di Andrea Gessner, editore di Nottetempo
Purtroppo la mattina del 6 agosto è mancata Laura Lepetit, fondatrice della casa editrice La Tartaruga, che con noi ha pubblicato nel 2016 il bellissimo memoir Autobiografia di una femminista distratta.
Ripercorrerne la vita è ripercorrere una grande avventura culturale ed editoriale degli ultimi 60 anni: aveva iniziato insegnando, proseguito diventando la proprietaria insieme ad Annamaria Gandini e Vanna Vettori negli anni ’60 della mitica libreria milanese Milano Libri, centro della vita culturale della nostra città per tanto tempo. Nel 1965 insieme sempre ad Annamaria e al suo geniale marito Giovanni Gandini aveva creato la rivista Linus, che ha affermato il valore dei fumetti in Italia.
Aveva poi fatto parte del gruppo di Rivolta Femminile insieme a Carla Lonzi e altre compagne, per distaccarsene nel 1975 quando fondò La Tartaruga, importantissima casa editrice che ha colmato un’enorme lacuna nel panorama letterario italiano, pubblicando libri di Virginia Woolf, Doris Lessing, Margaret Atwood, Silvana La Spina, Francesca Duranti, Ivy Compton-Burnett, Nadine Gordimer, e tantissime altre: nel suo catalogo era arrivata a contare ben 4 premi Nobel, se non sbaglio tutte da lei pubblicate prima di vincerlo, e tutte autrici che oggi fanno la fortuna dei cataloghi delle maggiori case editrici italiane.
La Tartaruga nel suo nucleo essenziale era formata da lei e da Rosaria Guacci, e non potrò mai dimenticare una bellissima e divertente presentazione che organizzammo nel 2016 alla Libreria delle donne di Milano, come sempre animata da una discussione senza peli sulla lingua.
Non mi ricordo quando l’ho conosciuta: mi sembra di averla sempre conosciuta, e mi sembra ancora di vederla sfrecciare in sella alla sua bicicletta per andare al lavoro, per recarsi alle presentazioni, per fare la spesa, per andare ovunque dovesse.
Laura era una donna coraggiosa, molto generosa, spiritosissima, libera da pregiudizi. Avevo l’impressione che non avesse paura di nulla e di nessuno, sapeva chi era e quanto valeva e non aveva alcun timore di esprimere le sue idee. Era un’esponente della migliore borghesia milanese, attenta al valore in ogni sua forma, lontanissima dal narcisismo, grande e appassionata lavoratrice.
Lepetit era il cognome che aveva preso da suo marito e che non lasciò neppure dopo la separazione: solo negli ultimi anni le sentivo dire che si chiamava Laura Maltini, il suo nome da ragazza.
In quest’ultimo periodo l’editoria italiana ha perso dei maestri e Laura era sicuramente una maestra: non posso dire quanti bei ricordi mi ha lasciato, che bei racconti, da Lindner ai suoi amatissimi gatti, alla sua scarsa vena di cuoca, un aspetto su cui stava lavorando con la solita passione negli ultimi anni.
A proposito dei gatti mi ricordo quando lavorammo alla copertina del suo libro e lei disse a Ginevra e a me che avrebbe voluto almeno un gatto e dei libri, e il risultato le piacque moltissimo.
Mi mancherai Laura, ti porto dentro di me, spero che porterai il tuo spirito libero e indomito dovunque tu sia.
(Facebook, 6 agosto 2021)