24 Maggio 2022
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L’antimilitarismo di Euripide

a cura di Lorenza Marchese


Il saggio di Lorenza Marchese ci parla dell’avversione femminile nei confronti della guerra attraverso alcune celeberrime personagge della tragedia greca. Ringraziamo Lorenza per aver raccolto lo stimolo che abbiamo voluto offrire con la pubblicazione di “C’è una terza via” e aderito all’invito della redazione a portare il proprio contributo al tema delle donne e la guerra (ndr Eredibibliotecadonne.it).


Nella primavera del 415 a.C. in piena guerra del Peloponneso, il teatro di Dioniso sulle pendici dell’Acropoli è stipato di spettatori accorsi per assistere alle rappresentazioni di commedie e tragedie che si svolgevano ad Atene nell’ambito delle Grandi Dionisie, solenni feste ateniesi. Le rappresentazioni erano di tipo competitivo. Euripide, presenta “Le Troiane” ma non vince, arriva al secondo posto. Non c’è da stupirsi perché il grande tragediografo presenta una tragedia in cui prevale l’antimilitarismo. “Le Troiane” è un’accorata denuncia degli orrori della guerra.

Euripide seduto su uno scanno. Altorilievo in marmo, II sec. d.C. Museo del Louvre. Incisi sulla stele i titoli delle sue tragedie.

Euripide nasce a Salamina nel 485 a.C. Negli anni della sua maturità artistica vive con angoscia le alterne fasi della devastante Guerra del Peloponneso senza vivere abbastanza per vederne la conclusione. È un uomo del V secolo, cresciuto in una società patriarcale, ma ha la sensibilità e il coraggio di far parlare le donne, le donne dei vinti destinate a una vita indegna come schiave o concubine degli uomini che avevano ucciso i loro figli, i mariti, i fratelli. Il tragediografo ateniese condivide il loro tormento e parla con la loro voce.

Le donne Troiane hanno perso tutto ma non la dignità e la loro vita continua nel ricordo dell’eroismo e del coraggio dei loro uomini. In questa tragedia i Greci, i vincitori che non avevano avuto rispetto nemmeno dei sacri altari, escono totalmente annientati sul piano etico e umano. Per i quindicimila spettatori, tanto poteva contenere il teatro a quel tempo, questa tragedia è come un pugno nello stomaco. Infatti soltanto alcuni mesi prima Atene aveva intimato all’isola di Melo di aderire alla lega Delio-Attica. I cittadini di Melo, pur dichiarandosi neutrali nella contesa con Sparta, si ribellano a questa costrizione e scelgono la libertà. Al rifiuto gli Ateniesi reagiscono con la violenza e come riporta Tucidide nel V libro della sua Guerra del Peloponneso «passarono per le armi tutti i Meli adulti che caddero in loro potere e misero in vendita come schiavi i piccoli e le donne». Non solo, nel 415 a.C. Atene è ormai lanciata verso la spedizione militare in Sicilia contro Siracusa. Un’altra guerra si profilava all’orizzonte, altre morti e distruzioni. “Le Troiane” avrebbe potuto essere un avvertimento che Euripide rivolgeva agli ateniesi a non intraprendere di nuovo iniziative belliche devastanti.

Per Euripide le donne di Melo sono Ecuba, Cassandra, Andromaca, le protagoniste coraggiose e dignitose della tragedia.

Ormai Troia, espugnata con l’inganno, è in fiamme e le donne aspettano di conoscere il loro destino. Ecuba, la regina, donna forte e carismatica, è il sostegno della figlia Cassandra e della amata nuora Andromaca. Si comporta come regina, affronta in un serrato testa a testa Elena, che ritiene responsabile della rovina della città e incita Menelao a ucciderla: «Ti lodo Menelao se ucciderai la tua sposa. Ma evita di rivederla, che ella non ti prenda col desiderio. Cattura infatti gli sguardi degli uomini, distrugge le città, incendia le case. Tali incantesimi ella possiede. Io la conosco, anche tu e quanti hanno sofferto». Ecuba viene destinata come schiava a Ulisse che lei odia e disprezza: «Ahimè, ad un uomo abominevole, infido ho avuto in sorte di essere schiava, avverso alla giustizia, mostro che viola la legge».

E infatti, come poteva Ecuba non odiare Ulisse, che le aveva strappato la giovane figlia Polissena per portarla alla morte, destinata ad essere sgozzata sulla tomba di Achille? Euripide nove anni prima, nel 424 a.C., aveva presentato “Ecuba”, tragedia che esalta il coraggio di una madre che vendica a mani nude la morte del figlio più piccolo Polidoro, ucciso a tradimento dal re tracio Polimestore, e che cerca disperatamente di difendere la figlia. Polissena, un’altra vittima innocente, preferisce morire piuttosto che vivere da schiava, porge il collo agli Achei che assistono annichiliti alla sua morte. Prima di morire così la fanciulla si rivolge agli Achei: «Argivi che avete distrutto la mia Città, sono io che ho deciso di morire. Offrirò io la mia gola senza paura. In nome di dio, affinché io muoia libera, uccidetemi lasciando libero il mio corpo: sarebbe vergogna per me che sono di stirpe regale, ricevere tra i morti il nome di schiava».

Sacrificio degli innocenti. Polissena è sgozzata da Neottolemo. Anfora tirrenica, Pittore Thimiades, 570-550 a.C. British Museum-Londra.

Ma torniamo a “Le Troiane”. Cassandra, la sacerdotessa e profetessa che era stata violentata da Aiace Oileo davanti all’altare di Athena, viene scelta da Agamennone come concubina. Cassandra è forte come la madre, non si assoggetta, medita vendetta: «Ucciderò l’illustre sovrano degli Achei e devasterò la sua casa vendicando i fratelli e il padre mio». Cassandra esalta il coraggio dei Troiani che avevano combattuto per una causa giusta e dice: «Deve evitare la guerra chi è assennato. Ma se uno giungesse a tanto corona non turpe per la città è il morire degnamente e indegnamente morire è invece infamante».

Lo stupro delle donne dei vinti. Cassandra si aggrappa disperatamente alla statua di Athena per sfuggire alla violenza di Aiace Olileo. Tondo di Kylix attica, pittore di Krodos, 440-430 a.C. Museo del Louvre.

Andromaca, la amata moglie di Ettore, viene destinata a Neottolemo, il figlio di chi le aveva ucciso il marito. Le viene strappato dalle braccia il piccolo Astianatte che sarà scaraventato dall’alto delle mura di Troia. La stirpe dei Priamidi doveva essere annientata.

La violenza verso gli innocenti. Neottolemo, il figlio di Achille, afferra per i capelli il piccolo Astianatte e lo getta dalle mura. Anfora attica, Pittore di Alkimaco, 460 a.C. Museo Archeologico di Spagna.

Andromaca non può far nulla. Se si fosse opposta il corpo del figlio non avrebbe avuto sepoltura, unica concessione degli Achei verso un bimbo di cui avevano paura. Tocca a Ecuba vedere il corpo sfracellato del nipotino che le viene portato sullo scudo con cui il padre aveva combattuto. Lo strazio di Ecuba è duplice. Rivede infatti lo scudo del figlio tanto amato a cui così si rivolge: «O tu che il braccio bello di Ettore proteggevi, tu hai perduto il tuo custode migliore. Come dolce nella tua impugnatura resta l’impronta e nei bordi ben torniti dello scudo il sudore che Ettore spesso dalla fronte stillava nelle fatiche, quando ti avvicinava al suo mento».

Quando un figlio è pronto per la battaglia. Ettore armato di tutto punto ha già imbracciato il suo scudo e saluta i genitori. Madre e figlio si guardano intensamente. Il padre Priamo è commosso. Anfora attica, Pittore di Ettore, 450-440 a.C. Museo Gregoriano Etrusco – Roma.

La spedizione militare ateniese in Sicilia termina tragicamente nel 413 a.C.. Atene sconfitta è annientata e sconvolta. Nel 412 a.C. Euripide presenta la sua tragi-commedia “Elena”. Non si conosce il responso della giuria verso un’opera che stravolgeva completamente il mito che era all’origine del racconto omerico della guerra di Troia. La Elena in carne e ossa di cui parla Euripide non era a Troia ma in Egitto. Paride era stato ingannato da Era, la moglie di Zeus, e aveva portato a Troia una nuvola evanescente, un eidolon, che svanisce quando Menelao giunge in Egitto durante il suo avventuroso viaggio di ritorno in patria. Menelao, stupefatto, ritrova la moglie che lo aveva aspettato fedele per tanti anni. 

Ma allora, secondo Euripide, per chi e perché tanti uomini avevano combattuto? Per chi e perché tanti uomini avevano perso la vita? È lui che dà la risposta: «È pazzo chi cerca la gloria a suon di lancia nelle battaglie, è un rozzo modo di porre fine ai problemi dell’umanità. Se le decisioni vengono affidate alla lotta di sangue, la violenza non abbandonerà mai le città degli uomini. Grazie ad essa alla fine hanno ottenuto solo un posto sotto la terra troiana: eppure si poteva risolvere con le parole la contesa sorta per te, Elena».


(https://eredibibliotecadonne.wordpress.com, 24 maggio 2022)

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