenti che non pagavano e per garantire l’accesso delle prostituite ai servizi sanitari e sociali. Questi obiettivi non sono stati raggiunti. Solo meno di 100 donne in Germania sono entrate regolarmente nei servizi sanitari e sociali, il numero di omicidi di donne prostituite è molto alto e la Germania è diventata una destinazione del turismo sessuale e il magazzino della compravendita di donne, ragazze e bambini per scopo sessuale, sia quella legale che illegale. C’è stato un enorme aumento delle prostituite: tra 400.000 e un milione, ma non siamo sicuri di quante siano. Quello che sappiamo è che 1,2 milioni di uomini in Germania visitano ogni giorno un bordello.
Lo stato ha riconosciuto che l’intento della legge è fallito. Sfortunatamente, la Germania non ha avuto il coraggio di prendere in considerazione il modello nordico.
Dal 2017 è in vigore una legge aggiuntiva, la “legge sulla protezione delle prostitute”. Il favoreggiamento della prostituzione rimane legale, ma è soggetta a normative più severe. Questi regolamenti riguardano soprattutto le donne prostituite. Come prima, il protettore è perseguibile solo se considerato sfruttatore, cioè se al magnaccia viene lasciato più del 50% dei profitti di una donna nella prostituzione. Per quanto riguarda la prostituzione forzata, non è possibile procedere in accuse o procedimenti penali senza la testimonianza della vittima. Spetta anche alla vittima dimostrare di essere stata costretta o no, il che porta a pochissime condanne (circa 350 all’anno). Questo dimostra quanto sia pericolosa la legalizzazione del favoreggiamento: per le donne è difficilissimo uscire dalla prostituzione e denunciare, principalmente se hanno firmato un contratto di “lavoro” sotto minaccia diretta o indiretta, ad esempio di fare del male a un familiare nel paese di origine.
Noi abolizioniste riteniamo che la situazione della prostituzione in Germania sia molto critica e crediamo che impedisca una reale parità tra uomini e donne. Non può esserci uguaglianza quando un sesso può comprare l’altro. Vediamo che la Germania viene chiamata il “bordello d’Europa” e che la società tedesca viene brutalizzata. Vediamo anche che la Germania, insieme ai Paesi Bassi, occupa una posizione particolare in Europa quando si tratta di prostituzione, poiché le leggi sono altamente liberalizzate.
Sono passati ormai 18 anni che sono fuggita dall’inferno della prostituzione in Germania. Nel 2020 ho conosciuto le mie sorelle abolizioniste durante un webinar e da quel giorno ho iniziato a fare parte della associazione Resistenza Femminista. Noi al momento a causa del covid19 ci ritroviamo con altre associazione abolizioniste sulla piattaforma Zoom e ci scambiamo informazioni, cerchiamo insieme di praticare un lavoro continuo per aiutare le sopravvissute. Abbiamo anche una pagina Facebook e una Instagram per tenerci aggiornate e unire gli sforzi.
La nostra strategia si compone di diversi punti. Innanzitutto, grazie al coinvolgimento e al lavoro di diversi individui e iniziative o associazioni, ci sono state diverse presentazioni sulla prostituzione in collaborazione con diverse associazioni, e siamo invitate da altre per presentare la nostra analisi. Questo è un lavoro difficile e lento, una sorta di rivoluzione dal basso, ma personalmente ho l’impressione che abbia un impatto.
In secondo luogo, la nostra strategia consiste nell’effettuare una revisione critica e informare i media. Purtroppo qui in Italia i media parlano pochissimo di prostituzione e, quando ne parlano, lo fanno quasi sempre in maniera superficiale, senza che si veda e capisca che la prostituzione è dannosa. La stampa tedesca, la televisione e altre forme di media tedeschi presentavano la prostituzione addirittura come qualcosa di favoloso. Questa è un’immagine che le abolizioniste tedesche sono riuscite a sfidare e cambiare, non accettando questo tipo di giornalismo. Hanno mandato e-mail piene di indignazione, hanno pubblicato rapporti contrari alla narrazione dominante e presentato critiche utili. Tutto ciò ha avuto un effetto positivo. Oggi in Germania non si vedono molti articoli o servizi televisivi parziali e quando ci sono vengono criticati, i giornalisti danno sempre più spesso la parola alle donne che hanno lasciato l’industria del sesso. Il modello nordico è menzionato sempre di più. Purtroppo qui in Italia siamo ancora lontani dal raggiungere una presentazione realistica in tutte le forme di comunicazione sociale, ma almeno non ci sono molte notizie o documentari che non mostrino almeno molteplici aspetti della questione. Attraverso i media, è possibile ottenere un cambiamento negli atteggiamenti pubblici.
La terza strategia è l’informazione e l’educazione. Ciò significa che spieghiamo i concetti chiave più e più volte. Chiariamo cos’è il modello nordico e quanto la prostituzione danneggi una donna non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Dobbiamo anche spiegare più e più volte che la regolamentazione non facilita la vita di una prostituita che ne ha danno maggiore e che invece dà forza alla tratta creando una sorta di schiavitù legalizzata. Come abolizioniste, vogliamo che sia applicato il modello nordico, l’unico modo di liberarci e di ricominciare ad educare la gioventù alla verità che la prostituzione non è ciò che si vede in “Pretty Woman”, bensì essere schiava di un sistema pappone.
Da tempo mettiamo gli acquirenti al centro della nostra analisi. A nostro parere, i dibattiti infiniti sul fatto che le donne scelgano o meno di prostituirsi, che facciano una scelta indipendente, non ci portano da nessuna parte perché non è mai nata una bambina che ha detto da grande voglio fare la prostituta e non è giusto che per il mio forte disagio economico e carenza familiare devo essere costretta a fare la prostituta per sopravvivere. Per me non è stata una scelta, il mio sogno era diventare ballerina e pasticciera. Nel mio paese, il Brasile, altri hanno scelto per me la via della tratta e della prostituzione.
Chiediamo: chi sono gli acquirenti? Cosa pensano delle donne prostituite e delle donne in generale? Cosa succede esattamente nelle stanze dei bordelli?
Ammiro le testimonianze delle donne che hanno il coraggio di denunciare e condividere la loro esperienza con noi per dare forza ad altre donne e per fare capire alla gente quanto è dannosa la prostituzione. A chi dice che il corpo è nostro e possiamo pure venderlo rispondo che chi è davvero femminista ama il suo corpo e non lo vende a un uomo che deciderà cosa devo fare col mio corpo. Mi colpiscono sempre i commenti degli acquirenti sui loro forum online, sezioni di discussione sui vari bordelli in cui valutano e classificano le donne in modi incredibilmente degradanti. Questi forum mostrano chiaramente che la prostituzione è violenza sessuale. Che la donna si prostituisca “volontariamente” e si esponga a questa violenza, il danno che subisce è comunque profondo.
Infine, vorrei parlare degli aspetti organizzativi. Credo che il movimento abolizionista debba essere guidato da donne fuoriuscite da prostituzione e pornografia e sopravvissute alla violenza, perché qualsiasi legge venga approvata ci riguarda. Ecco perché ho voluto fare parte di Resistenza Femminista nel 2020. Siamo tutte donne con un passato difficile sia per relazioni con abusanti, violenza pisicologica e sessuale, o come me che sono stata vittima di tratta e prostituzione sia nella infanzia che in età adulta e nella pornografia, e questo ci rende l’unica associazione diretta da sopravvissute in Italia. Abbiamo un sito web. Su questo sito pubblichiamo – come individui o per conto del gruppo – vari testi su tutti gli aspetti della prostituzione. Con testimonianze di sopravvissute, su come siamo entrate, come siamo uscite, cosa ha significato per noi il danno della legalizzazione, perché il modello nordico è importante e altro ancora.
Se la Germania ha preso atto del fallimento della regolamentazione e il danno che ha causato, qui in Italia cosa vorremmo dimostrare? Che siamo in grado di fare di meglio nella regolamentazione? O vogliamo imparare dalla loro esperienza che questo sistema danneggia e distrugge la vita delle donne più vulnerabili e iniziare a capire che il modello nordico è la unica via di liberazione dal patriarcato e rispettosa delle donne? Io voglio vivere sapendo che sono una Donna e non una merce da import ed export.
Sul modello regolamentarista tedesco vedi anche:
(https://www.resistenzafemminista.it/la-germania-ha-riconosciuto-che-la-regolamentazione-della-prostituzione-e-fallita/, 24 luglio 2021)