3 Luglio 2020
La Hora Digital

La teoria “queer” o come deviare il femminismo dal suo cammino

di Altamira Gonzalo


Questo testo, segnalato e tradotto da Veronica Tamborini, riguarda la Spagna ma fa chiarezza su un argomento che ci interessa, le critiche al ddl sulla omo e transfobia (Ndr)


In questi giorni stiamo assistendo a un intenso dibattito tra femministe – e in alcuni casi anche non femministe – motivato dall’emergere della teoria queer, che si è manifestata negli articoli di diversi progetti di legge promossi dal Unidas Podemos, come la Legge per la protezione dei minori, la Legge sulla libertà sessuale e altre leggi che dovranno essere dibattute nel corso di questa legislatura come la Legge sulla parità di trattamento, la Legge LGTBI, la Legge trans e persino la Legge sui delitti d’odio.

Il dibattito è suscitato dal testo di alcuni articoli delle leggi sopra citate che sono già arrivate al Parlamento, in cui praticamente scompare il riferimento al sesso biologico come questione determinante per definire il posto che occupano le persone, donne o uomini, nel mondo, ed è sostituito da genere, identità di genere o identità sessuale delle persone.

Questa sfumatura tocca il nucleo stesso del femminismo e sta suscitando un arricchente dibattito al suo interno; sta inoltre motivando il posizionamento politico al riguardo da parte di associazioni, organizzazioni femministe e di qualche partito politico, come il PSOE.

Questa discussione del movimento femminista con il movimento queer, che è il sostenitore di queste tesi, si svolgeva da qualche tempo all’interno dell’accademia, ma la discussione di alcune delle leggi indicate ha portato il dibattito dalle università alle associazioni. Si è creato un dibattito molto interessante e, come dico, arricchente, anche se devo dire che da molto tempo non sentivamo così tanta ostilità e tanta durezza e persino insulti da parte di alcune persone trans – non dell’intero movimento trans, voglio che sia chiaro.

Cancellare il sesso biologico dalle leggi ha gravi conseguenze legali. Sostituire il soggetto politico della lotta femminista, che sono le donne, con il genere, è andare contro i postulati femministi. Per il femminismo, il genere è il compendio di obblighi che il potere patriarcale impone alle donne, obblighi che diventano diritti o privilegi degli uomini. Ecco perché il fine della lotta femminista, almeno della mia lotta da quando ho preso coscienza della discriminazione che ho subito per il solo fatto di essere una donna, è farla finita con il genere, che è sinonimo di porre fine al patriarcato.

Perciò io non sostengo l’identità di genere, come fa la teoria queer, perché sarebbe come riconfermare la causa dell’oppressione delle donne nel mondo, che è il patriarcato. Né metto l’identità sessuale al centro della lotta femminista, perché il femminismo è molto di più: è una lotta contro l’oppressione sessuale, sì, ma anche e forse soprattutto, è una lotta contro l’oppressione economica, sociale e politica. È la lotta per la piena realizzazione del potenziale delle donne, individualmente e come processo politico. Questo è femminismo, almeno per me.

Le esigenze del movimento femminista sono sempre state dirette alla scomparsa del genere come costruzione sociale del dominio degli uomini sulle donne, di un sesso sull’altro. Le suffragette hanno combattuto per il diritto di voto alle donne, perché mentre tutti gli uomini adulti potevano votare, la stragrande maggioranza delle donne no; la facoltà di votare era un ruolo solo del genere maschile. Quando il movimento femminista ha combattuto per il diritto all’uguaglianza all’interno del matrimonio, stava combattendo contro i privilegi degli uomini sposati sulle donne sposate. Quando lottiamo per il diritto all’aborto, lottiamo per controllare e decidere noi sulla nostra maternità. Quando combattiamo per la parità di retribuzione o contro qualsiasi divario di genere, combattiamo proprio contro tutte e ciascuna delle manifestazioni di genere assegnate dal patriarcato. La nostra lotta di tre secoli ci ha dimostrato che il genere non è inevitabile; che il genere è un’invenzione patriarcale per sottomettere le donne e che la nostra mobilitazione e lotta ha ottenuto il riconoscimento di molte richieste, la conquista di molti diritti, al punto che in tutti questi anni le disuguaglianze tra donne e uomini si sono ridotte in molti ambiti della vita. La situazione sociale, economica e politica delle donne in Spagna ora non ha nulla a che vedere con quella esistente nel 1978, il cambiamento è stato radicale, sebbene sia stato soprattutto formale, e il modo per raggiungerlo è stata la lotta femminista, a cui si sono uniti alcuni uomini democratici.

Non c’è causa più giusta di questa lotta femminista, perché aspira a rendere uguali, nel senso di avere le stesse reali possibilità e gli stessi diritti, tutte le persone, che siano donne o uomini.

Il femminismo, un movimento politico che guida e orienta la lotta femminista, ha una rotta precisa, volta a raggiungere tale uguaglianza vera. Perché siamo ancora a metà strada nei paesi più sviluppati. Abbiamo un’agenda pronta e abbiamo bisogno di tempo per completarla. La violenza di genere intesa in senso ampio, i divari salariali, i soffitti di vetro, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali, gli stupri come arma di guerra, la povertà di donne e bambine e bambini. Abbiamo molto da fare; abbiamo bisogno di continuare con il nostro movimento di emancipazione, perché c’è ancora molto da ottenere.

Quando la disuguaglianza, quando tutte queste e molte altre discriminazioni che tutte le donne subiscono per il solo fatto di essere donne spariranno, solo allora potremo dire che donne e uomini sono effettivamente uguali. E in quel momento per me farà lo stesso se ci si nomina donna o uomo, o che sparisca il binarismo, perché tutti e tutte, in quel momento ideale, avranno pari diritti e opportunità.

È in questo momento sociale, di progressi e retrocessioni nella lotta femminista, che alcune posizioni della teoria queer prima silenziosamente e poi apertamente attaccano le donne e, quindi, il femminismo, poiché sostenendo il genere rafforzano il patriarcato, in quanto il patriarcato è il creatore e il beneficiario del genere, dando così un grave colpo al femminismo.

La teoria queer rivendica il genere e questo favorisce gli interessi del patriarcato. Se comprendiamo questo, avremo chiara la nostra collocazione rispetto ad alcuni contenuti delle leggi la cui discussione si avvicina. Le allusioni al genere fluido e al genere o al sesso percepito sostenuti da alcuni postulati della teoria queer e che sono inseriti in qualche articolo di tali leggi, possono portare ad alcuni automatismi contrari agli interessi delle donne. Non è ammissibile ammettere il genere o il sesso percepito e consentire il passaggio da un genere all’altro solo sulla base del desiderio.

Il movimento femminista è sempre stato alleato delle persone transessuali. Il movimento femminista è solidale con ogni movimento che combatte contro l’oppressione, ma non si confonde con loro. Il movimento femminista è uno e ha un fine: la liberazione delle donne dall’oppressione patriarcale o, se si preferisce, la fine del patriarcato.

L’argomentazione formulata dal PSOE, che si posiziona chiaramente contro teorie che negano la realtà delle donne, è del tutto corretta ed è opportuna la sua attuazione, poiché mette i puntini sulle i in questo dibattito e soprattutto richiama l’attenzione sulle conseguenze giuridiche dell’accetare questi postulati della teoria (o meglio religione, come la chiamano alcune compagne femministe) queer.

Il PSOE non ha mai lasciato indietro le persone transessuali. Non capisco la battaglia sollevata contro il PSOE da alcuni gruppi di transessuali; non è giusta, non hanno ragione. Una buona prova di ciò è stata la proposta fatta da questo partito e l’approvazione in Parlamento della Legge 3/2007, del 15 marzo, sulla rettifica del sesso sul registro anagrafico, che in quel momento era la più avanzata di tutti i paesi circostanti, come la “legge integrale” era stata la più avanzata nella lotta contro la violenza maschilista. E una buona prova è anche l’impegno a portare avanti la riforma di questa legge, come indicato nella proposta di legge per la riforma della legge 3/2007, al fine di consentire la rettifica del sesso per i minori.

Quindi le critiche che sono state fatte da alcuni gruppi transessuali sono ingiustificate. Una questione diversa sono i requisiti che devono essere richiesti per passare da un sesso all’altro. Non mi riferisco ai requisiti chirurgici, che erano già stati aboliti dalla legge del 2007, né ai requisiti farmacologici e medici, che scompaiono anch’essi. Mi riferisco alla necessità di stabilire requisiti di stabilità o durabilità debitamente accreditati per periodi non brevi, direi periodi di cinque anni, che devono essere richiesti per motivi di certezza del diritto, per passare da un sesso all’altro con tutte le conseguenze giuridiche. Allo stesso modo, i requisiti sul tempo di permanenza per il ritorno al sesso precedente devono essere stabiliti in detta legge.

Il mio diritto di cambiare sesso non può essere assoluto, perché non è un diritto. Il mio diritto arriva fino a dove danneggi i diritti di una o più altre persone. E a me, come donna, danneggia il fatto che in un dato momento, se non ci sono requisiti diversi dalla semplice dichiarazione di volontà, nella mia Comunità Autonoma diventino donne, supponiamo, 10.000 uomini. Tutte le statistiche disaggregate per sesso, che sono quelle che misurano la discriminazione che ancora subiscono le donne, mancherebbero di credibilità, perché il numero di donne sarà quello che certe persone vogliono che sia. E questo non è ammissibile in uno Stato di Diritto. Non è serio. Non saremo in grado di sapere se c’è parità o no, se ci sono soffitti di vetro o no, se le donne chiedono più aspettative rispetto agli uomini, le quote riservate alle donne nella politica cesseranno di avere interesse quando non abbiamo ancora raggiunto il nostro giusto 50%.

Il neoliberismo è alla base di alcune di queste tesi che rivendicano il diritto di ogni persona di fare ciò che vuole in qualsiasi momento, e che per cercare di chiuderci la bocca lo ammantano dell’etichetta di “diritti umani”. È dietro alla permissività verso il business del sesso al prezzo dello sfruttamento sessuale di molte donne, è dietro il business degli uteri in affitto, ed è anche dietro il cambio di sesso in base al solo desiderio. Il neoliberismo dà la mano al neo-patriarcato per continuare a dominare le donne.

Noi femministe dovremo stare molto attente ai dibattiti sulle leggi che avranno luogo nei prossimi mesi, perché la nostra lotta, il nostro interesse è di decostruire il genere, farlo scomparire, e con esso, che il patriarcato scompaia.


(Vedi l’articolo in lingua originale pubblicato su La Hora Digital, 21 giugno 2020: https://lahoradigital.com/noticia/28343/sanidad/la-teoria-queer-o-como-desviar-al-feminismo-de-su-ruta.html )


Altamira Gonzalo è una avvocata femminista spagnola specializzata in diritto di famiglia e comunitario. Dal giugno 2019 è vicepresidente dell’Associazione delle donne giuriste Themis, un’organizzazione che ha presieduto dal 2006 al 2010. Presiede il PSOE’s Equality Advisory Council for equality policies sin dalla sua creazione nel 2017.

Print Friendly, PDF & Email