20 Luglio 2021
Rete 1° dicembre

La lotta delle madri contro la legge sulla “bigenitorialità”

di Maria Esposito


La legge 54 passò molto velocemente, con il sostegno trasversale di donne e uomini di quasi tutti i partiti. Soddisfava il paritarismo che, lo pensano molte donne ancor oggi, vedeva nella condivisione del carico di cura la strada della libertà femminile e della responsabilità maschile. Correva l’anno 2006. Ma la legge 54 l’avevano voluta i padri separati, attrezzati in lobby molto potenti, stufi di riconoscere alle madri il “privilegio” della contribuzione economica paterna al mantenimento e decisi a mettere in discussione la preminenza del legame materno nella crescita dei bambini, così come aveva assicurato il diritto di famiglia dal 1975, senza i disastri generati dalla bigenitorialità. La legge però non ha condiviso la responsabilità: ha tagliato in due i bambini.

Intanto siamo già, a livello internazionale, nel passaggio teoretico dalla differenza sessuale alle teorie queer.

La campagna Pillon sul mantenimento diretto, targata centro-destra, era in realtà solo il perfezionamento della 54. Pillon voleva assicurare la cancellazione di quel margine di valutazione processuale che consentiva ancora l’affido esclusivo, con le conseguenze patrimoniali del caso, per tutte le situazioni in cui vi era una estrema evidenza di inadeguatezza paterna. Non bastava, a Pillon e ai padri, che l’applicazione della legge 54 avesse sempre assicurato ai “comunque padri” ordinanze di verifica e rafforzamento delle capacità genitoriali persino nei contesti di violenza.

D’altra parte la legge impone la bigenitorialità, i giudici applicano le leggi.

Ve lo immaginate un bambino di pochi mesi affidato pariteticamente a due genitori? E ci immaginiamo una madre che cerca di proteggere i bambini nell’esogestazione o da un contesto violento venire accusata di simbiosi o di essere malevola istigatrice di odio paterno? Questo accade nei tribunali. Il ripristino della patria potestà. Le conseguenze sono la macelleria sulle madri e i bambini, allontanati, messi in casa-famiglia o affidati al maltrattante. Intorno, un fiorente mercato di consulenze tecniche e di avvocati. Le madri soccombenti costrette a pagare cifre blu di spese processuali e di difesa. Questo per estrema e semplificata sintesi.

Non c’è modo di mettersi al riparo di queste storture se non chiariamo che la bigenitorialità è un trapianto alieno in un corpo sociale misogino nato con la volontà di cancellare il legame materno. Non si può omologare la responsabilità paterna al legame materno, neanche sapendo che molti padri sono perfettamente adeguati.

Il legame materno, chiariamo, non è né la mistica della maternità – ahimè già messa con le spalle al muro dalla totale assenza di sostegno e dalla decostruzione del suo valore simbolico – né l’esercizio di una rendita di posizione. Il legame materno è la necessità psicofisica del bambino, cosa che credevamo assodata oramai dai tempi in cui la psicologia faceva il suo mestiere. Il legame materno è però anche la misura e il modello di tutti i legami di dipendenza dell’umano, la chiave per crescere e vivere nella consapevolezza della fragilità e della interdipendenza. Il che pone qualche problema di compatibilità con l’etica del presente, una ottima ragione per farne piazza pulita materiale e simbolica.

Non c’è modo di sostenere le donne se non partendo da qui e mettendo pure i nostri corpi in gioco. Ecco perché siamo nei presidi presso le prefetture con le madri, perché il corpo fuori da queste pure importanti ma immateriali connessioni suscita ancora una presa di realtà. È il mio essere prestata all’attivismo senza molta storia che mi ha permesso di starci. Ho potuto mettere da parte le infrastrutture che mi impedivano di guardare la loro soggettività imprevista e autentica. Sono loro che mi hanno spiegato che la bigenitorialità è una chimera, i loro racconti di bambini tornati con le scarpe spaiate e gestiti da nonni anziani quando non con le madri, i loro racconti di abusanti, della quasi impossibilità di dimostrarne la colpevolezza, diventati affidatari di bambini.

È un percorso di dolorosa consapevolezza e anche di bilancio di visioni che alla lunga hanno dimostrato il limite. Volete che una donna con quattro figli in casa-famiglia vada a preoccuparsi della omologazione normativa europea? Piuttosto connettiamoci alle madri in Europa e facciamo fronte comune!

La lotta delle madri è intimamente connessa a ciò che questa rete ha posto in essere fin qui.

La battaglia contro la 54 è una battaglia di civiltà e autorità femminile.


(Rete 1° dicembre, 20 luglio 2021)

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